29/06/2017, 12.19
CINA
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Attivisti per i diritti umani: Liu Xiaobo torturato. Pechino gli faccia scegliere dove curarsi

Appello alla comunità internazionale perché offra cure mediche e accoglienza alla famiglia. La privazione di cure mediche è una forma di tortura che mette in pericolo la vita delle persone. Da maggio, la moglie chiedeva fosse permesso a Liu di curarsi all’estero. Attivista pro-democrazia: “La sua miglior possibilità è un trapianto di fegato, ma non è prevedibile che ciò accada in Cina”. L’offerta di Taiwan ad accoglierlo e curarlo. Pechino risponde: no alle ingerenze degli altri Paesi, “Liux Xiaobo è un cittadino cinese”.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – “Il governo cinese deve liberare Liu Xiaobo senza condizioni, permettergli di riunirsi con la sua famiglia, e assicurarsi che riceva immediate cure da medici e nella sede di sua scelta”. E’ l’appello lanciato il 27 giugno dal Chinese Human Rights Defenders (Chrd), che chiede alla comunità internazionale di offrire al dissidente e Premio Nobel il miglior trattamento medico disponibile, accogliendo la famiglia qualora decidesse di lasciare la Cina.

Liu, a cui è stato concesso di curarsi fuori dalla prigione per un cancro al fegato, era stato condannato a 11 anni di carcere per “incitamento alla sovversione contro lo Stato” nel 2009.

Il Chrd si scaglia contro le autorità cinesi colpevoli di negligenza medica nei confronti del dissidente: secondo gli standard internazionali ciò costituisce una forma di tortura pericolosa per la vita delle persone. Già in passato (nel 2014), le Nazioni Unite avevano espresso preoccupazione per lo stato di salute di attivisti e avvocati cinesi detenuti senza cure mediche. Negli ultimi anni, questi abusi hanno portato alla morte di Cao Shunli, Chen Xiaoming, Duan Huimin e Goshul Lobsang. Per questa ragione il Chrd sollecita il Comitato Onu contro la tortura e i relatori speciali sulla tortura e sul diritto alla salute a richiedere indagini indipendenti sul caso del Premio Nobel per la pace.

In un breve video diffuso l’altro ieri, sua moglie Liu Xia dice che è “troppo tardi” per le cure e che la malattia di Liu è già a uno stadio terminale. Liao Yiwu, dissidente che vive in Germania e che ha diretti contatti con la donna, ha riferito che da maggio Liu Xia chiedeva alle autorità di permettere al marito di curarsi all’estero.

Secondo Ye Du, attivista pro-democrazia a Guangzhou e suo amico, Liu ha potuto riceve la visita della moglie e fratello minore per la prima volta una settimana fa, nell’ospedale di Shenyang (Liaoning). “Sono monitorati da vicino e le autorità hanno loro ordinato di fare silenzio”, afferma Ye. “Le sue condizioni sono molto gravi, ed è improbabile che le terapie mirate abbiano effetto su di lui. La sua migliore possibilità è un trapianto di fegato, ma non è prevedibile che ciò accada in Cina”.

Il 27 giugno l’ambasciatore americano in Cina aveva chiesto a Pechino di lasciare “libertà di movimento” al dissidente. Ieri, Taiwan si è dichiarata disposta ad accoglierlo e curarlo. Da parte sua, la Cina riconosce le problematiche del proprio sistema giudiziario criminale, ma critica la strumentalizzazione di casi individuali da parte di alcuni Paesi per intervenire negli affari interni cinesi. Il portavoce del ministero degli affari esteri ha commentato: “Liu Xiaobo è un cittadino cinese. Perché dovrebbe esserci una discussione con altri Paesi su un problema di un cittadino cinese che sta scontando una pena?”

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