04/08/2020, 12.21
MYANMAR
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Aung San Suu Kyi ufficializza la candidatura per un secondo mandato

Il voto rappresenta un test chiave per la nazione del Sud-est asiatico, per decenni nelle mani di una dittatura militare. Sul fronte interno i temi caldi restano l’economia e i colloqui di pace con i gruppi armati. Sul piano internazionale pesa l’accusa - respinta - di complicità nel dramma della minoranza musulmana Rohingya.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) - La leader birmana Aung San Suu Kyi ha comunicato questa mattina, in modo formale, la decisione di concorrere per un secondo mandato alle elezioni politiche in programma il prossimo novembre in Myanmar. Esperti sottolineano che il voto rappresenta un test chiave per la nazione del Sud-est asiatico, retta per decenni da una feroce dittatura militare e da pochi anni avviata sul difficile cammino dello sviluppo democratico. Un passaggio caratterizzato da difficoltà, polemiche e violenze come la persecuzione - secondo alcuni, negata dai vertici di Naypyidaw - della minoranza musulmana Rohingya, nello Stato occidentale di Rakhine. 

Segretario prima e oggi presidente della Lega nazionale per la democrazia (Nld), Nobel per la pace, Suu Kyi ha trascorso diverso tempo agli arresti domiciliari, prima di ottenere la libertà e concorrere alle ultime elezioni nel 2015, dove il suo partito ha ottenuto una schiacciante vittoria. Tuttavia, a causa delle normative previste dalla Costituzione - secondo cui il 25% dei seggi è riservato per legge ai militari - la leader birmana ha dovuto condividere la gestione del potere con i generali.  

Icona della lotta democratica, oggi ricopre il ruolo di Consigliere di Stato del Myanmar (una sorta di Primo Ministro, solo perché i militari le hanno proibito con legge ad personam di diventare presidente), ministro degli Esteri e ministro dell’Ufficio del Presidente. All’atto pratico, è lei la vera anima del governo birmano e prova ne sono le durissime critiche subite in questi anni per le violenze (secondo alcuni un vero e proprio genocidio) contro i musulmani Rohingya. Attacchi che hanno offuscato la sua immagine all’estero - nazioni come il Canada e città come Oxford, dove si è laureata, hanno ritirato onorificenze conferite in passato - ma in patria resta assai popolare, tanto da far sembrare quasi scontata una sua conferma alle prossime elezioni. 

Oggi la 75enne leader ha incontrato una cinquantina di sostenitori riuniti all’esterno della sua abitazione, a Yangon, capitale economica e commerciale del Paese, ufficializzando la propria candidatura al voto di novembre. Alcuni fedelissimi indossavano maschere colorate di rosso, simbolo della Nld, e hanno intonato slogan e canti fra cui “Madre Suu, resta in salute”.

Il tema caldo sul piano internazionale resta la questione Rohingya, con la repressione lanciata dall’esercito nel 2017 e che ha costretto alla fuga oltre 730mila persone. Secondo alcuni all’estero e fra gli organismi Onu l’attacco aveva un profilo equiparabile a un “genocidio”, accusa che Aung San Suu Kyi ha sempre respinto. Rispondendo alla denuncia del Gambia presso la Corte internazionale di giustizia (Icj), la leader birmana ha parlato di caso “incompleto e fuorviante”.

Sul fronte interno i temi di maggior interesse riguardano i (difficili) colloqui di pace con i gruppi armati nelle varie zone del Paese e la lotta alla crisi economica, acuita dalla pandemia di nuovo coronavirus. Il principale competitor resta lo Union Solidarity and Development Party (Usdp), partito legato ai militari e composto da diversi esponenti un tempo alti ufficiali dell’esercito.

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