10/02/2022, 13.01
TURCHIA
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Turchia pattumiera delle scorie tossiche Ue e britanniche

È la denuncia lanciata dagli attivisti di Greenpeace. La plastica importata dal continente sta avvelenando il sottosuolo nel sud del Paese. Nel 2020 Ankara ha importato 660mila tonnellate di rifiuti, con un aumento del 13% rispetto all’anno precedente. Per gli esperti è un “danno irreversibile” all’ambiente e all’ecosistema turco. 

Istanbul (AsiaNews) - “Io mando vitamine all’Europa, loro ci restituiscono il veleno”. İzzeddin Akman, coltivatore di agrumi ad Adana, provincia meridionale della Turchia che affaccia sul Mediterraneo orientale, denuncia a Greenpeace l’enorme quantitativo di rifiuti tossici che provengono ogni giorno dagli Stati dell’Ue e dal Regno Unito. Una emergenza ambientale che, secondo gli esperti, sta inquinando in modo irreparabile il sottosuolo con plastica e sostanze cancerogene fra le quali diossina e furano. Tanto che, in alcuni punti, dai campioni prelevati dalle discariche “all’aria aperta” emergono livelli di inquinamento infinitamente superiori rispetto a quelli dei terreni incontaminati. 

Ad aprile dello scorso anno una inchiesta denunciava lo sversamento illegale di plastica importata dalla Ue e dal Regno Unito, che veniva poi incendiata all’aperto e senza alcuna tutela per la salute delle persone e dei possibili effetti sull’eco-sistema ambientale. Secondo Bianet in questi mesi i laboratori di Greenpeace e altri centri di ricerca indipendenti hanno raccolto e analizzato campioni di suolo, cenere, acqua e sedimenti prelevati dalle discariche, perlopiù illegali. 

I risultati mostrano quantitativi elevati di diossina e furano, con un livello fino a 400mila volte superiore al normale. Un record, perché mai in nessun altra zona della Turchia erano emersi livelli così alti di inquinanti, molti dei quali cancerogeni e che possono causare - se inalati - alterazioni del feto per le donne incinte, provocare tumori o colpire il sistema immunitario e ormonale. Sono emersi policlorobifenili (Pcb), 18 diverse tipologie di metalli, metalloidi e di idrocarburi policiclici aromatici (Ipa). 

Le cinque discariche analizzate dagli ambientalisti si trovano nelle fertili terre agricole, zootecniche e di irrigazione di Adana; in seguito alla combustione si mescolano al suolo, alle acque, nell’aria e colpiscono anche la catena alimentare. Kevin Bridgen, fra gli scienziati che hanno partecipato alle analisi, spiega che gli inquinanti faticano a degradarsi nell’ambiente. Per Nihan Temiz Ataş, esperto in biodiversità di Greenpeace, essi hanno provocato un “danno irreversibile” all’ecosistema turco. 

Secondo gli uffici di statistica di Bruxelles e Londra, la Turchia ha importato quasi 660mila tonnellate di plastica da Ue e Gran Bretagna nel 2020, con una crescita del 13% rispetto all’anno precedente; ogni giorno entrano nel Paese quantitativi pari a 241 camion stipati di plastica. Nel 2020 la Turchia ha assorbito il 28% delle esportazioni di rifiuti di plastica, che erano peraltro aumentate di 196 volte fra il 2004 e il 2020. Oltre al Regno Unito (quasi 210mila tonnellate), fra i principali esportatori troviamo il Belgio (137mila), Germania (136mila) e Olanda (poco meno di 50mila tonnellate).

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