30/12/2025, 14.31
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Sacerdote birmano e laico filippino fra i 17 missionari ’martiri’ del 2025

È quanto emerge dal rapporto dell'Agenzia Fides. In Asia uccisi due cattolici impegnati nella pastorale: il sacerdote Donald Martin Ye Naing Win, dell’arcidiocesi di Mandalay, e il laico Mark Christian Malaca, insegnante a Laur. Il dato interrompe l’assenza di vittime asiatiche rilevata nel 2024 e si inserisce in un bilancio globale in crescita. 

Roma (AsiaNews) - Nel 2024 il rapporto annuale dell’Agenzia Fides - organo d’informazione delle Pontificie Opere Missionarie - non registrava missionari uccisi in Asia, nonostante le minacce incessanti verso operatori e operatrici pastorali in diversi Paesi. Il nuovo report, diffuso oggi, sottolinea che nel 2025 un prete e un laico hanno perso la vita in modo violento in quanto cristiani cattolici “coinvolti nell’opera apostolica”. Sono Donald Martin, 44 anni, di Mandalay, Myanmar, e Mark Christian Malaca, 39 anni, di Laur, nelle Filippine. Per loro, come per tutte le 17 vittime registrate in tutto il mondo - nel 2024 furono 13 - l’Agenzia preferisce missionario al termine martire: sarà la Chiesa a riconoscerne l’eventuale martirio. 

Il rapporto pubblicato di consueto a fine anno è introdotto dalle parole pronunciate da Leone XIV lo scorso 14 settembre, in occasione della Commemorazione dei Martiri e Testimoni della fede del XXI Secolo. Costoro detengono una speranza - celebrata in modo speciale nel Giubileo che volge al termine - “piena d’immortalità”, ma anche “disarmata”. “Nessuno potrà spegnere la loro voce o cancellare l’amore che hanno donato”, diceva il pontefice. È in Africa che si conta il maggior numero di missionari e missionarie uccisi: 10 (6 sacerdoti, 2 seminaristi, 2 catechisti). In America sono 4 (2 sacerdoti, 2 religiose), in Europa 1 (sacerdote).

Secondo i conteggi dell’Agenzia Fides, “testimoni e missionari che hanno offerto la propria vita a Cristo fino alla fine, gratuitamente” sono 626 in 25 anni, da inizio millennio a oggi. E costoro - viene spiegato nel nuovo report - non sono solo “missionari ad gentes in senso stretto”. Il tentativo è registrare “tutti i cristiani cattolici impegnati in qualche modo nell’attività pastorale, morti in modo violento”. E, richiamando l’Evangelii Gaudium di papa Francesco, ricorda: “Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione”. In tal senso, “il termine ‘missionario’ può essere riferito a tutti i battezzati”.

AsiaNews aveva ricordato Donald Martin Ye Naing Win, prete cattolico dell’Arcidiocesi di Mandalay, lo scorso febbraio, l’indomani del suo omicidio, avvenuto il 14 febbraio in un villaggio nella regione del Sagaing. Per l’atroce atto - il suo corpo senza vita fu trovato mutilato da alcuni parrocchiani nel complesso della parrocchia - vennero arrestati dieci miliziani. Proprio di fronte ai suoi assassini, il primo sacerdote ucciso nel conflitto civile che imperversa in Myanmar pronunciò le parole: “Mi inginocchio solo davanti a Dio”. Lo riferì la stessa Agenzia Fides citando la testimonianza di due donne presenti durante il fatto.

“È stato ritrovato il 14 febbraio alle 18 da alcuni parrocchiani nel complesso della parrocchia di Nostra Signora di Lourdes, dove era parroco”, si legge nel rapporto. La chiesa si trova nel villaggio di Kan Gyi Taw, distretto di Shwe Bo, regione di Sagaing. “È stato colpito con violenza e accanimento da numerosi colpi di arma da taglio”. Un’aggressione così violenta - gli assassini, parte di un gruppo di opposizione alla giunta militare birmana, erano in stato di alterazione da droghe e alcol - fanno presumere un’azione “mirata per motivi che sono ancora da investigare”. Una verità che è difficile da delineare in un contesto di “violenza generalizzata”. 

“Donald Martin era stato ordinato sacerdote nel 2018. Anche nel tempo della guerra civile svolgeva con zelo, con fede e obbedienza il suo compito di pastore di anime, amministrando i sacramenti nella parrocchia e cercando di essere vicino alla comunità sofferente. Inoltre, come tanti altri sacerdoti, si dedicava all’assistenza umanitaria agli sfollati sparsi nel territorio portando loro consolazione spirituale e aiuti materiali”, ricorda il rapporto.

Il secondo operatore pastorale ammazzato in Asia nel 2025, Mark Christian Malaca, era un docente della St. Stephen Academy, scuola cattolica di Laur, diocesi di Cabanatuan, provincia di Nueva Ecija, nel centro dell’isola di Luzon. “È stato ucciso il 4 novembre a colpi d’arma da fuoco da ignoti aggressori nel villaggio di San Juan, dove abitava. Secondo le prime indagini, i killer, che indossavano giacche nere, caschi e maschere sul viso, si sono avvicinati e hanno sparato alla vittima diversi colpi d’arma da fuoco. Malaca era conosciuto per la sua fede e il suo impegno educativo”, ricorda l’Agenzia Fides nel report dedicando a ciascuna delle 17 vittime registrate nel 2025 brevi cenni biografici.

Dopo la sua morte la comunità cattolica di Cabanatuan chiese subito “giustizia e verità”. Il vescovo Prudencio Andaya esortò le autorità a “condurre un’indagine rapida, imparziale e trasparente per accertare i responsabili”, che rimangono ignoti. Mons. Andaya ha ricordato Mark Christian Malaca come “insegnante cattolico” che “partecipava alla nobile missione di formare menti e cuori nella verità e nella virtù”. Indicando che la sua è una perdita per tutta la società. Anche la St. Stephen Academy si è unita al ricordo di Malaca. La sua testimonianza “rimarrà una luce e un'ispirazione nella nostra continua lotta per la verità e il bene”, ha detto in una nota.

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