14/10/2022, 12.27
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Sikh del Canada chiedono referendum per l'indipendenza del Khalistan

di Alessandra De Poli

La votazione, la seconda in poche settimane, è prevista per il 6 novembre e organizzata da Sikhs for Justice. Delhi ha espresso forte preoccupazioni verso quelle che definisce attività "anti-indiane". I sikh in Canada sono mezzo milione, ma hanno una grande influenza. La diaspora indiana non è immune alle dinamiche di politica interna.

Roma (AsiaNews) - Sono tese le relazioni tra Canada e India e si presume lo saranno ancora per un po’, almeno fino al 6 novembre, data nella quale è previsto il referendum sull'indipendenza del Khalistan, organizzato da Sikhs for Justice (Sfj), un’associazione separatista e bandita in India dal 2019.

Nei giorni scorsi Delhi ha chiesto a Ottawa di fermare e denunciare l'iniziativa referendaria, ricordando che i due Paesi avevano in precedenza concordato di non consentire che il proprio territorio venga utilizzato per attività lesive alla sicurezza dell’altra nazione. Questa non è la prima richiesta da parte indiana che arriva sul tavolo del primo ministro canadese Justin Trudeau: il 19 settembre a Brampton, in Ontario, circa 100mila persone hanno preso parte a una votazione, sempre organizzata da Sfj, che chiedeva l’indipendenza del Punjab e la creazione di uno Stato per i sikh: il Khalistan.

Il governo indiano aveva avvisato la controparte canadese citando “forze anti-indiane in crescita nel Paese”, ma Ottawa aveva risposto dicendo di non voler limitare il processo democratico di espressione delle proprie opinioni. Le intenzioni di Sfj sono di “rivolgersi alle Nazioni Unite e altri organismi internazionali” per “ristabilire il Punjab come Stato nazione” una volta appurato il “consenso all’interno del popolo punjabi”. 

Nei giorni successivi al referendum l’India aveva consigliato ai propri cittadini che si recano in Canada di rimanere vigili per il "forte aumento dei crimini d’odio e delle attività contro l’India”. Pochi giorni dopo il ministero canadese degli Esteri ha risposto chiedendo ai propri cittadini di evitare di andare in India per la “minaccia di attacchi terroristici in tutto il Paese”.

Battibecco diplomatico a parte, anche fuori dall’India, come al suo interno, sembra riprendere forza l'indipendentismo di matrice religiosa, sebbene il Canada abbia già specificato di non riconoscere nessun tipo di validità ai referendum organizzati da Sfj. 

La presenza sikh in Canada non è trascurabile: mentre nella Lok Sabha indiana ci sono solo 13 sikh per 543 seggi, nel 2019 quelli eletti alla Camera dei comuni canadese erano 16 su 338 seggi. Il punjabi è la terza lingua parlata dopo l’inglese e il francese. Ma la comunità sikh in Canada è composta da circa 500mila persone, pari all’1,4% della popolazione. Nel 2001 erano lo 0,9% e nel 1996 lo 0,7%. Tra il 2006 e il 2016 la comunità è cresciuta di oltre il 36% grazie ai continui arrivi di nuovi immigrati, ma la loro l’influenza politica è dovuta a una forte coesione culturale e un’ottima capacità organizzativa piuttosto che ai grandi numeri. In Canada, affinché un partito nomini un candidato, questo deve portare a proprio sostegno un gran numero di lettere di elettori effettivi. Le reti sikh sono molto solide perché il processo politico a livello locale comincia con le elezioni del consiglio per i guardwara, i templi sikh. 

Si può identificare però una minoranza della minoranza, quella dei khalistani. Nel 2018 l’intelligence canadese aveva inserito i separatisti punjabi tra le prime cinque minacce terroristiche a livello interno dopo il fondamentalismo di matrice islamista e i gruppi di fanatici di estrema destra. Due organizzazioni sikh (la Babbar Khalsa International e l’International Sikh Youth Federation) sono state bandite in Canada, ma finora la violenza a livello interno è rimasta piuttosto limitata. Nei giorni che hanno preceduto il referendum dell’Sfj a Brampton un tempio indù di Toronto è stato vandalizzato e ricoperto di graffiti “anti-indiani” da parte di estremisti khalistani, una vicenda per la quale l’ambasciata indiana in Canada aveva espresso forte preoccupazione.

Nei mesi scorsi a Leicester, nel Regno Unito, sono scoppiati scontri tra musulmani e indù che per anni hanno convissuto in maniera pacifica nella stessa città. La propaganda sui social ha raggiunto anche gli indiani all’estero, provocando tensioni settarie che potrebbero riesplodere da un momento all’altro. Resta da vedere se anche in Canada aumenterà la tensione: certo è che la diaspora indiana - la più grande al mondo - non è immune alle dinamiche settarie e religiose propagandate dalla politica interna.

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