24/05/2017, 18.11
VATICANO - CINA
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Simposio di AsiaNews: la Chiesa in Cina tra testimonianza e tentativi di corruzione

“La Santa Sede sta lavorando per la Chiesa in Cina” ha detto il card. Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, in un saluto al simposio di AsiaNews su “Cina: la Croce è rossa”. Per mons. Savio Hon, segretario della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, “una grande minaccia alla fede” è rappresentata dal “grigio pragmatismo”, cioè dal principio per il quale “ciò che funziona è vero”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – “La Santa Sede sta lavorando per la Chiesa in Cina”. L’ha detto il card. Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, in un saluto al simposio di AsiaNews su “Cina: la Croce è rossa”, tenuto alla Pontificia università urbaniana.

Un incontro che si è svolto nel giorno che la Chiesa intera dedica alla Chiesa cinese e che, ha detto in apertura dell’incontro padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews, nel quale occupa un posto speciale mons. Pietro Shao Zhumin vescovo sotterraneo di Wenzhou (Zhejiang), che è ancora una volta nelle mani della polizia. Ciò evidenzia come mentre appare sempre più forte il cosiddetto “partito degli ottimisti” che vedrebbe come imminente una buona risoluzione dei dialoghi fra la Santa Sede e il governo cinese sul metodo per le nomine dei vescovi, non bisogna dimenticare le attuali persecuzioni nella Chiesa cattolica cinese. Ne è manifestazione più evidente i martiri che versano il proprio sangue per l’evangelizzazione. Ulteriore aspetto da non sottovalutare è la sofferenza dei cattolici sotterranei.

A 10 anni dalla Lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi - ricordata da papa Francesco – conserva tutto il suo valore quanto vi si affermava “che la Chiesa cattolica ha il vivo proposito di offrire, ancora una volta, un umile e disinteressato servizio, in ciò che le compete, per il bene dei cattolici cinesi e per quello di tutti gli abitanti del Paese”. E ai cattolici divisi tra Chiesa ufficiale e sotterranea, sottolinea “decine di volte l’urgenza di un dialogo pieno di amore, di desiderio di riconciliazione, di perdono reciproco”.

Nel corso dell’incontro, alcune testimonianze e anche quanto riferito da mons. Savio Hon, segretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli hanno parlato  del controllo “militare” al quale sottoposte le attività religiose, delle telecamere fisse in ogni chiesa per sorvegliare sacerdoti e fedeli, di arresti, domicili coatti e detenzione di preti, cui si sommano problemi “interni” alla Chiesa, fra cui “gravi scandali morali dei superiori” e “attacchi vicendevoli fra fratelli”. E ancora, la “doppia identità” di alcuni vescovi (approvati dalla Santa Sede e con ruoli di leadership all’interno dell’Associazione patriottica), passando per l’annosa questione dei rapporti diplomatici fra Cina e Vaticano, forse ritenuti eccessivamente importanti per la soluzione dei problemi della Chiesa cinese. Rapporti che “il partito degli ottimisti” da anni vede ormai prossimi, ma che, nella realtà appaiono ancora difficili.

Richard Madsen, sociologo delle religioni dell’università di San Diego (California), ha sostenuto che, al di là dei dati ufficiali, in realtà i cinesi che fanno riferimento a qualche forma di spiritualità sono decine e decine, forse centinaia di milioni. Una delle ragioni per cui il sentimento religioso in Cina è riuscito a sopravvivere, nonostante i vigorosi tentativi di sradicarlo, secondo Madsen è che “l’ideologia marxista era troppo esile per sostituire le molteplici dimensioni della cultura cinese”. Il marxismo e il capitalismo consumista tentano di appiattire questa “multidimensionalità”, ma sono destinati al fallimento.

Il cattolicesimo, come altre forme di cristianesimo, per Madsen è “parte integrante dell’ecologia sociale cinese”. Quanto all’intenzione del presidente Xi Jinping di unire la società sotto una comune cultura in nome di un “grande rinascimento del popolo cinese”, viene definita dal sociologo delle religioni “un miscuglio di valori tradizionali omogenizzati e di ideologia marxista, sotto il controllo di uno Stato unitario”. Il leader comunista vuole dunque che anche il cristianesimo si “sinicizzi” in questa cultura. Tuttavia Madsen dichiara: “questa cultura rigidamente unificata, unidimensionale coprirà solo in modo superficiale la diversità dinamica e multidimensionale delle vite cinesi.

Monsignor Savio Hon Tai Fai, segretario della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, nel suo intervento ha sottolineato il dramma della divisione portata dalle autorità statali tra i cattolici cinesi. Anche riferendo testimonianze di sacerdoti come quello che invitato da funzionari statali a sottomettersi a un vescovo illegittimo ha risposto: “Io non smetto mai di amare la patria e rispetto i governanti, ma prima di tutto amo Dio e in materia di fede obbedisco al Papa. La Chiesa non può essere guidata dagli organismi che uniscono principi irriconciliabili con la dottrina della Chiesa”.

Per mons. Savio Hon, “una grande minaccia alla fede” è rappresentata dal “grigio pragmatismo”, cioè dal principio per il quale “ciò che funziona è vero”.

Il problema, ha concluso mons. Savio Hon, è che ci si trova davanti a “una questione al cuore di Papa Francesco: un buon pastore di cui la Chiesa ha bisogno è quello che dona la vita per le sue pecore”. Un pastore non si lascia distogliere dagli argomenti del mondo. “Quindi nessuno spazio al grigio pragmatismo o al carrierismo”.

Il simposio è stato anche occasione per presentare il volume di p. Sergio Ticozzi, Sfide passate e presenti. Da decenni egli opera nella grande area cinese: Taiwan, Hong Kong, Macao e Repubblica Popolare Cinese ed è professore di Teologia della missione presso lo Holy Spirit Seminary College of Theology and Philosophy, Hong Kong. Un’opera che ripercorre 150 anni di “vicende esaltanti, dolorose e complesse” vissute dai 263 missionari del Pime in terra cinese, in cui non è compresa Hong Kong.

Quello che colpisce, ha evidenziato il missionario Gianni Criveller, è l’inizio “strepitoso”: in soli 12 anni, il numero dei fedeli raddoppia, si fondano scuole, si aprono seminari e soccorrono i poveri. E come spesso nella storia della Chiesa la testimonianza della carità apre la porta dell’evangelizzazione.

E’ una storia che continua anche dopo la conquista del potere da parte dei comunisti e l’espulsione dei missionari. “C’è una continuità nella vita delle ‘cristianità’ fondate dal Pime, che non deve essere sottovalutata o taciuta”. “La sorte dei preti e fedeli cinesi è, se possibile, ancora più dolorosa di quella dei missionari. La loro detenzione e la loro umiliazione è più lunga e devastante”. Le loro sofferenze sono descritte come “una cosa ovvia”, un modo “per lasciare parlare i fatti da sé”.

A dispetto di quanti dichiaravano la “fine delle religioni e del cattolicesimo in Cina”, le comunità cattoliche hanno resistito e sono tornate a crescere. Il missionario ricorda i membri del Pime, almeno una ventina, che si dedicarono allo studio della situazione e ai contatti con le “antiche missioni”, “non per tornare al passato, ma per sostenere fratelli e sorelle nello sforzo di rialzarsi”.

Una preghiera perché si moltiplichino coloro che vogliono evangelizzare la Cina ha concluso l’incontro.

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