22/10/2025, 09.59
INDONESIA
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Vescovo di Timika: 'Stop alle uccisioni a Papua. Dialogo e difesa della vita'

di Mathias Hariyadi

È l’appello lanciato ad AsiaNews da mons. Bernardus Bofitwos Baru e rivolto al presidente Prabowo e al comandante delle forze armate. La scorsa settimana oltre 15 persone sono morte in un attacco dell’esercito al villaggio di Soanggama in mano ai separatisti. Un conflitto alimentato “dagli interessi degli investitori e dallo sfruttamento delle risorse naturali”. Il monito ai sacerdoti: non abbiate paura di denunciare i “lupi armati”. 

Jakarta (AsiaNews) - Mettere immediatamente fine a tutti gli attacchi ed esplosioni di violenza a Papua; avviare un dialogo autentico in difesa della dignità umana. È l’appello lanciato dal vescovo della diocesi di Timika (reggenza di Mimika) mons. Bernardus Bofitwos Baru, dell’Ordine di Sant’Agostino, all’indirizzo del presidente indonesiano Prabowo Subianto e al comandante delle forze armate (Tni) gen. Agus Subiyanto. “Per il bene della dignità umana, smettete di uccidere i miei fratelli papuani e cercate il dialogo per risolvere il problema” ha affermato il vescovo, intervistato da AsiaNews dopo i recenti omicidi che hanno visto la morte di almeno 15 o 16 persone negli altipiani di Papua.

Durante l’omelia alla messa di ordinazione sacerdotale celebrata il 18 ottobre scorso nella parrocchia di san Pietro SP3, a Timika, mons. Bernardus ha ricordato che gli esseri umani a Papua “sono creature di Dio, non creazioni dei governanti da uccidere a piacimento”. Il prelato ha quindi rivolto un appello ai leader affinché usino la loro coscienza e scelgano vie pacifiche per risolvere i conflitti. “Il governo - ha affermato - deve sedersi al tavolo con il popolo, la Chiesa e i vescovi di Papua per cercare soluzioni umanitarie e giuste”. Il primo vescovo agostiniano indonesiano ha poi osservato che molti sacerdoti hanno paura di parlare, di fronte a “lupi armati” che mettono a tacere la verità. “Eppure - ha insistito - un vero sacerdote deve avere il coraggio di dire la verità, perché il suo comandante è Cristo crocifisso, non il potere militare di Jakarta”.

La Papua è situata nella parte occidentale dell’isola di Nuova Guinea; l’Indonesia l’ha annessa nel 1969 dopo un controverso referendum. Da allora ribolle un’insurrezione armata di bassa intensità tra ribelli separatisti e Forze indonesiane. Nel 2021 si è registrato un aumento degli scontri dell’80% rispetto al 2020, ma focolai di tensione e di violenza continuano a infiammare la regione a fasi alterne: il 17 ottobre scorso l’esercito indonesiano ha ucciso 14 combattenti papuani in una operazione per liberare il villaggio di Soanggama dal controllo dei separatisti, in una delle regioni più povere del Paese a dispetto delle ricchezze nel sottosuolo fra cui gas naturale, rame e oro. Il Movimento Papua Libera lotta per l’indipendenza da quando l’area è sotto il controllo di Jakarta, con voto supervisionato dall’Onu, dopo il dominio coloniale olandese. Per i separatisti le vittime sono 15, fra cui tre combattenti e 12 civili. 

Mons. Bernardus ha proseguito sottolineando come il conflitto armato - che da decenni imperversa in Papua - derivi “dagli interessi degli investitori e dallo sfruttamento delle risorse naturali”. Al riguardo, il presule ha condannato il sequestro di due milioni di ettari di terra indigena a Merauke, nella provincia di Papua Meridionale, nell’ambito del Progetto Strategico Nazionale, che “priva le persone delle loro case e minaccia migliaia di specie”. Citando il teologo Ignacio Ellacuría SJ, ha descritto il popolo papuano come “popolo crocifisso”, oppresso e privato dei propri diritti da sistemi economici e politici sfruttatori. “Se i cattolici e i cristiani non hanno il coraggio di portare la croce e difendere gli oppressi, siamo nuovi Giuda - ha affermato - che partecipano alla crocifissione di Cristo”. Il vescovo, nato a Papua e un dottorato in Missiologia presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma (2018), ha invitato tutti i fedeli a pregare per gli oltre 80mila papuani sfollati e a lasciare che lo spirito pasquale porti nuova speranza: “Che il popolo di Papua - ha concluso - non sia più ucciso o privato del suo diritto alla vita come esseri umani creati a immagine di Dio”.

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