Arance e mandarini israeliani in vendita sui mercati di Teheran
Ufficialmente “palestinesi” gli agrumi non possono essere importati o esportati senza un intermediario israeliano. Il consumo aumenterà in vista dei festeggiamenti per il capodanno (21 marzo), ma poi ci sarà da fare i conti con le restrizioni causate da inflazione e crisi economica.
Teheran (AsiaNews) - Una sorpresa, per chi fa spesa nel bazar di Teheran: sono in vendita degli agrumi “Produce of Israel”! Nella Repubblica islamica, la crisi economica non concerna solo l’industria ed i servizi, ma pure l’agricoltura: i raccolti sono scarsi, i prezzi aumentano in modo terrificante (i pomodori sono chiamati “beluga rosso”, come se fosse caviale) e l’Iran è costretto ad importare frutta e verdura. Il denaro del petrolio permette di ricorrere alle importazioni di prodotti alimentari – ma fino a quando?
Ma perché, come possono arrivare i mandarini “sionisti” nell’Asso del Male? La scusa data dai “bazari” (i mercanti) è che si tratta, infatti, di prodotti dei Territori palestinesi occupati. Ma Israele non autorizza i Palestinesi ad esportare (o importare) direttamente le merci: il mercato palestinese è “prigioniero”, cioè totalmente incluso nell’israeliano. Usare un intermediario israeliano è obbligatorio, e lo Stato ebreo può decidere di bloccare la merce o il rimborso dei tassi doganali. Per vendere e per mangiare con buona coscienza la frutta “israeliana”, basta dirsi che in realtà, è “palestinese” (cosa incertissima, anche se dei certificati d’origine, più o meno autentici e sinceri, sono nelle mani dei bazari di Teheran).
In realtà, il traffico ed il mercato nero o grigio hanno sempre fatto parte dall’economia iraniana. I Pasdaran (Guardie della Rivoluzione), che controllano i confini, sono allo stesso tempo quelli che lottano contro i vari traffici e quelli che sui traffici prelevano soldi utilizzati a scopi privati o per operazioni speciali. Perciò, nel caso degli agrumi israeliani, non si può escludere che dei gruppi Hamas o Hesbollah ricevano infine una parte della tassa “Pasdaran” al confine iraniano!
In Iran, il consumo dei mandarini dovrebbe ancora aumentare fino al 21 marzo. Quel giorno si celebra il capodanno persiano, antica celebrazione zoroastriana, popolarissima al punto che nel Paese dei mullah, tutto si ferma, inclusi i giornali, per due settimane. Per il “Noruz”, tutte le famiglie consumano mandarini e arance, senza significato politico. Durante questo periodo, la gente riceve la tredicesima, ci si scambiano regali in denaro (sempre con banconote nuove, per portar fortuna) – e anche se sono costose, le dolcezze d’importazione si devono comprare.
Quando verrà aprile, il risveglio potrebbe essere duro: con o senza sanzioni dell’ONU, ci sarà il bilancio di “austerità” (da votare il 20 marzo), la benzina - sovvenzionata dallo Stato - che potrebbe passare dai 800 ai 1500 Rials (da 8 a 15 centesimi d’Euro), l’aumento limitato dei salari che non compensa l’inflazione (ufficialmente al 12 %, in realtà al 30 %), e molte altre ragioni per non comprare più la frutta israeliana. (DM)
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