28/06/2005, 00.00
THAILANDIA
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Thailandia, continua la violenza interreligiosa

Nel Paese aumenta la violenza fra esponenti di diverse religioni. Secondo la pubblica sicurezza, gli omicidi avvengono "come parte di una campagna di agitazione politica".

Bangkok (AsiaNews/Agenzie) – In Thailandia non conoscono sosta le violenze interreligiose e separatiste. Oggi - 28 giugno - 3 buddisti sono stati uccisi a colpi d'arma da fuoco in 3 diverse località meridionali. Le vittime, secondo la polizia, erano "persone normali, senza nemici".

Srang Saewong, 56 anni, nel distretto di Bannang Sata, provincia di Yala, è stato colpito mentre si recava al lavoro. La polizia fa notare che era muto e non aveva nemici: secondo la pubblica sicurezza l'omicidio "fa parte della campagna di agitazione politica". Tonkui Saephoo, commerciante di pollame di 72 anni, è stato ucciso in un negozio del distretto di Yaring nella provincia di Pattani. Nella stessa provincia ignoti aggressori hanno sparato a Thanat Nilvisut, 52 anni, usciere di un college. Nella provincia di Narathiwat le case degli insegnanti locali sono state assalite a colpi di fucile e una persona è rimasta ferita. La polizia sospetta come autori i rivoltosi islamici.

Dal gennaio 2004 sono rimaste uccise oltre 720 persone in simili aggressioni o negli scontri tra la polizia e i gruppi musulmani che costituiscono la maggioranza nelle province del sud – al confine con la Malaysia – di Yala, Pattani e Narathiwat. Gli islamici, di etnia malaysiana, lamentano di essere "cittadini di seconda classe" - in un Paese a maggioranza buddista di etnia thai - e chiedono la secessione.

Chidchai Vanasathidya, ministro degli Interni, ha ammesso che le forze di sicurezza nella regione non hanno adeguati mezzi per fermare la violenza e ha promesso "maggiore preparazione e migliori dotazioni e, soprattutto, più fondi". L'uomo ha inoltre detto che sono "inaccettabili gli attacchi contro persone innocenti e senza difesa."

Nelle ultime settimane c'è stata un'escalation di violenza contro cittadini comuni, uccisi sulla porta di casa o nella strada verso il lavoro, solo per la diversa fede religiosa o la posizione politica. Nelle 3 province meridionali in questo mese ci sono state almeno 7 uccisioni per decapitazione contro le 3 dal gennaio 2004 e sono stati uccisi in agguati decine di altri cittadini, anche musulmani.

Secondo molti analisti i ribelli islamici vogliono creare una situazione di disordine sociale per giungere alla separazione totale entro il 2006. La situazione è aggravata dal fatto che, secondo fonti locali, la polizia risponde sempre più spesso con la violenza ai rivoltosi. Alcuni giorni fa il ministro dell'Educazione ha proposto di fornire agli insegnanti delle regioni meridionali – bersaglio frequente di attentati, al punto che spesso hanno una scorta per andare al lavoro a scuola – pistole a basso prezzo.

Thaksin Shinawatra, il primo ministro, nei giorni scorsi ha denunciato che i ribelli si rifugiano oltre il confine con la Malaysia per organizzare gli attentati. "Per demolire questa organizzazione – ha detto alla stampa – stiamo cercando la completa cooperazione degli Stati vicini, dove i leader ribelli si rifugiano per tenere le riunioni". (PB)

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