18/05/2020, 11.29
IRAN
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Teheran condanna a cinque anni la studiosa franco-iraniana Fariba Adelkhah

La ricercatrice di Sciences Po colpevole di “collusione” per minare “la sicurezza nazionale”. Un anno, e pena sospesa, per “propaganda contro il sistema politico”. La Francia parla di “condanna politica”; attivisti e colleghi ne chiedono la liberazione. I familiari di Kylie Moore-Gilbert smentiscono le voci di tentativi di suicidio in cella. 

Teheran (AsiaNews/Agenzie) - Un tribunale di Teheran ha condannato a cinque anni di prigione l’antropologa e studiosa franco-iraniana Fariba Adelkhah, da oltre un anno al centro di una controversia politica e umanitaria che vede opposte Parigi e la Repubblica islamica. Secondo quanto ha riferito nel fine settimana il suo avvocato Saïd Dehghan, i giudici hanno riconosciuto colpevole la donna di “collusione con il proposito di attentare alla sicurezza nazionale”. A questo si aggiunge un ulteriore anno, con pena sospesa, per “propaganda contro il sistema politico” iraniano. 

Immediata la replica delle autorità francesi, che “condannano con fermezza” la sentenza del tribunale. Per il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian essa “non è fondata su alcun elemento [giuridico]o fatto serio” e per questo “riveste un connotato politico” e ne reclama il rilascio senza condizioni. 

Arrestata e rinchiusa nella prigione di Evin, alla periferia della capitale, dal giugno 2019, la studiosa ed esperta di islam sciita ha 61 anni e collabora con il centro di Centro di ricerche internazionali (Ceri) dell’università parigina Sciences Po. In una mail inviata ai propri studenti, anche l’istituto ha commentato la condanna della Adelkhah definendola “notizia terribile, inaccettabile e ripugnante”, fonte di “collera, tristezza e indignazione” , per cui  non “rinunceremo” alla ricerca di giustizia. 

Il suo avvocato ha già annunciato l’intenzione di ricorrere in appello contro la sentenza. Nei mesi precedenti l’inizio del processo, che ha preso il via nel marzo scorso, il pubblico ministero aveva fatto cadere l’accusa di spionaggio, che avrebbe comportato una condanna ancora maggiore. L’arresto, assieme al compagno ed esperto di studi africani Roland Marchal (venuto a trovarla per una visita privata) risale al 5 giugno 2019, quando i Guardiani della rivoluzione hanno arrestato la coppia all’aeroporto internazionale di Teheran. 

Durante i mesi di prigionia in attesa del processo la studiosa ha promosso uno sciopero della fame assieme alla studiosa e universitaria di origini australiane Kylie Moore-Gilbert, anch’essa al centro di una controversia internazionale e detenuta nel carcere di Evin. Ad alimentare i timori degli amici e colleghi della docente e ricercatrice la pandemia di nuovo coronavirus che ha colpito in modo duro l’Iran, dove le carceri si sono rivelate uno dei focolai di diffusione. “Soffre di una malattia renale - sottolinea il suo avvocato - conseguenza dello sciopero della fame”. 

Negli ultimi anni, in particolare dal ritiro unilaterale degli Stati Uniti dall’accordo nucleare (Jcpoa) e l’introduzione di nuove sanzioni, sono aumentati i casi di arresto di cittadini iraniani con doppia nazionalità, il più delle volte accusati di spionaggio per conto di potenze straniere. Il governo di Teheran non riconosce lo status di doppia cittadinanza e, secondo le denunce di attivisti e ong, usa la “tortura psicologica” e commette “violazioni ai diritti umani” durante il periodo detentivo. 

In questi giorni è tornato alla ribalta delle cronache anche la vicenda dell’accademica Kylie Moore-Gilbert, australiana di origini britanniche condannata a 10 anni di carcere per spionaggio. Secondo alcuni attivisti, a inizio mese la donna avrebbe tentato a più riprese il suicidio in cella e accusa il governo di Canberra di non esseri adoperato a sufficienza per ottenerne il rilascio. I parenti riferiscono invece che gode di un buono stato di salute “considerando la sua situazione” nel contesto di una prigionia in Iran. 

In una nota il Dipartimento australiano per gli Affari esteri e il commercio (Dfat) sottolinea che la famiglia ha parlato “diverse volte” con la prigioniera nelle ultime settimane. “Nega con forza - prosegue il documento - le cronache secondo cui avrebbe tentato il suicidio o sia stata oggetto di tortura”. Per la famiglia “sarebbe in buone condizioni, considerata la situazione”. La notizia del suo arresto risale al settembre 2019, ma il fermo risalirebbe a quattro mesi prima. La studiosa ha già trascorso almeno 10 mesi in regime di isolamento. 

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