01/09/2014, 00.00
PAKISTAN
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Islamabad: scontri fra polizia e manifestanti anti-governativi, esercito pronto a intervenire

I militari chiedono una soluzione “pacifica” della crisi. Le opposizioni, guidate da Imran Khan, scelgono il braccio di ferro pur di costringere il premier alle dimissioni. Negli scontri del fine settimana tre morti e centinaia di feriti, fra cui bambini. Tv di Stato presa d’assalto dai manifestanti. Militari in allerta. Alti esponenti del partito di opposizione criticano la linea violenta.

Islamabad (AsiaNews/Agenzie) - Questa mattina manifestanti anti-governativi, armati di pietre e bastoni di legno, hanno ingaggiato pesanti scontri con polizia e forze di sicurezza per le strade di Islamabad, capitale del Pakistan, da giorni teatro di una protesta di piazza. L'escalation di violenze giunge a poche ore di distanza dal monito lanciato dai vertici dell'esercito, vera e propria "eminenza grigia" del Paese, che chiedono una soluzione "pacifica" della crisi politica che da oltre due settimane paralizza la nazione. Il 15 agosto scorso i dimostranti, guidati dall'ex campione di cricket e leader del Pakistan Tehreek-e-Insaf (Pti) Imran Khan, hanno lanciato una marcia sulla capitale, col proposito di rovesciare l'esecutivo e costringere alle dimissioni il premier Nawaz Sharif. Analisti ed esperti di politica locale non escludono un intervento dei militari, in un Paese governato a lungo dalle divise e teatro di diversi colpi di Stato. 

In una nota ufficiale i vertici militari invitano governo e opposizioni a dirimere in modo pacifico le differenze; in caso contrario, essi avvertono di essere pronti a "svolgere la nostra parte per assicurare la sicurezza". Un richiamo che è arrivato al termine degli scontri fra la notte del 30 e il 31 agosto, al termine dei quali sono morte tre persone e almeno 500 sono rimaste ferite, fra cui diversi bambini. 

A innescare lo scontro il tentativo, nella notte del 31 agosto, di irruzione nella residenza del premier Sharif da parte di un gruppo di oppositori guidati da Imran Khan e dal leader religioso populista Tahir-ul-Qadri. Essi chiedono le dimissioni di Sharif e la caduta dell'esecutivo, salito al potere nel maggio 2013 in seguito a elezioni che i due leader ritengono truccate e macchiate da brogli.

Questa mattina sono divampati nuovi focolai di tensione, quando almeno 3mila persone sotto una pioggia battente hanno tentato di nuovo di sfondare il cordone di sicurezza e irrompere nella sede del Primo Ministro. I poliziotti hanno risposto all'assalto lanciando gas lacrimogeno, reso però inoffensivo dall'abbondante pioggia che cade sulla capitale. 

Dal quartier generale dell'esercito a Rawalpindi, fonti ufficiali spiegano che "pur riaffermando il sostegno al processo democratico", l'attuale crisi politica è fonte di preoccupazione e vi è il rischio di "feriti e perdite di vite umane su larga scala". La crisi va risolta "mediante la politica", aggiungono i militari, "senza perdite di tempo ed evitando il ricorso a mezzi violenti". 

In tarda mattinata i manifestanti hanno fatto irruzione nella sede della tv di Stato pakistana; le trasmissioni sono state interrotte, mentre truppe dell'esercito hanno raggiunto l'area per riprendere il controllo della stazione e consentire il regolare svolgimento della programmazione. La linea dura nella protesta decisa da Qadri e da Imran Khan trova voci critiche e dissensi anche all'interno del partito guidato dall'ex campione di cricket. Fra questi vi è Javed Hasmi, uno dei leader di primo piano del Pti, che ieri ha sconfessato la decisione di marciare verso la residenza del premier e il Parlamento. "Questo tipo di atteggiamento - ha affermato - non si vede in nessun Paese al mondo"; egli ha aggiunto che se verrà imposta la legge marziale, Khan dovrà assumersi le proprie responsabilità. 

 

 

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