23/12/2013, 00.00
RUSSIA
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Pussy Riot: L'amnistia è solo propaganda del Cremlino

di Nina Achmatova
Appena uscita di prigione, Maria Aliokhina attacca il provvedimento di clemenza voluto da Putin. Anche la grazia a Khodorkovsky, per gli analisti, non è certo un "atto umanitario". Il Cremlino mira a distogliere l'attenzione dai diritti umani in Russia alla vigilia di Sochi e ribadisce che è lui l'arbitro del sistema.

Mosca (AsiaNews) - Vladimir Putin "sta invecchiando". E' il commento ironico su Twitter del suo ex consigliere politico e ideologo, Vladislav Surkov, sulle ultime notizie che hanno visto il presidente russo concedere inaspettatamente la grazia al'ex oligarca Mikhail Khodorkovsky e rimettere in libertà (anche se con soli tre mesi di anticipo rispetto alla naturale scadenza della pena) le Pussy Riot. Se si aggiunge che quest'anno anche l'oppositore Alexei Navalny, condannato a cinque anni con la condizionale per frode e appropriazione indebita, ha evitato la galera, Putin potrebbe all'apparenza sembrare aver preso davvero un nuovo corso, fatto di aperture a lui inusuali.

A smentire che il provvedimento di clemenza sia un reale "atto umanitario", è stata una delle due Pussy Riot, Maria Aliokhina. Appena liberata, proprio grazie all'amnistia, ha definito l'iniziativa del presidente come una "operazione pubblicitaria". "Se avessi potuto non utilizzare questa misericordia, l'avrei rifiutata", ha detto alla tv indipendente Dozhd. Anche gli analisti in Russia non si sono entusiasmati e in pochi hanno manifestato toni di cauto ottimismo.

Secondo Brian Whitmore, autore del seguito blog 'Verticale del potere' su Radio Free Europe, ci sarebbero molte ragioni per cui Putin ha deciso di graziare Khodorkovsky e contemporaneamente scarcerare le Pussy Riot: "La  prima è quella di distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale dalla situazione dei diritti umani in Russia, alla vigilia delle Olimpiadi di Sochi", evento su cui ha investito personalmente a livello di immagine e su cui si allunga già l'ombra del boicottaggio internazionale, per via della legge contro la "propaganda gay".

Altra possibilità è che il Cremlino "stia tentando ulteriormente di dividere l'opposizione". L'analista Evgheny Minchenko, sul quotidiano Kommersant, ha spiegato che anche se l'ex patron della Yukos ha dichiarato di rinunciare alla politica, la sua intenzione di impegnarsi  in "attività sociali" lo porta in automatico a confrontarsi sulla stessa piattaforma e con lo stesso elettorato di Navalny e dell'ex oligarca Mikhail Prokohorov, il quale ha di recente lanciato la sorella alla guida del suo movimento politico, Piattaforma Civica.

Il direttore del centro demoscopico Levada, Lev Gudkov, è convinto che per il Cremlino Khodorkovsky non sia più una minaccia: la sua scarcerazione rafforzerà la posizione di Putin. La pensa così anche Whitmore, per il quale la grazia concessa all'ex acerrimo nemico è una "dimostrazione di forza". "Da una parte, Putin afferma di non sentire più alcuna minaccia al suo potere - ha spiegato il giornalista - e dall'altra, gioca il ruolo tanto amato da ogni leader russo: quello dello zar buono".

L'amnistia alle Pussy Riot e agli attivisti di Greenpeace, come pure l'atto di clemenza verso l'ex uomo più ricco di Russia che aveva osato sfidarlo nei primi anni 2000, ribadiscono che il Crem­lino rimane l'arbitro supremo del sistema. Una conferma, forse, necessaria per rassicurare sia i circoli di potere, che l'opinione pubblica interna, da mesi alle prese con previsione economiche tutt'altro che incoraggianti, che mettono in discussione la durata del modello putiniano. A inizio dicembre, il ministero dello Sviluppo economico ha abbassato le previsioni di crescita non solo per il 2013 ma anche per il 2014-2015. La revisione al ribasso sul Pil a fine anno, era attesa - passa da +1,8% a +1,4% - ma non lo erano le correzioni per il prossimo biennio: per il 2014 si mette in conto un +2,5% (prima era +3%) e per il 2015 +2,8% (da +3,1%). Si tratta della terza correzione peggiorativa di fila sul Prodotto interno lordo della Russia, che attraversa una fase di "stagnazione", come più volte ribadito dal ministro Aleksey Uliukaev.

 

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