Shanghai elegge un vescovo ausiliare nonostante la morte di papa Francesco
Fonti di AsiaNews raccontano che i sacerdoti locali sono stati convocati ieri per ratificare la scelta di p. Wu Jianlin, vicario generale, fedelissimo del Partito. Un'altra elezione è stata convocata nella diocesi di Xinxiang, nell'Henan, dove è presente un vescovo sotterraneo più volte arrestato. Nella sede vacante Pechino rimarca l'autonomia della Chiesa in Cina, preparando un primo test sull'Accordo per il successore di Francesco.
Shanghai (AsiaNews) - Mentre la Chiesa cattolica in tutto il mondo piange papa Francesco e guarda ai cardinali giunti a Roma per il conclave che eleggerà il nuovo pontefice, negli organismi ufficiali della Chiesa in Cina si ostenta l’idea che tutto deve andare avanti come se niente fosse. Così fonti di AsiaNews riferiscono che i sacerdoti di Shanghai sono stati convocati per ratificare la scelta di un nuovo vescovo ausiliare. Cosa puntualmente avvenuta ieri: p. Wu Jianlin, attuale vicario generale, è stato eletto con appena una manciata di voti contrari. Mentre oggi la stessa cosa è accaduta nella diocesi di Xinxiang, nella provincia dell’Henan, con candidato unico p. Li Jianlin.
La modalità è quella consueta, nonostante l’Accordo con la Santa sede sulla nomina dei vescovi fortemente voluto da papa Francesco. In nome dell’”autonomia” della Chiesa in Cina, sempre postulata da Pechino, al Vaticano viene presentato un unico candidato, scelto da queste assemblee del clero registrato negli organismi controllati dal Partito, che poi il pontefice si riserva di approvare oppure no. Va anche detto che le due elezioni probabilmente erano già state fissate prima della morte di papa Francesco. Ma è significativo che chi gestisce la politica religiosa in Cina abbia dato mandato di non rinviarle. È anche questo un modo per dire che la stagione eccezionale che la Chiesa universale sta vivendo con la sede vacante non riguarda i cattolici che vivono nella Repubblica popolare.
Tanto più che le due nomine in questione sono entrambe particolarmente delicate. Come già accaduto qualche mese fa per Pechino, anche a Shanghai il vescovo Shen Bin - il presule scelto dal Partito come uomo di punta per la comunità cattolica locale - ora vuole un ausiliare per affiancarlo nel suo ministero pastorale che comprende anche la carica di presidente del Consiglio dei vescovi cinesi, l’organismo collegiale non riconosciuto dalla Santa Sede. Solo che la diocesi di Shanghai due vescovi ausiliari ce li avrebbe già: Joseph Xing Wenzi - oggi 62 anni, ordinato nel 2005 ma poi caduto in disgrazia nel 2011 - e, soprattutto Taddeo Ma Daqin, oggi 57 anni, il vescovo autore il 7 luglio 2012 del clamoroso gesto delle dimissioni dall’Associazione patriottica durante la sua ordinazione episcopale. Gesto in forza del quale da allora vive segregato nel seminario di Sheshan.
Quando nel luglio 2023 - tre mesi dopo il colpo di mano di Pechino – papa Francesco avallò a posteriori “per il bene della diocesi” la nomina di Shen Bin a Shanghai, ci fu chi formulò la speranza che anche Ma Daqin potesse tornare a esercitare il suo ministero, almeno come vescovo ausiliare. Tanto più che nel 2016 aveva fatto pubblica ammenda per il suo gesto. L’elezione di p. Wu Jianlin dice chiaramente che Pechino non ha alcuna intenzione di consentirlo. E il profilo del nuovo vescovo ausiliare è molto chiaro: si tratta del sacerdote “patriottico” che dal 2013 al 2023 ha guidato di fatto la diocesi di Shanghai e in quanto tale da anni è già membro della Conferenza politica consultiva del popolo cinese.
Non meno problematica per la Santa Sede è l’altra elezione, quella del nuovo vescovo di Xinxiang: si tratta infatti anche questa di una diocesi dell’Henan che per le autorità è vacante, ma dove in realtà un vescovo (sotterraneo) c’è, il 67enne mons. Joseph Zhang Weizhu, ordinato clandestinamente nel 1991 e più volte arrestato anche in anni molto recenti per il semplice fatto di svolgere il suo ministero. E anche in questo caso il candidato unico all’episcopato è un fedelissimo del Partito: nel 2018, infatti, p. Li Jianlin era uno dei firmatari della circolare con cui nella provincia dell’Henan si formalizzava il divieto di ingresso ai minori nelle chiese per le Messe.
Appare chiaro che queste due elezioni rappresentano un test delle autorità di Pechino per il successore di Pietro che verrà eletto nel conclave che si aprirà il 7 maggio. Il nuovo papa si troverà a dover decidere che cosa fare non solo in generale sui rapporti con la Cina, ma anche su queste due specifiche vicende. Il tutto dopo che – contrariamente a quanto accaduto per il Sinodo –nessun vescovo dalla Repubblica popolare cinese è giunto in Vaticano per le esequie di papa Francesco.
Nel frattempo sul sito internet dell'Associazione patriottica anche le due stringate righe di cordoglio per la morte di papa Francesco - ad appena quattro giorni dalla loro pubblicazione - sono già sparite dall’home page, trascinate via da notizie più urgenti, come l’incontro dei cattolici della provincia di Hanui con il Comitato del Partito e quello sul bilancio del Piano quinquennale per la sinicizzazione del cattolicesimo nella provincia dell’Hubei. Un comportamento che sembra quasi una risposta al coraggio con cui – come raccontavamo qualche giorno fa – tanti cattolici cinesi (e anche qualche vescovo) hanno condiviso sui propri profili personali sui social network le immagini di papa Francesco in occasione della sua morte.
Dove invece la repressione è comunque rimasta immutata è nella diocesi di Wenzhou, nella provincia dello Zhejiang: raccontavamo prima di Pasqua dell’ormai consueto arresto di mons. Pietro Shao Zhumin. Le ultime notizie giunte ad AsiaNews da fonti locali dicono che la morte di Francesco lo ha prorogato. Del presule clandestino fermato il 10 aprile per evitare che potesse celebrare pubblicamente i riti della Settimana Santa non si hanno infatti ancora notizie. Nel frattempo a Wenzhou la polizia ha impedito persino ai sacerdoti “ufficialmente registrati” che lo desideravano la celebrazione di Messe di suffragio in memoria di papa Francesco.
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