27/06/2023, 13.06
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Riyadh, Expo 2030: la meta finale della ‘vision’ Mohammad bin Salman

di Dario Salvi

La capitale saudita, che ha incassato il sostegno dell’Eliseo, in lizza con Roma e Busan per ospitare la rassegna espositiva. Un progetto ambizioso, in linea e completamento del piano di riforme economiche e sociali del principe ereditario. Gli obiettivi in tema di ecologia e ambiente, gli investimenti miliardari, il mancato riferimento all’uomo e alle sue libertà. 

Milano (AsiaNews) - L’Arabia Saudita ha lanciato la scorsa settimana da Parigi, incassando il sostegno dell’Eliseo a discapito di Roma, la candidatura di Riyadh per l’esposizione universale del 2030, dove dovrà battere la concorrenza della capitale italiana e della principale città portuale sud-coreana. La filosofia su cui si fonda il progetto - che dovrà primeggiare su Busan, rivale più titolata - intende offrire un’esperienza globale “senza precedenti” nella storia dell’Expo, con una connotazione storica che accompagna la “natura benefica” dell’evento stesso. Un concetto che emerge sin dallo slogan scelto: “Era of change: leading the world to a bright tomorrow”, con un dossier che spazia dalla tecnologia all’innovazione, dalla sostenibilità alla cooperazione globale, con spazi dedicati a tutti i Paesi partecipanti e “opportunità pari ed eque”.

Rivolgendosi ai 179 membri del Bureau International des Expositions (Bie), che a novembre si esprimerà sull’assegnazione, il ministro saudita degli Esteri Faisal bin Farhan bin Abdullah ha definito Expo2030 Riyadh “occasione” per promuovere progetti di impatto mondiale. E per trovare, ha aggiunto, soluzioni globali attraverso la collaborazione a sfide comuni usando “l’innovazione, la sostenibilità e l’inclusività”. Per il capo della diplomazia del regno wahhabita è questo il “cuore” della proposta dell’esposizione universale elaborata dai sauditi, che prevede inoltre un “pacchetto di iniziative” del valore di 343 milioni di dollari per consentire la partecipazione di 100 nazioni con minori disponibilità economiche. Previsto lo stanziamento di risorse per la costruzione dei padiglioni, la manutenzione, il supporto tecnico, i viaggi e la partecipazione agli eventi. 

Costi e visione 

Il budget stanziato dai vertici sauditi, che puntano ad ospitare la rassegna universale per suggellare con un evento mondiale il piano di sviluppo interno “Vision 2030” elaborato dal principe ereditario Mohammad bin Salman (Mbs), è di circa 7,8 miliardi di dollari. Il ministro saudita degli Investimenti Khalid bin Abdulaziz Al-Falih conferma che l’Expo rappresenta il punto finale dell’ambizioso progetto del numero due (e uomo forte) del regno, per raggiungere il quale saranno necessari investimenti interni per 3,3 trilioni di dollari entro la fine del decennio, con il 30% del budget stanziato per la sola Riyadh. Secondo quanto indica il progetto, l’esposizione universale si terrà vicino all’aeroporto internazionale King Salman, attualmente in fase di costruzione, e sarà facilmente accessibile per ospiti e visitatori usando la rete “Riyadh Metro”. I 226 padiglioni previsti sono concepiti in forma sferica, a rappresentare la terra, con una linea centrale che simboleggia l’equatore. Questo approccio estetico e progettuale è coerente con la missione della mostra, che vuole garantire “pari opportunità” a tutti i partecipanti e un design ispirato al vecchio stile urbano, alla storia, alla cultura e alle bellezze della capitale. La posizione, progettata come un’area moderna costruita intorno allo storico wadi (letto di un torrente), rappresenta e richiama le origini, l’essere “oasi” e “giardino” di Riyadh, rilanciando l’obiettivo di aprire la strada a un futuro sostenibile dei centri urbani e dei suoi abitanti. 

I visitatori potranno passeggiare attraverso un’oasi verde contemporanea all’interno di uno degli affluenti del Wadi As-Sulai, che attraversa il sito espositivo. Un messaggio di Riyadh, nazione che ha fondato le sue fortune e le sue ricchezze sul petrolio e gli idrocarburi, in una prospettiva di protezione e di tutela della natura, con un approccio “responsabile” alle tematiche ambientali e ai cambiamenti climatici. Buone intenzioni sulla carta, come la filosofia descritta poco sopra sulle pari opportunità per tutti, in una nazione retta da una monarchia assoluta (sunnita), in cui uno dei diritti fondamentali dell’uomo, la libertà religiosa, è negata e non sono ammesse altre forme di culto oltre l’islam. Anche per questo il cammino di riforme tanto sbandierato, gli eventi come l’Expo e i progetti faraonici (vedi la futuristica città di Neom) andranno valutati come un reale cambiamento, una svolta, solo se sapranno davvero garantire maggiori aperture e libertà per tutti. 

Tornando al progetto legato all’esposizione universale, il cuore pulsante è rappresentato da una struttura che simboleggia la “protezione del pianeta” formata da 195 colonne che stanno a indicare il numero di nazioni presenti. Tre padiglioni circonderanno questo elemento centrale, ognuno dei quali riflette uno dei sotto-temi della mostra: Prosperità per tutti, Azione per il clima e Un domani diverso. L’esposizione includerà infine il Collaborative Change Corner (C3), che promuoverà l’innovazione e la creatività nel corso del viaggio di sette anni che porta a - e oltre - Riyadh Expo 2030, mostrando come la cooperazione fra menti brillanti può “accelerare” le trasformazioni del futuro. Slogan, filosofia e pensieri racchiusi nel tentativo rendere Riyadh Expo 2030 l’esposizione universale “più sostenibile e influente di sempre”, a partire dalla “carbon neutrality”. 

Riforme e libertà

L’importanza della partita sull’Expo che vede Riyadh e Busan fra le favorite a contendersi la vittoria finale, mentre la candidatura di Roma sembra cedere il passo, emerge sin dalle parole e dai proclami delle alte cariche dello Stato e delle personalità coinvolte nel progetto. Il ministro di Stato per gli Affari esteri e inviato per il clima principe Adel Al Jubeir ha confermato che la rassegna “è in linea con tutti gli obiettivi di attuazione della nostra Vision 2030”. “Vogliamo - ha aggiunto - che il mondo veda l’Arabia Saudita e vogliamo che l’Arabia Saudita veda il mondo. Per questo stiamo dedicando ingenti risorse”.

La filosofia e il motore di Expo, dunque, ruotano attorno al piano complessivo “Vision 2030” fortemente voluto da Mbs, del quale sembra essere la tappa finale alimentando la narrativa di una società vibrante, di una economia fiorente e di una nazione ambiziosa. In quest’ottica la “visione” della rassegna espositiva rafforza l’ambizione della città a diventare un hub globale. Al centro del progetto di riforma vi sono i settori della finanza, dell’intrattenimento (dagli investimenti miliardari nel calcio al cinema, pur con qualche censura di troppo nei film soprattutto se incentrati su temi “sensibili” come omosessualità o religione) fino allo sviluppo sostenibile. Mazen Tammar, direttore generale della candidatura di Riyadh, ha sottolineato la sinergia tra le ambizioni della città e il potenziale di trasformazione dell’evento. “Crediamo - ha detto - che vi sia una perfetta sinergia tra l’esposizione universale e le ambizioni che abbiamo per Riyadh, che la rendono città ideale per ospitare questo evento globale”. La principessa Haifa Al Mogrin, delegata permanente dell’Arabia Saudita presso l’Unesco, ha ricordato l’impegno in una prospettiva di “responsabilità internazionale”, condividendo esperienze e realizzando “una piattaforma” che dovrà essere al servizio del mondo. Proclami altisonanti e progetti ambiziosi, che potranno certo essere perseguiti dalla macchina da guerra saudita. Manca solo una parola, una promessa, un riferimento all’uomo (e alla donna), ai loro diritti e alle libertà. Che vanno di pari passo - e non possono certo essere slegate - con le opportunità di sviluppo. 

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