23/05/2024, 13.16
VATICANO
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Saranno proclamati santi i martiri di Damasco

Otto francescani e i tre fratelli maroniti Massabki uccisi insieme in odio alla fede nel quartiere di Bab-Touma nel 1860. Figure simbolo dell'"ecumenismo del sangue" vissuto anche in tempi recenti dai cristiani del Medio Oriente. Tra le altre figure per cui papa Francesco ha approvato i decreti che aprono la strada alla canonizzazione anche il quindicenne Carlo Acutis e il fondatore dei missionari della Consolata Giuseppe Allamano.

Città del Vaticano (AsiaNews) - Saranno proclamati santi i martiri di Damasco, 8 francescani e tre laici maroniti uccisi in odio alla fede nel 1860. A stabilirlo è stato papa Francesco che ha approvato  i voti favorevoli espressi dai cardinali e vescovi del Dicastero per le cause dei santi per la canonizzazione dei beati Emanuele Ruiz e 7 Compagni dell’Ordine dei frati minori, e dei fratelli Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki, uccisi in odio alla fede in un’ondata di violenza che nell’allora città ottomana per ragioni politiche vide i drusi alzare la mano contro i cristiani.

Il pontefice ha annunciato l’intenzione di convocare un concistoro ordinario riguardo a questa canonizzazione e a quelle di altri quattro beati tra cui l’italiano p. Giuseppe Allamano (1851-1926) - fondatore dell’istituto dei missionari della Consolata, presenti anche in alcuni Paesi dell'Asia - e il quindicenne Carlo Acutis (1991-2006) - studente dalla forte impronte eucaristica ma anche appassionato delle nuove tecnologie e per questo considerato particolarmente vicino ai giovani di oggi - riguardo ai quali sempre oggi papa Francesco ha riconosciuto due miracoli avvenuti per loro intercessione.   

La canonizzazione dei martiri di Damasco era un dono molto atteso dai cristiani del Medio Oriente. La loro storia riassume infatti molte delle loro sofferenze. I frati francescani (sette spagnoli e un austriaco) vivevano nel quartiere di Bab-Touma, dove dividevano il pane con i poveri in un tempo molto difficile. Nel quadro della crisi dell’Impero Ottomano e delle pressioni delle potenze europee nel dicembre 1842 l’allora sultano Abdul Mejid I aveva accolto la proposta del principe austriaco Metternich di dividere il Monte Libano in due distretti distinti: uno a nord per i cristiani e uno a sud per i drusi. Ma alcune violenze scoppiate a Beirut nel 1860 fecero precipitare la situazione innescando un’ondata di sangue nella quale morirono in tutta la regione migliaia di cristiani.

Nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1860, i frati e i tre fratelli maroniti Massabki si rifugiarono all’interno delle solide mura del convento. Il padre guardiano Emanuele Ruiz aveva preparato i confratelli al peggio, invitandoli a confessarsi e a comunicarsi. E in effetti qualcuno li tradì lasciando entrare gli assassini nel complesso da una piccola porta. Beatificati da papa Pio XI nel 1926 la loro festa liturgica si celebra il 10 luglio nella chiesa di San Paolo che a Damasco custodisce le loro spoglie.

La loro storia è anche una testimonianza di quell’ecumenismo dei martiri vissuto insieme nella storia da tante comunità cristiane del Medio Oriente che pur divisi per ragioni storiche da riti diversi si sono ritrovate anche in tempi recentissimi a testimoniare insieme fino al dono della vita la stessa fede in Cristo Gesù. In questo senso la canonizzazione dei martiri di Damasco sarà molto significativa anche alla luce dell’ormai imminente Giubileo del 2025, nella cui bolla di indizione “Spes non confundit” papa Francesco scrive: “Abbiamo bisogno di custodire la testimonianza dei martiri per rendere feconda la nostra speranza. Questi martiri, appartenenti alle diverse tradizioni cristiane, sono anche semi di unità perché esprimono l’ecumenismo del sangue”.

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