18/07/2019, 08.16
TURCHIA
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Volatilità finanziaria ed incertezza politica affossano l’economia turca

Per la prima volta in un decennio gli esperti ipotizzano una contrazione pari all’1,5%. Per l’anno successivo lieve inversione di tendenza, con una crescita di poco superiore al 2%. Analisti evidenziano il rischio di “recessione con doppia ricaduta”. Timori per l’indipendenza della Banca centrale. 

Istanbul (AsiaNews) - Per la prima volta da oltre un decennio, l’economia turca dovrebbe registrare una contrazione nel 2019, per poi riprendersi - di poco - e registrare una modesta crescita nei due anni successivi. È quanto emerge da una inchiesta elaborata dagli esperti della Reuters e pubblicata ieri, che prende in esame gli studi di oltre 40 economisti di primo piano di tutto il mondo.

La media provvisionale indica che l’economia turca registrerà una contrazione dell’1,5% per quest’anno. Un dato che contraddice le (modeste) stime di crescita del governo diffuse nelle scorse settimane, che ipotizzavano una espansione del 2,3%. 

In realtà, le valutazioni degli esperti del settore consultati fra il 4 e il 16 luglio variano (e anche di molto) fra loro: da una crescita dell’1% per i più ottimisti, si passava a una contrazione fino al 5% per le previsioni più fosche. Al contempo, la crescita prevista per il 2020 è del 2,4% mente dovrebbe migliorare nell’anno successivo con un più 3,4%. 

Per il secondo e terzo trimestre dell’anno corrente si dovrebbe registrare una contrazione rispettivamente del 2,5% e dell’1,1%. Il dato dovrebbe tornare a crescere nell’ultimo quarto, con un più 1%. Fra le ragioni, avvertono gli esperti, troviamo l’estrema “volatilità finanziaria del mercato” e “la grande incertezza politica” che elevano il rischio di “recessione con doppia ricaduta”. 

L’ultimo calo su base annuale registrato dall’economia turca su base annuale risale al 2009, con un meno 4,7%. Dal 2010 al 2017 il dato medio si è assestato attorno a un + 6,6% trainato dallo sviluppo nel settore delle costruzioni, grazie anche al basso costo del denaro. Tuttavia, la crisi della lira turca (calata del 30% rispetto al dollaro) ha determinato una contrazione del 2,6% nei primi tre mesi dell’anno corrente, preceduti da un calo del 3% nell’ultimo trimestre dello scorso anno. 

Il calo della lira ha innescato un picco nell’inflazione, mai così alta negli ultimi 15 anni, limitando il potere di acquisto delle compagnie e la competitività sui mercati esteri. A questo si aggiungono la crisi politica e diplomatica con gli Stati Uniti e le profonde tensioni sociali interne, poi sfociate in attacchi e violenze contro i rifugiati siriani finiti nel mirino come capro espiatorio di una situazione generale di malessere.

Nel settembre scorso la Banca centrale ha alzato il tasso ufficiale al 24%, in risposta alla crisi valutaria e da allora non ha più modificato il valore. Tuttavia, il recente licenziamento del governatore ha sollevato più di un malumore fra gli investitori, critici verso la mancanza di indipendenza dell’istituzione.

Il presidente Recep Tayyip Erdogan, che si definisce “nemico dei tassi di interesse”, ha licenziato Murat Cetinkaya il 6 luglio per non aver seguito le sue istruzioni. Ciononostante, nei giorni scorsi il suo successore Murat Uysal ha accennato ai tagli dei tassi. Gli economisti interpellati per la ricerca della Reuters prevedono che la Banca centrale finirà per abbassare il tasso di riferimento al 22% entro la fine del terzo trimestre e al 20% entro la fine dell’anno. 

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