26/08/2016, 12.13
STATI UNITI - IRAN
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Vescovi Usa e ayatollah iraniani uniti contro il terrorismo, a favore di pace e dialogo

In una dichiarazione congiunta personalità cattoliche e musulmane invitano a promuovere tolleranza e rispetto delle tradizioni religiose altrui. I leader delle due grandi fedi rilanciano la lotta contro terrorismo, fondamentalismo e uso di armi di distruzione di massa: "Sono immorali”. Un dialogo “sincero” fra religioni unite dalla “preoccupazione comune” per la vita e la dignità umana. 

Washington (AsiaNews) - Una dichiarazione congiunta pubblicata in questi giorni dalla Conferenza episcopale statunitense e da alcuni leader religiosi iraniani chiede di promuovere una cultura dell’incontro, della tolleranza, del dialogo e della pace, che sappia rispettare le tradizioni religiose degli altri. I capi religiosi guardano allo sviluppo e all’uso delle armi di distruzione di massa e agli atti di terrorismo, che definiscono “immorali”.

La dichiarazione è stata pubblicata dopo un dialogo sulla morale che si è tenuto a Roma dal 5 al 10 giugno scorso. Il dialogo mira a costruire un canale sostenibile finalizzato a una comunicazione efficace fra leader religiosi statunitensi e iraniani, per rafforzare la comprensione reciproca e un confronto costruttivo. L’incontro interreligioso si è concentrato sui principi morali di ciascuna fede, in particolar modo nel loro rapportarsi ai diritti umani, alle armi di distruzione di massa e al terrorismo. 

Fra le personalità della Conferenza episcopale statunitense (Usccb) che hanno partecipato al dialogo vi sono il vescovo di Las Las Cruces (New Mexico) mons. Oscar Cantú, presidente della Commissione episcopale internazionale di Giustizia e pace; e ancora, il card Theodore McCarrick, arcivescovo emerito di Washington; mons. Richard Pates, vescovo della diocesi di Des Moines, nell’Iowa; mons. Denis Madden, vescovo ausiliare di Baltimora. 

La delegazione iraniana, formata da cinque membri, era guidata dall’ayatollah Mahdi Hadavi Moghaddam Tehrani e dall’ayatollah Abolghasem Alidoost. Questo dialogo è fondato su un precedente incontro che si è tenuto a Qom, in Iran, nel marzo 2014 e che si è incentrato sulla necessità di un mondo libero dalle armi nucleari. 

“La dichiarazione congiunta di oggi - afferma mons. Cantù - è il frutto di un dialogo sincero fra due religioni che sono unite nella preoccupazione comune per la vita e la dignità della persona umana”. “Insieme - aggiunge il prelato - ci impegniamo al dialogo continuo sulle questioni di più stringente attualità che deve affrontare la famiglia umana, come la povertà, l’ingiustizia, l’intolleranza, il terrorismo e la guerra”. 

La dichiarazione è sottoscritta e firmata dall’ayatollah Ali-Reza A’araf, membro anziano della Society of Qom Seminary Scholars e presidente della Al-Mustafa International University; da Abdul-Majid Hakim-Elahi, direttore del dipartimento affari internazionali della Society of Qom Seminary Scholars; da mons. Oscar Cantú e dal card Theodore McCarrick.

Ecco, di seguito, il testo completo della dichiarazione congiunta, che si può trovare in lingua originale cliccando qui. Traduzione italiana a cura di AsiaNews: 

Uniti nel nome di Dio

Ci siamo incontrati a Roma quest’anno, nel contesto del Giubileo della Misericordia indetto da papa Francesco, per continuare il nostro dialogo sul piano della religione e della morale, iniziato a Qom (Iran) nel 2014. 

La fede nell’unico Dio unisce ebrei, cristiani e musulmani. Servire Dio richiede il lavorare per il benessere di tutte le sue creature e per il bene comune dell’umanità. I leader religiosi devono fornire una guida morale e parlare in modo netto contro l’ingiustizia, e contro tutto ciò che nuoce all’umanità. 

Il cristianesimo e l’islam condividono un impegno comune all’amore e al rispetto per la vita, la dignità e il benessere di tutti i membri della comunità umana. Entrambe le tradizioni [religiose] respingono la trasgressione e le ingiustizie in quanto riprovevoli e si oppongono con forza a tutte quelle azioni che mettono in pericolo la vita, la salute, la dignità, o il benessere degli altri. 

Nutriamo un impegno comune volto alla coesistenza pacifica e al rispetto reciproco. 

Guardiamo allo sviluppo e all’uso delle armi di distruzione di massa e agli atti di terrorismo come cose immorali. Insieme, stiamo lavorando a un mondo senza armi di distruzione di massa. Lanciamo un appello a tutte le religioni perché smettano di comprare questo tipo di armi e invitiamo quanti le possiedono di liberarsi di queste armi indiscriminate, fra cui vi sono anche le armi chimiche, biologiche e nucleari. 

Per ragioni del tutto simili, siamo contrari a ogni atto di terrorismo, in special modo quei gesti di violenza che finiscono per colpire direttamente civili innocenti, a prescindere dal fatto che l’autore sia lo Stato, un gruppo slegato dalle autorità statali, un singolo individuo. Respingiamo inoltre con forza le sanzioni indiscriminate e le altre politiche che infieriscono e sono fonte di dolore per civili innocenti, in special modo i più vulnerabili. 

Sosteniamo il diritto legittimo all’auto-difesa e affermiamo il diritto di uno Stato a un uso proporzionato e discriminato della forza per proteggere il proprio popolo dalle violazioni e per il pieno ristabilimento dei diritti di ciascuno. Condanniamo le espulsioni forzate di persone dalla propria terra e affermiamo il diritti di ritorno, così come crediamo sia compito della comunità internazionale di agevolare il rispetto dei diritti. 

Restiamo oltremodo preoccupati per il diffondersi di ideologie estremiste, spesso alimentate da letture superficiali ed erronee dei testi religiosi, che negano il valore intrinseco e la dignità di ciascuna persona, a dispetto della fede religiosa professata. Ci rivolgiamo ai leader religiosi e delle singole comunità, perché contrastino il diffondersi di questo tipo di ideologie che favoriscono la violenza e l’ideologia confessionale. 

L’estremismo violento e il terrorismo sono sfide globali. Esse sono perversioni del credo religioso più autentico. La colpa degli atti terroristici non deve ricadere sui fedeli di un’intera religione, di una nazione, di una cultura, di una razza o di un gruppo etnico. La lotta al fondamentalismo richiede una determinazione ferma e la collaborazione di tutti per contrastarne le cause sin dalla radice. La famiglia umana deve affrontare in modo collettivo e sincero la povertà, la disoccupazione, l’idolatria del denaro, l’ignoranza, la discriminazione, l’occupazione armata, l’ingiustizia, e le culture dilaganti di intolleranza, supremazia e impunità. 

La coesistenza pacifica è fondata sull’equità e sulla giustizia. Chiediamo dunque a tutti di lavorare per lo sviluppo di una cultura dell’incontro, della tolleranza, del dialogo, e della pace che sappia rispettare le tradizioni religiose altrui. E ci impegniamo a sostenere il dialogo interreligioso, che va oltre i governi e i confini nazionali, al servizio del bene comune e dell’intera famiglia umana, e che rifletta i nostri valori condivisi. 

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