29/04/2008, 00.00
TAIWAN - CINA
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È morto lo scrittore Bo Yang, malvisto da nazionalisti e comunisti

Il New York Times lo ha definito “il Voltaire della Cina”. Ha criticato la legge marziale a Taiwan, ma anche la mancanza di democrazia e l’imperialismo di Pechino. I suoi saggi sulla cultura cinese ironizzano sui difetti dei cinesi: l’egoismo, la facilità ad essere dominati, l’insensibilità sui diritti umani.

Taipei (AsiaNews) – Lo scrittore Bo Yang, noto per le sue critiche a nazionalisti e comunisti cinesi, è morto stamane al Cardinal Tien Hospital a Hsintien (Taipei). Aveva 88 anni ed era stato ricoverato dallo scorso febbraio per polmonite.

Il suo nome originario è Guo Libang, poi cambiato in Guo Yidong, forse per distanziarsi dalla sua famiglia. Era nato a Kaifeng (Henan), nel 1920. Nel ’49, alla presa di potere di Mao Zedong, fugge a Taiwan. Nel 1960, usando lo pseudonimo Bo Yang, comincia a scrivere saggi e articoli dove prende di mira la dittatura istaurata da Chiang Kai-shek, passata poi a suo figlio Chiang Chin-kuo. Nel 1968 viene imprigionato per 8 anni e bollato come “spia comunista”: aveva usato delle traduzioni libere del cartone “Braccio di ferro” per criticare la mancanza di elezioni presidenziali sull’isola.

Nell’87, terminato il periodo della legge marziale a Taiwan, riesce a tornare in Cina e visitare i luoghi della sua infanzia. La sua brillante e caustica franchezza lo rendono oggetto di critiche anche da parte del governo comunista di Pechino.

Per alcuni anni la Cina ha proibito uno dei suoi libri più acuti, “The Ugly Chinaman and the crisis of the Chinese culture” (“Il brutto cinese e la crisi della cultura cinese”) e diversi suoi saggi accusandolo di essere offensivo verso il popolo cinese.

In molte sue opere Bo Yang critica l’atteggiamento orgoglioso dei cinesi verso la loro cultura con “5000 anni di storia”, mostrandone i difetti. Con ironia e amarezza egli sottolinea che i cinesi sono egoisti, incapaci di compassione, indifferenti ai diritti umani, facili a sottomettersi al potere e agli abusi dei capi.

Bo Yang è stato anche un attivista per i diritti umani. Nel 1995 ha fondato a Taiwan la Fondazione per l’educazione ai diritti umani. Ha spesso paragonato il governo comunista di Pechino a una casta imperiale. Il New York Times lo ha definito “il Voltaire della Cina”.

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