17/10/2025, 13.27
COREA DEL SUD - CAMBOGIA
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Scam center in Cambogia: Seoul impone divieto di viaggio, Usa e Regno Unito varano sanzioni

Il governo di Seoul ha vietato i viaggi in alcune province cambogiane dopo l’uccisione di un giovane sudcoreano rapito e costretto a lavorare in un centro per le truffe online. Una delegazione sudcoreana ha chiesto al premier Hun Manet il rimpatrio dei cittadini ancora detenuti nei compound, mentre Washington e Londra hanno imposto sanzioni al gruppo Prince di Chen Zhi, accusato di legami con le reti criminali, che nonostante le dichiarazioni di Phnom Penh, continuano a prosperare in Cambogia.

Seoul (AsiaNews) - Nei giorni scorsi la Corea del Sud ha imposto ai propri cittadini un divieto di viaggio in alcune aree della Cambogia, una decisione presa in risposta al rapimento e all’uccisione di uno studente sudcoreano, che era stato costretto a lavorare nei centri per le truffe online. Il corpo di Park Min-ho, 22 anni, era stato trovato ad agosto in un pick-up nella provincia meridionale cambogiana di Kampot, ma il suo corpo non è stato ancora riconsegnato a causa di controversie sulla richiesta di autopsia presentata dalla Corea del Sud.

La questione è stata sollevata da una delegazione sudcoreana guidata dalla vice ministra degli Esteri Kim Jina che ieri è arrivata a Phnom Penh per colloqui con il primo ministro cambogiano Hun Manet. Kim ha dichiarato ai giornalisti di aver chiesto alla Cambogia di rimpatriare i cittadini sudcoreani coinvolti in truffe online nel Paese e di restituire al più presto i resti di Park, mentre Hun Manet, oltre ad aver espresso rammarico per la vicenda, ha dichiarato che i due Paesi “continueranno a rafforzare la collaborazione per prevenire, reprimere e combattere le truffe online in modo più efficace”.

Le autorità sudcoreane stimano che circa 200mila persone, tra cui circa 1.000 sudcoreani, lavorino negli “scam centers” della Cambogia, vere a proprie cittadine gestite da gruppi criminali che adescano cittadini asiatici con finte offerte di lavoro per poi costringerli a condurre truffe online di vario tipo.

L’ondata di indignazione per la vicenda ha anche favorito il lancio di una missione per riportare a cause diverse centinaia di cittadini sudcoreani intrappolati negli “scam centers”, piccole città controllate da gruppi criminali che attirano cittadini asiatici con falsi annunci di lavoro e poi li riducono in condizioni di schiavitù per truffare online altre persone.

Il consigliere per la sicurezza nazionale della Corea del Sud, Wi Sung-lac, nei giorni scorsi ha riferito che nei primi otto mesi di quest’anno sono stati registrati casi per un totale di 330 sudcoreani detenuti in Cambogia, una cifra che segnala un preoccupante aumento rispetto ai 220 riferiti in tutto il 2024. Anche se l’80% dei casi è stato risolto - ha continuato Wi - diverse persone devono ancora essere rimpatriate. “Alcune persone che si erano recate in Cambogia volontariamente si sono lasciate coinvolgere in attività criminali e in seguito avrebbero voluto tornare, ma non ci sono riuscite”, ha spiegato ancora Wi, sostenendo che queste persone “sono allo stesso tempo vittime e autori di reati”

Di recente una sessantina di sudcoreani sono stati arrestati in Cambogia con l’accusa di coinvolgimento in truffe online e affronteranno le indagini una volta rientrati in patria. Ieri la polizia cambogiana ha dichiarato che sta collaborando con l’ambasciata sudcoreana per il rimpatrio di 59 persone. 

Il divieto imposto da Seoul ai propri cittadini è un “codice nero”, il massimo livello di allerta, che impone di non entrare nelle province di Poipet, Kampot e a Sihanoukville, una città nota per le attività fraudolente. Nonostante le dichiarazioni rilasciate ieri da Hun Manet, da tempo diverse organizzazioni umanitarie accusano la Cambogia di chiudere un occhio sulle attività degli scam center nel proprio territorio, che generano guadagni di diverse decine di miliardi di dollari. A giugno, Amnesty International aveva accusato il governo cambogiano di “ignorare volontariamente” gli abusi commessi da gruppi criminali permettendo all’industria di prosperare grazie a un coordinamento con i gruppi criminali, che spesso sono guidati da cittadini cinesi.

Il governo degli Stati Uniti, per esempio, stima che nel 2024 gli americani abbiano perso almeno 10 miliardi di dollari a causa di operazioni fraudolente condotte nel sud-est asiatico, con un aumento del 66% rispetto all'anno precedente.

Mercoledì, i governi del Regno Unito e degli Stati Uniti hanno annunciato l'imposizione di sanzioni al Prince Group gestito da Chen Zhi. Il Tesoro degli Stati Uniti (che ha preso di mira 146 persone legate al gruppo) descrive Chen come un “emigrato cinese di 38 anni che ha rinunciato alla cittadinanza cinese e ha costruito un impero commerciale in Cambogia attraverso il Prince Group”, un un conglomerato aziendale che, secondo il proprio sito web, si occupa di “sviluppo immobiliare, servizi finanziari e servizi ai consumatori”. Chen, oltre a essere diventato cittadino cambogiano (ma possiede anche la cittadinanza di Cipro e Vanuatu), ha assunto anche ruoli di consulenza all’interno del governo di Phnom Penh.

Le autorità sudcoreane hanno riferito che il premier cambogiano ha anche espresso preoccupazione per la decisione della Corea del Sud di aumentare l’allerta di viaggio per la Cambogia, temendo che possa influire negativamente sugli investimenti e sul turismo, e ha chiesto che l’allerta venga rimossa. Tuttavia la vice ministra Kim ha affermato che la misura è inevitabile data la situazione attuale, spiegando che Seoul prenderà in considerazione la possibilità di rivedere il divieto di viaggio non appena le condizioni saranno migliorate.

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