23/05/2025, 13.55
ISRAELE - PALESTINA - USA
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Sarah Milgrim e Tech2Peace: pace e dialogo israelo-palestinese, oltre la propaganda

La giovane - vittima assieme al collega e compagno Yaron Lischinsky a Washington dell'attacco di un assalitore che le ha sparato urlando “l’ho fatto per Gaza, per la Palestina” - partecipava attivamente alle attività di una ong fa incontrare israeliani e palestinesi per costruire un terreno comune di convivenza a partire dalle nuove tecnologie. E anche oggi, all'opposto degli estremisti che soffiamo sul fuoco, continua a dire: "Guardiamo alle persone".  

Gerusalemme (AsiaNews) - Unire, far dialogare e incontrare grazie alla tecnologia e all’imprenditorialità israeliani e palestinesi, per costruire una realtà diversa da quella attuale di guerra e violenze. Una filosofia che non è solo uno slogan vuoto ma si traduce in azioni, iniziative, incontri, attività e gesti concreti per costruire una narrazione diversa in una terra per molti “santa”, ma che oggi è sempre più “martoriata”. Con questo spirito opera l’ong Tech2Peace di cui era volontaria “devota e attiva” la 26enne Sarah Milgrim, uccisa assieme al fidanzato 30enne Yaron Lischinsky la sera del 21 maggio scorso all’uscita da un evento al Capital Jewish Museum di Washington, negli Stati Uniti. I due fidanzati erano dipendenti dell’ambasciata israeliana - lui assistente alla ricerca nella sezione politica, lei membro dello staff amministrativo - e sono stati colpiti dai proiettili esplosi dal 31enne Elias Rodriguez, di Chicago, che ha rivendicato il gesto in fase di arresto gridando: “L’ho fatto per la Palestina, l’ho fatto per Gaza”, riferendosi al conflitto nella Striscia e all’emergenza umanitaria in corso. 

Analisti e commentatori sottolineano gli “ideali” di pace e di dialogo che animavano i due dipendenti della rappresentanza diplomatica dello Stato ebraico negli Usa. Al contempo si moltiplicano gli articoli e le analisi sull’omicida e il movente che lo ha portato a colpire interessi e simboli di Israele, in nome di una lotta per la libertà dei palestinesi e in solidarietà per le vittime nella Striscia. Una morte violenta già cavalcata in queste ore da esponenti del governo israeliano e da fazioni dell’estrema destra alimentando e rilanciando le accuse di antisemitismo e odio ebraico, oltre a “giustificare” una volta di più le ragioni della guerra a Gaza.

In realtà, dietro il lavoro di Sarah Milgrim e di T2P - una realtà congiunta israelo-palestinese che promuove la pace attraverso l'innovazione - vi sono ragioni e ideali quanto più lontane dal governo del premier Benjamin Netanyahu e dall’ideologia che lo contraddistingue: sono persone che operano nel concreto per creare un terreno comune di incontro; che usano le moderne tecnologie per unire, non per annientare; e che rappresentano una fetta consistente della società israeliana che si batte per il ritorno dei prigionieri di Hamas e la fine del conflitto - o dell’assedio - nella Striscia, ma che faticano a trovare una reale rappresentatività e forza politica in Parlamento, alla Knesset. 

Negli anni di collaborazione con l’organizzazione, la giovane ha condotto ricerche sulle teorie che riguardano la costruzione della pace, con una particolare attenzione alle “iniziative di base” nei territori di Israele e Palestina. In questa prospettiva ha elaborato esperienze sul campo, favorendo la discussione e il confronto anche su temi di geopolitica, operando come educatrice ebraica e sviluppando temi riguardanti l’ambiente, che riflettono il suo impegno “nel promuovere la comprensione tra i diversi popoli”.  

Emblematico, al riguardo, il messaggio di cordoglio pubblicato da Tech2Peace per ricordare la “tragica morte” della giovane: una “volontaria devota e attiva nella nostra comunità [che] ha partecipato a seminari, ha sostenuto il nostro team con grazia e impegno ed è rimasta una presenza significativa nel corso degli anni”. “La sua energia, la sua premura e la sua incrollabile convinzione nel dialogo, nella pace e nell’uguaglianza - prosegue l’ong nel ricordo - hanno ispirato tutti coloro che avevano il privilegio di lavorare al suo fianco”. Una persona “profondamente curiosa” che sapeva riunire attorno a sé persone “con empatia e visione” e una dedizione profonda nel cercare di “costruire un futuro migliore”. 

La personalità della giovane collaboratrice dell’ambasciata israeliana negli Usa si riflette perfettamente nella “mission” delineata sul sito da T2P: “Costruire una rete di israeliani e palestinesi che sviluppino le competenze high-tech, le opportunità professionali e la comprensione reciproca necessarie per lavorare insieme verso un futuro più luminoso”. Fra le diverse attività proposte vi sono anche seminari e incontri che si concentrano “sullo sviluppo professionale, sul dialogo, sull’alta tecnologia e sulla creazione di legami” duraturi nel tempo. “Alcuni dei nostri alunni - affermano - continuano a creare start-up e altre iniziative insieme, e molti lavorano per spargere la voce nelle loro comunità e reti locali”.

Fra i fondatori dell’organizzazione vi sono l’attivista per la pace palestinese Abeer Bandak, nata a Gerusalemme e che per anni ha coltivato un profondo sentimento anti-israeliano, anche perché le è stato a lungo insegnato che erano “i suoi nemici”. Con lei vi è Noam Alon, originaria di Tel Aviv, che ha prestato servizio nell’esercito israeliano per poi frequentare la Columbia University e rientrare nella capitale economica e commerciale di Israele per lavorare in una start-up. Oggi entrambe sono parte del team che guida Tech2Peace, mettendo a disposizione di giovani israeliani e palestinesi come loro “le conoscenze nell’ambito tecnologico, da utilizzare poi nella risoluzione nel conflitti”. Fondata nel 2017, oggi conta quasi 200 alunni provenienti sia dalla Palestina che da Israele, e si è evoluta partendo da seminari gestiti da volontari per offrire oggi programmi attivi tutto l’anno con un’equa partecipazione alle varie attività proposte. 

Finora, la maggior parte dei giovani che l’organizzazione ha saputo coinvolgere nei diversi programmi e iniziative era di orientamento moderato. Tuttavia, in seguito all’escalation a Gaza ora Tech2Peace punta a entrare in contatto con gruppi più estremisti. “Gli scontri in Israele e la situazione a Gaza sono stati difficili, ma è stato così toccante vedere come la comunità Tech2Peace si sia sostenuta a vicenda” afferma Alon. “Abbiamo parlato di come Instagram e altri gruppi sembrano utilizzare l’algoritmo per fare il lavaggio del cervello alle persone e mostrare una visione più estremista. Quando tornano a casa a Tech2Peace, alla nostra comunità - conclude - viene ricordato come guardare alle persone, andando oltre la mera propaganda. Stiamo assistendo allo sviluppo di vere amicizie [e] questo è un impatto a lungo termine”.

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