Pizzaballa e Teofilo III a Gaza fra i cristiani colpiti dall’attacco israeliano
Il patriarca latino e quello greco-ortodosso di Gerusalemme, con un gesto ecumenico forte, hanno visitato insieme la parrocchia della Sacra Famiglia e consegnato oltre 500 tonnellate di aiuti. La vicinanza di Leone XIV che, rispondendo a una telefonata di Netanyahu, ha rinnovato la richiesta per la fine “di questa strage”. Un rapporto della Bbc documenta le proporzioni della distruzione sistematica di intere aree della Striscia realizzata da Israele con le ruspe dal marzo scorso.
Gerusalemme (AsiaNews) - Il patriarca latino di Gerusalemme card. Pierbattista Pizzaballa, accompagnato dal primate greco-ortodosso Teofilo III, è entrato oggi dopo oltre un anno a Gaza per portare un messaggio di vicinanza e solidarietà ai cristiani della parrocchia della Sacra Famiglia. Ieri la Chiesa cattolica della Striscia è stata oggetto di un durissimo attacco dell’esercito israeliano, che ha causato la morte di tre persone, provocato gravi danni all’edificio e il ferimento di diversi ospiti del compound, fra i quali lo stesso parroco p. Gabriel Romanelli. I due patriarchi erano parte di una delegazione ecclesiastica che ha voluto manifestare “la comune sollecitudine pastorale delle Chiese di Terra Santa e la loro preoccupazione per la comunità di Gaza” come spiega una nota del patriarcato latino (Lpj).
Del resto i cristiani della Striscia sono ormai sempre più legati da un “ecumenismo del sangue”, che unisce nelle sofferenze e rafforza i legami di solidarietà fra confessioni diverse. La delegazione guidata dal porporato, che ha raggiunto come da programma la parrocchia della Sacra Famiglia, ha voluto incontrare i membri della comunità cristiana locale, offrire cordoglio e solidarietà alle vittime e familiari, portare aiuti a fronte di bisogni enormi. Durante il tragitto il card. Pizzaballa ha anche ricevuto la telefonata di papa Leone XIV, che ha rilanciato l’invito alla tregua perché “è ora di finire con questa strage”. Il pontefice ha anche espresso “la sua vicinanza, il suo affetto, la sua preghiera, il suo supporto e anche la sua intenzione di fare tutto il possibile perché si arrivi non solo al cessate il fuoco, ma alla fine di questa tragedia”.
Sempre in mattinata papa Leone ha ricevuto una telefonata dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, al quale ha rinnovato l’appello perché “venga ridato slancio all’azione negoziale e si raggiunga un cessate il fuoco e la fine della guerra” come riferisce una nota della Sala Stampa vaticana. Il pontefice ha quindi “espresso nuovamente la sua preoccupazione per la drammatica situazione umanitaria della popolazione a Gaza, il cui prezzo straziante è pagato in modo particolare da bambini, anziani e persone malate” e “ribadito l’urgenza di proteggere i luoghi di culto e soprattutto i fedeli e tutte le persone in Palestina ed Israele“.
Tornando alla visita del card. Pizzaballa a Gaza, il porporato ha voluto valutare “personalmente i bisogni umanitari e pastorali della comunità, per aiutare a guidare la presenza e la risposta continua della Chiesa”. Già in queste ore, grazie all’iniziativa del patriarcato stesso con i partner umanitari, è prevista la consegna di circa 500 tonnellate in generi di “assistenza esistenziale” a beneficio non solo dei cristiani, ma del “maggior numero possibile di famiglie”. “Si tratta di centinaia di tonnellate di scorte alimentari, kit di pronto soccorso e attrezzature mediche”, cui si aggiunge “l’evacuazione di persone ferite nell’attacco verso istituzioni mediche” esterne alla Striscia. La nota patriarcale si conclude col ringraziamento al papa che ieri ha chiamato il card. Pizzaballa e al patriarca Teofilo III anch’egli a Gaza “per offrire sostegno, vicinanza e preghiere”.
L’attacco di ieri alla parrocchia latina, con il suo carico di morte e distruzione, ha riacceso i riflettori sulla strage che si consuma quotidianamente nella Striscia e che, spesso, passa sotto silenzio e nell’indifferenza della comunità internazionale. Dal presidente Usa Donald Trump ai governi europei, in molti hanno chiamato Netanyahu per chiedere spiegazioni sull’attacco a un luogo di culto, ospitalità e cura [le suore di Madre Teresa si occupano di una cinquantina di disabili]. Una realtà che sin dai primi giorni della guerra a Gaza è impegnata nell’aiuto e nella solidarietà, superando le appartenenze confessionali o religiose: del resto la parrocchia ospita anche ortodossi e ha aiutato in questi anni pure famiglie musulmane.
Un “ecumenismo del sangue” come è stato ribattezzato, che è emerso ieri pomeriggio in occasione delle esequie di due delle tre vittime cristiane dell’attacco israeliano, che si sono celebrate nella chiesa greco-ortodossa di san Porfirio, essa stessa in passato obiettivo di attacchi sanguinosi dell’esercito dello Stato ebraico. Sempre ieri pomeriggio si è celebrata una messa di suffragio anche nella parrocchia della Sacra Famiglia, concelebrata dal parrocco p. Romanelli che ha voluto essere presente nonostante le ferite alla gamba riportate nell’attacco.
Fra le voci cristiane che si sono levate in queste ore vi è anche quella dei Patriarchi e Capi delle Chiese di Gerusalemme che, in una nota congiunta, esprimono “profonda solidarietà” al patriarcato latino e a quanti erano ospiti della parrocchia oggetto di un “atroce attacco” israeliano. Oltre a denunciare il “crimine”, i leader cristiani ricordano che “i luoghi di culto sono spazi sacri che devono essere protetti. Sono inoltre protetti dal diritto internazionale. Prendere di mira una chiesa che ospita circa 600 rifugiati, tra cui bambini con bisogni speciali, è una violazione di queste leggi. È anche un affronto alla dignità umana, un calpestare la sacralità della vita umana e la profanazione di un luogo sacro”. In chiusura, vi è un nuovo richiamo alla comunità internazionale perché “si adoperi per un cessate il fuoco immediato a Gaza che ponga fine a questa guerra” e per “garantire la protezione di tutti i siti religiosi e umanitari e di provvedere al sollievo delle masse affamate in tutta la Striscia di Gaza”.
Intanto si fanno sempre più devastanti le conseguenze della guerra lanciata da Israele ad Hamas nella Striscia, in risposta all’attacco terroristico del 7 ottobre 2023. Dall’inizio del conflitto oltre il 70% delle strutture di Gaza sono state rase al suolo, pari a circa 160mila edifici - soprattutto case - con l’obiettivo di impedire il ritorno dei civili nelle loro abitazioni. Non solo raid aerei e attacchi di terra con carri armati, perché alle devastazioni hanno contribuito anche contractor privati che operano a colpi di ruspe ricevendo fino a 1500 dollari per ogni palazzo demolito. Un rapporto pubblicato oggi dalla Bbc punta il dito contro Israele che ha demolito migliaia di edifici in tutta Gaza da quando si è ritirato da un cessate il fuoco con Hamas a marzo, con intere città e sobborghi - una volta sede di decine di migliaia di persone - rase al suolo nelle ultime settimane. Le immagini satellitari mostrano enormi quantità di distruzione in diverse aree, che il comando militare israeliano afferma di avere sotto “controllo operativo”.
(Foto del Patriarcato latino di Gerusalemme)
12/02/2024 10:14
27/12/2018 08:57