17/04/2020, 09.49
ARABIA SAUDITA
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Riyadh, l’appello della principessa saudita dopo mesi di silenzio: sto male, liberatemi

Basma bint Saud, 56 anni, è una delle oltre 100 figlie dell’ex re Saud. Da mesi è nel carcere di massima sicurezza di al-Hayer. Rivolgendosi a re Salman e a Mbs accusa: detenuta in modo arbitrario e senza incriminazione. In passato ha lottato per libertà e diritti, voce critica della guerra nello Yemen.

Riyadh (AsiaNews/Agenzie) - Dopo nove di mesi di silenzi sui social network e mistero sulla sua sorte, all’improvviso è tornata a farsi sentire la principessa saudita Basma bint Saud con un messaggio affidato a Twitter e rilanciato in rete nella notte fra il 15 e il 16 aprile. “Al momento - scrive la componente della famiglia reale - sono detenuta in modo arbitrario nella prigione di al-Hayer” senza alcuna “incriminazione” e la salute “si sta deteriorando”. 

La principessa si rivolge quindi alle massime cariche del regno wahhabita - re Salman e il principe ereditario Mohammed bin Salman (Mbs), artefice delle politiche di repressione in atto contro rivali e oppositori - chiedendo loro di “rivedere la mia vicenda e di rilasciarmi”. Perché, conclude il messaggio in lingua araba e inglese, “non ho fatto nulla di male”. 

Situato circa 40 km a sud della capitale, il carcere di al-Hayer è il più grande centro detentivo di massima sicurezza del Paese. Al suo interno è richiusa dal febbraio 2019 l’attivista e femminista saudita Loujain al-Hathloul

La principessa Basma, 56 anni, è la più giovane degli oltre 100 figli di re Saud, che ha guidato il regno fra il 1953 e il 1964. Negli anni si è distinta per le lotte a favore dei diritti e di una (almeno parziale) modernizzazione del Paese. Dalla revisione della Costituzione a un maggior potere per le donne “in un contesto di eguaglianza”, dal sistema educativo ai servizi sociali fino alla tutela maschile, sono molti i settori in cui ha chiesto una cambiamento deciso. Nel 2018 ha inoltre criticato con forza la guerra nello Yemen, il cui artefice e massimo ispiratore è proprio il principe ereditario Mbs. 

Lo scorso anno una serie di articoli pubblicati da Deutsche Welle riferivano dell’arresto della principessa, detenuta assieme alla figlia con l’accusa di voler lasciare senza autorizzazione l’Arabia Saudita. Nel messaggio lanciato sul proprio - e ritenuto autentico - denuncia inoltre di non aver ricevuto cure mediche e di non aver ricevuto alcuna risposta alle lettere inviate in questi mesi dal carcere ai membri della famiglia reale. “Sono stata prelevata - accusa - senza alcun motivo con una delle mie figlie e gettata in prigione”. 

Analisti ed esperti sottolineano che dietro l’arresto della donna vi sarebbero altre questioni, oltre alle campagne per i diritti umani: in particolare la lotta per il possesso di un terreno a Taëf e il controllo di oltre due miliardi di euro depositati su alcuni conti svizzeri, riconducibili all’ex re Saud.

Nel regno saudita vige una monarchia assoluta sunnita, retta da una visione wahhabita e fondamentalista dell’islam. Le riforme introdotte negli ultimi anni da Mbs hanno toccato la sfera sociale e i diritti, fra cui il via libera per la guida alle donne e l’accesso (controllato e in apposti settori) agli stadi. Tuttavia, gli arresti di alti funzionati e imprenditori, la repressione di attivisti e voci critiche e, in ultimo, la vicenda Khashoggi gettano un’ombra sul cambiamento.

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