30/07/2007, 00.00
FILIPPINE
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Asean: alla ricerca di una base comune in tema di diritti umani

I 10 Paesi della coalizione riuniti in questi giorni a Manila. La creazione di un organismo competente che denunci violazioni in materia di diritti umani al centro dei colloqui, ma i regimi dittatoriali oppongono il principio di “non interferenza”.

Manila (AsiaNews/Agenzie) – Una politica unitaria per il rispetto dei diritti umani, garantiti mediante la creazione di un organismo interno ad hoc, la ratifica di una carta comune che dia maggiore credibilità internazionale all’istituzione, lotta comune contro il terrorismo, rafforzamento di un trattato contro la proliferazione del nucleare nella regione, un piano di intervento congiunto in caso di emergenze ambientali e integrazione fra membri poveri e Paesi più ricchi della coalizione per una crescita comune dell’economia: sono questi i punti salienti al centro del 40mo congresso dei 10 Paesi ASEAN (Associazione delle Nazioni dell’Asia del sud est) in calendario in questi giorni a Manila.

Il punto cruciale dei colloqui resta però la creazione di un ente interno a tutela dei diritti umani, che in passato ha causato più volte il rinvio della ratifica di una carta regionale comune. Anche se l’ente celebra nel 2007 i suoi 40 anni, una vera integrazione socioeconomica appare ancora lontana, ostacolata dalle differenze politiche che vedono Paesi democratici,  o quasi, (Filippine, Thailandia, Indonesia, Malaysia, Cambogia e Singapore) insieme a una monarchia assoluta (Brunei), a una dittatura militare (Myanmar) e a Stati comunisti (Vietnam e Laos). Grandi anche le differenze economiche, con Laos e Cambogia tra gli Stati più poveri al mondo.

La giunta militare del Myanmar, condannata per il mancato rispetto dei diritti umani, ha più volte posto obiezioni sull’inserimento di una voce specifica inerente alla nascita di una commissione per i diritti umani, mentre altri Paesi più liberali come le Filippine premono affinché essa venga  creata “per guadagnare maggiore credibilità agli occhi dell’opinione pubblica internazionale”. Il principio di “non-interferenza” che vieta ad un Paese di intromettersi nelle questioni interne di un alleato ha finora impedito l’attuazione di una politica comune in tema di diritti umani: attivisti sottolineano che proprio “il principio di non interferenza avrebbe alimentato le violazioni commesse” da alcuni regimi dittatoriali presenti nella regione.

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