27/01/2023, 14.38
FILIPPINE
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Vescovo filippino: 'I prezzi delle cipolle e l'economia di Marcos'

A Manila un alimento comune ha raggiunto costi inaccessibili. Mons. Alminaza, presidente di Church People-Workers Solidarity, riflette sulla distanza tra i numeri della "crescita" vantati dal governo filippino e il costo della vita per i più poveri. "Viviamo in un'economia dell'esclusione in cui non c'è posto per loro, è normale che si emigri a causa della disoccupazione e che gli agricoltori si uccidano”.

Manila (AsiaNews) - Mentre il presidente Marcos Jr decanta la crescita economica delle Filippine, per la gente comune un ingrediente comune della propria cucina è diventato un bene di lusso. Fa discutere a Manila l’impennata del prezzo delle cipolle, arrivate a costare persino più della carne. Un simbolo della fragilità della situazione reale del Paese, che ha offerto al vescovo di San Carlos, mons. Gerardo Alminaza -  presidente dell’organizzazione della pastorale del lavoro Church People-Workers Solidarity (CWS) – l’occasione per una riflessione severa sull’economia dell’esclusione nelle Filippine pubblicata sul sito di informazione della Conferenza episcopale.

“Lo scorso 13 gennaio - scrive mons. Alminaza - il segretario alle Finanze Benjamin Diokno ha riferito che l'economia filippina è cresciuta del 7,5% nel 2022 e si prevede che crescerà del 6,5% nel 2023, una proiezione annunciata dal presidente Marcos durante il World Economic Forum. Allo stesso modo, questa settimana il prezzo di un chilogrammo di cipolle ha raggiunto gli 800 pesos (13,5 euro ndr). Se l'aumento del prezzo di questo prodotto sembra far sorridere, non così le sue implicazioni. Diversi agricoltori hanno già espresso la loro frustrazione per i danni subiti nonostante l'aumento del prezzo delle cipolle, e almeno cinque agricoltori si sarebbero suicidati per questo motivo. Gli stessi agricoltori esprimono preoccupazione per il progetto di importare più cipolle dall’estero per diminuire i prezzi, anche se abbondano le segnalazioni di contrabbandieri e accaparratori”.

“Le cipolle – prosegue il presule - sono solo uno dei tanti prodotti di base i cui prezzi sono saliti negli ultimi mesi. Proprio il mese scorso, gli economisti hanno registrato che il tasso di inflazione ha superato quota 8%, il livello più alto degli ultimi 14 anni. Entro questa settimana, il gasolio subirà un aumento di 0,50 pesos al litro, mentre il gas aumenterà di 0,95 pesos al litro. A causa di questo livello di inflazione, gli esperti economici di Mercer prevedono un aumento del 5,5% dei salari dei lavoratori quest'anno, ma ammettono che questo non corrisponderà ad alcun aumento reale”.

Il vescovo cita i dati del rapporto sulle diseguaglianze presentato da Oxfam secondo cui i 9 nove filippini più ricchi possiedono una ricchezza superiore a quella di 55 milioni di persone, la metà dell'intera popolazione filippina. Si chiede il presule: “Cosa dice della nostra società il fatto che celebriamo la crescita economica quando sappiamo che la vita sta diventando più difficile per i nostri fratelli più poveri? La risposta è semplice: papa Francesco ha ragione, viviamo in un'economia dell'esclusione. Possiamo descrivere positivamente l'economia come "in crescita", nonostante i poveri abbiano sempre più difficoltà a permettersi i beni di prima necessità, perché abbiamo accettato che, in definitiva, l'economia non è per loro. La migrazione dei lavoratori a causa della disoccupazione qui nelle Filippine è accettata come un fatto della vita, perché - di nuovo - questa non è la loro economia. Gli agricoltori si uccidono? Di nuovo, non è la loro economia”.

Per mons. Alminaza c’è una sola strada per cambiare questo stato di cose: l’inclusione. “Includiamo le persone ascoltandole. Includiamo le persone rispettandole. Includiamo le persone comprendendo i loro sentimenti e ammettendo che se per noi le cose possono andare bene, per loro potrebbero non andare altrettanto bene”.

Il presidente Marcos – aggiunge ancora il vescovo – a Davos “ha elogiato i lavoratori filippini perché ‘giovani’ e ‘con poche persone a carico’, oltre che ‘ben addestrati’. Come per le precedenti amministrazioni, la nostra forza lavoro è diventata una merce di scambio allettante per gli investitori che vogliono esternalizzare i lavori o assumere dall’estero. Ma senza garantire il benessere economico, i diritti e la dignità sul posto di lavoro, i lavoratori filippini restano esclusi dall'economia reale, se non come prodotti da esportare e sfruttare”.

Il presule ricorda che il Global Rights Index ha inserito le Filippine tra i 10 Paesi peggiori al mondo per i lavoratori negli ultimi sei anni, poiché i sindacalisti e i difensori dei diritti dei lavoratori sono minacciati e uccisi per impedire loro di organizzarsi. “Il Centro per i sindacati e i diritti umani (CTUHR) ha documentato 56 vittime di omicidi tra lavoratori, sindacalisti e difensori dei diritti del lavoro – ricorda -, 27 sindacalisti e organizzatori sindacali rimangono in carcere per casi inventati e prove inventate. Il Papa ha ragione quando dice che questa economia dell’esclusione uccide”.

Non è però una condanna inesorabile: “Ci sono sempre possibilità per far conoscere la condizione di chi è escluso ed è nostro dovere di cristiani portare la loro croce”, ammonisce mons. Alminaza. Proprio in questi giorni, durante la Settimana per l’unità dei cristiani, lo hanno fatto insieme cristiani di tutte le confessioni solidarizzando con i lavoratori durante la visita a Manila di una delegazione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo). Dare loro voce - conclude mons. Alminaza – è la strada per costruire un’economia “che non vanta solo lavoratori ‘giovani’ e ‘ben formati’, ma lavoratori che godono di una vita di dignità, autosufficienza, sicurezza e giustizia”.

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