15/11/2021, 12.00
IRAN
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Teheran, le nuove vie della propaganda per rivolgersi ai giovani

di Alessandra De Poli

Non hanno vissuto gli eventi fondativi della Repubblica islamica: per questa ragione il regime teocratico sta cercando di modificare i messaggi e le tecniche di coinvolgimento delle nuove generazioni. Il murales di via Valiasr ne è un perfetto esempio, come emerge da uno studio da poco pubblicato da Olmo Gölz e Kevin Schwartz.

Teheran (AsiaNews) - A fine ottobre una petroliera che batteva bandiera vietnamita è stata sequestrata dalle Guardie della rivoluzione nel Golfo di Oman. È stata rilasciata il 10 novembre “dopo essere stata svuotata del petrolio appartenente alla Repubblica islamica dell'Iran”, hanno fatto sapere i media di Stato iraniani. A Valiasr, la strada più trafficata di Teheran, tutta la vicenda è stata raccontata con un cartellone di propaganda in cui un minaccioso polpo a stelle e strisce si avvinghia e cerca di bloccare una nave iraniana (v. foto 1), alludendo anche a un precedente sequestro da parte americana di petrolio diretto all’Iran. 

L’immagine apparsa sul billboard è un esempio di propaganda rigida, quella classica che ci si aspetta dalla Repubblica islamica, in cui gli Stati Uniti e l’Occidente vengono dipinti come i nemici numeri uno e contro cui l’Iran è disposto a combattere. Ma oggi sempre più spesso a questa formula se ne affiancano altre contraddistinte da tecniche di “soft propaganda”, rivolte in modo particolare ai giovani. È quanto emerge da uno studio condotto da Olmo Gölz, docente di Studi islamici e iraniani all’Università di Freiburg, in Germania, e Kevin Schwartz, ricercatore presso l'Oriental Institute dell'Accademia Ceca delle Scienze di Praga, che hanno analizzato stile e contenuti dei manifesti di propaganda apparsi in questo nodo cruciale del traffico della capitale negli ultimi due anni.

Nel 2016 il 62% della popolazione aveva meno di 40 anni: questo vuol dire che le nuove generazioni non hanno vissuto la rivoluzione islamica del 1978-79 e non hanno ricordi della guerra con l’Iraq del 1980-88, i due eventi traumatici e fondativi che - insieme al mito del martirio, centrale nell'ideologia sciita - hanno contribuito a costruire e cementare l’idea di nazione alla base della propaganda iraniana. 

L'analisi dei due studiosi prende le mosse dal modo in cui è stata narrata l’uccisione del generale Qassem Suleimani da parte degli Stati Uniti nel gennaio 2020. Subito dopo la sua morte, il billboard ritraeva il volto del generale capo delle Guardie delle rivoluzione accompagnato da una frase che chiedeva vendetta per il sangue versato (v. foto 2). Una settimana dopo il cartellone è stato sostituito da una frase che commemorava le 240 vittime del volo dell’Ukraine International Airlines 752, erroneamente abbattuto dal governo iraniano alcuni giorni prima. Come si conciliano le due cose? Il murales di Valiasr è stato “progettato per cambiare velocemente”, si legge nello studio di Gölz: è fondamentale per il regime sia per la sua capacità di essere “ideologicamente flessibile, perfino ambiguo”, sia perché "crea uno spazio di partecipazione e discussione con la popolazione”.

Per attrarre una fetta più ampia di popolazione, è necessario che il concetto di martirio sia oggi comunicato con tecniche di “soft propaganda”. A un mese esatto dalla morte di Suleimani è apparsa su Valiasr un’immagine in cui il generale era rappresentato circondato da cittadini (v. foto 3). Ci sono donne, alcune persino senza chador, e, forse un po’ a sorpresa, non ci sono chierici, a indicare un certo grado di separazione dal regime stesso e dal suo carattere islamico. Un bambino con una fascia rossa in testa con scritto “ya muntaqim” (il Vendicatore, in riferimento a uno dei nomi di Dio) fa una “T” con le mani, a simboleggiare che gli americani possono anche arrivare verticalmente (dal cielo), ma torneranno in orizzontale (in una bara).

Per quanto il tutto possa essere straniante per un cittadino occidentale, viene spiegato efficacemente da Gölz: “Il fatto che Suleimani sia venerato come un martire - prosegue l'esperto - è sufficiente per stabilire il regime come punto di riferimento, mentre allo stesso tempo nasconde questo fatto dietro un appello apparentemente non ideologico all'unità nazionale. Per questo motivo, a chi sta dietro a Suleimani, come a chi vede il cartellone, non viene chiesto di essere uniti per la Repubblica Islamica, ma per l'Iran”.

Il murales su via Valiasr rientra dunque nelle nuove modalità del governo di coinvolgere le nuove generazioni nel processo di nation-building, diffondendo in forma nuova le idee su cui si fonda la Repubblica islamica. “Nell'ultimo decennio le strategie di propaganda sono diventate molto più sofisticate e aggiornate per quanto riguarda i mezzi di comunicazione”, spiega Gölz ad AsiaNews. “Le agenzie allineate al governo hanno un'alta presenza sui social media. Durante il cosiddetto Movimento verde il regime si è reso conto di aver perso i cuori e le menti di molte delle generazioni più giovani”, continua il docente, citando le proteste seguite alle elezioni presidenziali del 2009 che chiedevano le dimissioni dell’allora Presidente della Repubblica Mahmoud Ahmadinejad. 

Ciò nonostante alcuni messaggi caratterizzati da stili più tradizionali di propaganda di tanto in tanto riemergono. “I messaggi di ‘hard propaganda’ - commenta l'esperto - funzionano sempre come una forma di proiezione di potere che colpisce i passanti. Il messaggio è: lo stiamo facendo perché possiamo. Siamo abbastanza potenti per denigrare gli Stati Uniti”.

“I nuovi sforzi di propaganda - conclude Gölz- riflettono una nuova consapevolezza dei produttori culturali del regime. D'altra parte, in Iran, come in ogni altra parte del mondo, lo Stato non è un blocco monolitico ma un costrutto eterogeneo in cui i messaggi e le posizioni ideologiche cambiano. Cambiano le campagne e cambiano i messaggi di propaganda, anche se alcuni dei messaggi centrali - per esempio che l'Iran sia uno Stato anti-imperialista e quindi un rappresentante del terzo mondo - rimangono gli stessi”.

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