13/10/2010, 00.00
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Bernanke: Il disastro finanziario globale è imminente

di Maurizio d'Orlando
Dietro fumose espressioni per iniziati, il presidente della Fed afferma che la situazione è ormai insostenibile. Le conseguenze su debito pubblico, pensioni e sanità su Usa, Europa e Giappone. La via d’uscita è l’austerità, ma anche una riduzione della democrazia, a favore del sistema bancario.

Milano (AsiaNews) - Il disastro finanziario bancario americano e globale è ormai imminente. E non lo dice solo il commentatore di AsiaNews, che lo va ripetendo da quasi cinque anni[i]. Lo dice il presidente della Fed, la Banca Centrale statunitense, Ben Shlomo Bernanke[ii]. Ovviamente, lo dice nel linguaggio iniziatico degli economisti, ma una volta decifrato dal gergo, il significato della prima parte del discorso è molto chiaro. Il discorso è stato tenuto il 4 ottobre scorso nel corso di un convegno annuale a Rhode Island (Usa) ed è pubblicato sul sito stesso della Fed. Ciononostante pare che questo importante discorso pubblico di Bernanke sia “sfuggito” alla stampa “indipendente”, che non l’ha ripreso.

Qui di seguito ne offriamo ai nostri lettori una semplice “traduzione” in linguaggio corrente di alcuni brani (riportando in nota i riferimenti tradotti dall’inglese – in modo da fornire ai dubbiosi la possibilità di verificare).

Afferma Bernanke[iii] (d’ora in poi: B.) che la recessione è grave, che gli effetti non sono solo di breve termine ma soprattutto di lungo periodo e che a causa dell’invecchiamento della popolazione (cioè il prolungamento delle aspettative di vita) il mantenimento dell’attuale sistema pensionistico e di quello sanitario pubblico è insostenibile (il riferimento è agli Usa, ma si applica a tutti i Paesi avanzati e a molti anche del resto del mondo, con esclusione del Cile, per la nota riforma pensionistica attuata dal gen. Pinochet). Anche lo stato finanziario delle amministrazioni locali è drammatico ma il grosso del problema è a livello federale[iv] e perciò di questo si deve discutere.

Il deficit statale è esploso in poco tempo [come aveva già fatto notare sin dall’inizio AsiaNews, mai nella storia recente si era verificato un simile improvviso aumento] ed è arrivato a toccare i livelli raggiunti alla fine della 2a Guerra mondiale[v] (un paragone adoperato in precedenza anche da questa piccola agenzia stampa missionaria cattolica). L’attuale ripresina non tragga in illusione, tra non molto (B. dice nel medio lungo termine), sarà chiaro che la situazione è insostenibile. Non ci si illuda che questa momentanea pausa significhi che la tempesta è davvero passata[vi] perché mancano fondi per pensioni e sanità (B. attribuisce tutto al prolungamento delle aspettative di vita, ma non fa alcun accenno alle spese militari, che invece AsiaNews aveva aggiunto a quello che comunemente diremmo i “conti della serva”). Stiamo scontando oggi[vii], dice il governatore, una crisi che viene da molto lontano, una crisi di sistema. Per andare sul concreto, B. prende il caso dello Stato, il Rhode Island, il più piccolo degli Stati Uniti, ma il problema è più generale ed affligge, anche Europa e  Giappone ed in misura pure maggiore[viii].

A questo punto del suo discorso, B. afferma che la situazione è così disastrosa che se ne potrebbe perdere il controllo in qualsiasi momento[ix]. Per di più, mentre dal lato delle tasse, il sistema fiscale[x] è inefficiente, iniquo, complesso e deprime l’attività economica, dice il governatore, dall’altro lato la spesa pubblica non solo è inefficace nel conseguimento degli obiettivi prefissi, ma è anche molto cara. Il problema è perciò molto grave sia nel breve che nel medio termine, siamo nelle mani dei creditori esteri ed un aumento delle tasse metterebbe del tutto in ginocchio il Paese[xi]. Inoltre aumentare le imposte ora non è una buona idea anche perché ci priverebbe dell’ultima carta disponibile e che invece dobbiamo riservarci per potercela giocare in situazioni estreme come ad esempio in caso di sommosse interne causate dalla depressione economica, da guerre o catastrofi naturali[xii]. Non sappiamo bene quando potremmo dover affrontare una situazione d’insolvenza sul debito pubblico, ma potrebbe essere a breve e perciò i politici dovrebbero sbrigarsi a mettere in atto misure d’austerità perché non se ne vedrebbero gli effetti sperati che a distanza di anni[xiii].

Le conferme del governatore della Fed relative alle previsioni ed alle analisi formulate in questi anni da AsiaNews terminano qui. Il suo discorso però prosegue con delle considerazioni quanto mai interessanti. Bernanke, afferma, infatti, che è difficile attuare le necessarie misure d’austerità in uno Stato in cui le leggi sono stabilite da un sistema parlamentare (Camera e Senato), vale a dire in un sistema i cui componenti (i cosiddetti rappresentanti del popolo) sono soggetti ad un periodico e fastidioso scrutinio, le elezioni popolari[xiv].

Il senso del resto del discorso, troppo lungo per essere ulteriormente riportato, ma disponibile per gli studenti ed i dubbiosi sul sito stesso della Fed, è che occorre esautorare il sistema parlamentare al nobile fine di attuare l’austerità. Per l’esercizio di traduzione del discorso di B. occorre un piccolo aiuto lessicale. La parola chiave per comprendere come il parlamento debba essere privato di autorità è che occorre “applicare regole fiscali”. In altre parole egli afferma che occorre sottrarre agli organi elettivi ogni potere autonomo in merito alla determinazione delle tasse.

A sostegno della sua tesi Bernanke cita molte vicende interne americane degli ultimi decenni. Di particolare interesse è però il riferimento all’Unione Europea (molto simile in questo a una Unione “Sovietica”). Già in base ai trattati costitutivi dell’UE vengono introdotte queste “regole fiscali” ai parlamenti “nazionali”, ma ora, dice B. con ammirazione, i dirigenti europei stanno lavorando per rendere tali strumenti ancor più coercitivi[xv].  Il riferimento è al “Nuovo Patto di Stabilità” europeo deciso (di fatto) nel giugno 2010, pochi mesi fa cioè, in seguito alla crisi greca e degli altri Paesi europei cosiddetti PIGS. Il governatore della Fed è dunque ben informato, sa che ormai in Europa i bilanci degli Stati non sono più in mano né dei parlamenti né dei governi “nazionali”, ma di un “Soviet” – che in russo significa consiglio, organo di consiglio – centrale europeo, un organismo non eletto. Questo organo di consiglio determina di fatto le decisioni di spesa pubblica riguardanti più di trecento milioni di europei. Altrettanto dobbiamo fare in America, dice il successore di Greenspan.

Il governatore della Fed si mostra brillante, limpido e geniale. In confronto alle sue quasi impercettibili controfigure in altri Paesi del mondo ed ai suoi colleghi europei egli è anche schietto: le cose le dice, da buon americano, chiare e tonde. La democrazia elettiva è un orpello del passato è un soprammobile da mettere sotto teca e tenere blindato affinché non dia disturbo a chi ha davvero il potere. A costo di stritolare la gran parte della popolazione e soprattutto la classe media, con la cosiddetta (e purtroppo comunque necessaria) “austerità”, occorre salvare chi è troppo grande per fallire. Per quanto grandi e macroscopici siano stati i suoi errori e perfino i suoi crimini, il sistema bancario ed i suoi uomini non vanno chiamati a risponderne in proprio. A loro scudo e protezione c’è e perciò si può e si “deve” sempre paventare “l’instabilità” economica e finanziaria, un’arma di ricatto potente. 

Una così forte bordata antidemocratica nel cuore del Paese che ha come vessillo la democrazia può sembrare incredibile e quasi paradossale.

In fondo però quello che Bernanke ha detto è logico. Chiariamolo: egli, in quanto governatore della Federal Reserve, non è preposto a servire il popolo e la sua Patria. Egli è solamente a capo della banca centrale, cioè l’organo consorziale del sistema bancario.  

 
NOTE
 

[ii] Vedi, Federal Reserve, 04/10/2010,  Discorso del gov. Bernanke a Rhode Island, 4 ott.

[iii] “La recente e profonda recessione e il successivo lento recupero hanno creato gravi pressioni sul bilancio, non solo per molte famiglie e per le imprese, ma anche per i governi. Invece, negli Stati Uniti, le amministrazioni a tutti i livelli sono alle prese non solo con gli effetti a breve termine di debolezza economica, ma anche con le pressioni di lungo periodo che saranno generate dalla necessità di fornire assistenza sanitaria e sicurezza della pensione a una popolazione “in via d’invecchiamento”. Non c’è niente da fare: rispondere a queste sfide richiederà ai politici e al pubblico di prendere alcune decisioni molto difficili e accettare alcuni sacrifici. Ma la storia rende chiaro che i Paesi che spendono continuamente più delle loro possibilità subiscono un rallentamento della crescita dei redditi e del tenore di vita e sono inclini a una maggiore instabilità economica e finanziaria. Al contrario, una buona gestione fiscale è un elemento fondamentale di crescita e prosperità sostenibili”.

[iv] “Sebbene i governi statali e locali affrontino significanti sfide fiscali, oggi il mio obiettivo primario sarà la situazione del bilancio federale e le sue implicazioni economiche. Mi limiterò a descrivere i fattori che sottolineano gli attuali deficit di bilancio previsti e spiegare perché è fondamentale che mettiamo la politica fiscale americana su un percorso sostenibile. Vorrei anche offrire alcune riflessioni sull’opportunità di nuove norme fiscali o istituzioni che potrebbero contribuire a promuovere una transizione di successo alla sostenibilità di bilancio negli Stati Uniti”.

[v] “La posizione di bilancio del governo federale è peggiorata sensibilmente negli ultimi due anni fiscali, con un deficit di bilancio medio del 9,5% del reddito nazionale in quel periodo. Per confronto, il deficit era in media del 2% del reddito nazionale negli anni fiscali dal 2005 al 2007, prima dell’inizio della recessione e della crisi finanziaria. Il recente aggravamento è stato in larga parte il risultato di forte calo delle imposte fiscali provocato dalla recessione e dalla successiva lenta ripresa, così come da un aumento della spesa federale necessario per alleviare la crisi e stabilizzare il sistema finanziario. Come risultato di quei deficit, il debito federale accumulato misurato in relazione al reddito nazionale è aumentato a un livello mai visto dall’indomani della Seconda guerra mondiale”.

[vi] “Per il momento, il deficit di bilancio si è stabilizzato e, fintanto che l’economia e i mercati finanziari continuano a recuperare, dovrebbe ridursi in rapporto al reddito nazionale nel corso dei prossimi anni. Le condizioni economiche prevedono poco spazio per ridurre il disavanzo in maniera significativa nel prossimo anno o due; invece, la prematura stretta fiscale potrebbe mettere a rischio la ripresa. Nel medio e nel lungo termine, tuttavia, la storia è ben diversa. Se le impostazioni dei criteri attuali sono mantenute, e postulando  ipotesi ragionevoli di crescita economica, il bilancio federale sarà su un sentiero insostenibile nei prossimi anni, con la proporzione del debito federale detenuta dagli investitori (lett. il pubblico) che aumenterà ad un ritmo sempre più crescente rispetto al reddito nazionale. Inoltre, al crescere   del debito pubblico  , di pari passo aumenteranno  anche gli esborsi per  gli interessi ad esso relativi, il che a sua volta comporterà un ulteriore incremento del deficit previsto. Le aspettative di grandi e crescenti deficit pubblici potrebbero in futuro soffocare la spesa corrente delle famiglie e delle imprese – per esempio, riducendo la fiducia nelle prospettive a lungo termine per l’economia o aumentando l’incertezza circa i futuri oneri fiscali e della spesa pubblica – e quindi contenere  la ripresa dell’economia. Le preoccupazioni circa  le condizioni di equilibrio fiscale di lungo periodo dei conti pubblici, potrebbero anche vincolare la flessibilità delle politiche di bilancio opportune per reagire alle condizioni economiche del momento. Di conseguenza, le misure prese oggi per migliorare la posizione a lungo termine delle finanze pubbliche del Paese non contribuirebbe solo a garantire la stabilità economica e finanziaria a lungo termine, potrebbero anche migliorare le prospettive a breve termine dell’economia”.

[vii] “Le sfide fiscali che dovremo affrontare spaventano particolarmente perché sono per lo più il prodotto di potenti tendenze di fondo, non di circostanze e fattori temporanei o di breve termine. Due delle forze coercitive più importanti sono sia l’invecchiamento (medio) della popolazione degli Stati Uniti, il cui ritmo si intensificherà nei prossimi due decenni, cioè dal momento in cui la generazione  del “baby-boom” (quella nata nei due decenni dopo la II guerra mondiale) andrà in pensione  si è fermato, che  il rapido aumento dei costi sanitari. Poiché le esigenze di assistenza sanitaria degli anziani sono in aumento, i programmi federali di assistenza sanitaria sono sulla buona strada per essere da soli di gran lunga la più grande fonte di squilibri fiscali a lungo termine. Infatti, le proiezioni della Commissione Intercamerale di Bilancio, il Congressional Budget Office (CBO), mostrano un raddoppio nei prossimi 25 anni del rapporto della spesa federale per i programmi di assistenza sanitaria (soprattutto Medicare and Medicaid) rispetto al reddito nazionale , ed in seguito continueranno ad aumentare ulteriormente in modo significativo. La capacità di controllare i costi di assistenza sanitaria ora che la nostra popolazione invecchia, pur continuando ancora a fornire  assistenza di alta qualità a chi ne ha bisogno, sarà determinante non solo per ragioni di bilancio ma anche per mantenere il dinamismo in senso più esteso dell’economia. L’invecchiamento della popolazione degli Stati Uniti graverà anche sulla previdenza sociale, poiché, all’interno del sistema, il numero dei lavoratori che pagano le imposte aumenta più lentamente rispetto al numero di persone che ricevono proventi d’indennità- quest’anno, ci sono circa cinque individui di età compresa tra i 20 e i 64 anni per ogni persona di 65 anni e più anziani (un rapporto di 5 a 1). Entro il 2030, quando la maggior parte dei “baby boomers” [i nati nei due decenni del dopoguerra] sarà in pensione, questo rapporto è previsto in calo ad un livello di circa il 3 a 1, e potrebbe successivamente diminuire ancora dato che le aspettative di vita continuano ad aumentare. Nel complesso, le pressioni fiscali previste connesse con la sicurezza sociale sono notevolmente inferiori alle pressioni associate ai programmi sanitari federali, ma presentano ancora una sfida significativa per i responsabili politici”. [viii] “Le stesse tendenze di fondo che interessano finanze federali metteranno inoltre pressioni sostanziali sui bilanci statali e locali, che le organizzazioni come la vostra hanno contribuito a evidenziare. Nel Rhode Island, come in altri stati, il maturare dell’entrata in pensionamento dei dipendenti statali, insieme con l’aumento continuo dei costi di assistenza sanitaria, condurrà ad obblighi di spesa per le pensioni dei dipendenti pubblici e per  l’assistenza sanitaria ai pensionati (ex dipendenti pubblici) che sono destinati a diventare sempre più difficili da soddisfare . Le stime degli impegni futuri di spesa privi di accantonamenti di copertura del fondo pensione (degli ex dipendenti pubblici) per l’insieme degli stati (degli Stati Uniti) si estendono su uno spettro molto ampio di ipotesi, ma alcuni ricercatori sono pervenuti a determinare addirittura la cifra di 2’000 miliardi di dollari sulla base dei dati fino alla fine del 2009. Le stime degli impegni di spesa  degli Stati (degli Stati Uniti) per le prestazioni sanitarie che dovranno essere fornite ai pensionati (ex dipendenti pubblici) sono ancora più incerte a causa della difficoltà di fare una stima delle spese mediche negli anni futuri. Tuttavia, una recente stima indica che le amministrazioni locali dei diversi Stati hanno un totale collettivo di obblighi di spesa pari a quasi 0 miliardi solo per prestazioni sanitarie ai pensionati (pubblici). Queste prestazioni sanitarie sono state in genere gestite sulla base di un sistema di contribuzione a consumo (pay-as-you-go), e pertanto potrebbero imporre un sostanziale onere fiscale nei prossimi anni dal momento in cui un gran numero di lavoratori statali andranno in pensione.

   Può essere di scarso conforto, ma gli Stati Uniti non sono soli nell’affrontare le sfide fiscali. La recessione globale ha inferto un duro colpo alle condizioni fiscali della maggior parte delle altre economie avanzate, e, come negli Stati Uniti, le loro spese per la sanità pubblica e le pensioni dovrebbero aumentare sensibilmente nei prossimi decenni, dato il loro invecchiamento (medio) della popolazione. Infatti, la popolazione degli Stati Uniti è complessivamente più giovane di un gran numero di Paesi Europei, così come in Giappone”. 

[ix] “Torniamo alla questione della sostenibilità fiscale a lungo termine. Come ho discusso, le proiezione del CBO e di altri mostrano futuri deficit di bilancio e debiti continuamente e per sempre in aumento, e a tassi crescenti. A dire il vero, le proiezioni sono in certa misura solo esercizi ipotetici. Quasi per definizione, una traiettoria insostenibile dei disavanzi e dei debiti non avverrà mai, perché i creditori non sarebbero mai disposti a concedere prestiti a un Paese in cui il debito fiscale rispetto al reddito nazionale è in crescita senza limite. Herbert Stein, un saggio economista, una volta ha detto: “Se qualcosa non può andare avanti all’infinito, si fermerà”. In un modo o nell’altro, degli adeguamenti fiscali sufficienti a stabilizzare il bilancio federale a un certo punto di sicuro si verificheranno. L’unica vera questione è se questi adeguamenti avranno luogo attraverso un procedimento  cauto  e ponderato che dia peso alle priorità e dia alle persone il tempo per adeguarsi ai cambiamenti nei programmi di governo o nelle politiche fiscali, o se gli adeguamenti fiscali necessari scaturiranno da una precipitosa e dolorosa reazione a fronte di una crisi fiscale incombente o già in essere. Poiché le scelte e i compromessi necessari per conseguire la sostenibilità fiscale sono davvero difficili, sicuramente è meglio fare queste scelte in maniera deliberata e riflessiva”.

[x] “Si può asserire che l’imperativo di raggiungere la sostenibilità fiscale a lungo termine è sia un’opportunità che una sfida. Le opportunità per entrambe le riforme, di tasse e di spesa pubblica, sono ampie. Per esempio, molte persone concordano sul fatto che il codice fiscale degli Stati Uniti è meno efficiente e meno equo di quanto potrebbe essere; inoltre, il codice è eccessivamente complesso e impone pesanti costi amministrativi e di osservanza delle conformità. Riscuotere le entrate attraverso un più efficiente, meglio progettato regime fiscale potrebbe migliorare la crescita economica e rendere per lo meno in qualche modo più facile il raggiungimento di politiche fiscali sostenibili. Allo stesso modo, molti programmi di spesa federali potrebbero senza dubbio essere modificati in modo da poter conseguirne gli obiettivi cui sono prefissi in modo più efficace e a costi inferiori. Certamente, dei continui sforzi per ridurre i costi delle cure sanitarie e la spesa pubblica per la salute, dovrebbe essere una priorità assoluta, pur continuando a garantire cure appropriate per chi ne ha bisogno”.

[xi] “Se si mancherà di affrontare la nostra insostenibile situazione fiscale, si espone il nostro Paese a gravi costi e rischi economici. Nel breve periodo, come ho già detto, le preoccupazioni e l’incertezza riguardo l’esplosione del deficit futuro potrebbe rendere le famiglie, le imprese e gli investitori più cauti circa la spesa, l’investimento di capitale, e le assunzioni. Nel lungo termine, un livello crescente del debito pubblico in rapporto al reddito nazionale è suscettibile di esercitare una pressione al rialzo sui tassi d’interesse, e quindi inibire la formazione di capitale, la produttività e la crescita economica. Deficit pubblici sempre maggiori aumentano, ceteris paribus, la nostra dipendenza da finanziatori esteri il che implica che la quota di reddito nazionale degli Stati Uniti deputata a pagare gli interessi agli investitori stranieri aumenterà nel tempo. Il reddito pagato agli investitori stranieri non è disponibile per il consumo o l’investimento interno. E un costo sempre più elevato del servizio del crescente debito nazionale significa che gli adeguamenti, quando arriveranno, potrebbero essere forti e dirompenti. Per esempio, i forti aumenti delle tasse, che potrebbero essere necessari per coprire l’interesse crescente sul debito, andrebbero a rallentare la crescita potenziale, riducendo gli incentivi per il lavoro, il risparmio, le nuove assunzioni  e l’investimento.

[xii] “Infine, un grande debito federale riduce la flessibilità dei politici per aumentare temporaneamente la spesa necessaria per affrontare le emergenze future, come la recessione, le guerre, o i disastri naturali”.

[xiii] “Sarebbe difficile individuare una soglia specifica in cui il debito federale inizia a causare più numerose spese consistenti e rischi per l’economia nazionale. Un chiaro limite forse non esiste; i costi e i rischi potrebbero crescere più o meno proporzionalmente rispetto all’aumento del debito federale. Quello che oggi davvero sappiamo, però, è che la minaccia per la nostra economia è reale e crescente, il che dovrebbe essere motivo sufficiente per i responsabili delle politiche fiscali per mettere a punto un piano credibile per riportare i deficit a livelli sostenibili nel medio termine. Quanto prima viene stabilito un piano, tanto più tempo le persone su cui ricadono le conseguenze interessate avranno per prepararsi per i cambiamenti necessari. Infatti, in passato, dei lunghi tempi preparatori hanno contribuito a rendere gli adeguamenti necessari meno dolorosi, e quindi politicamente realizzabili. Per esempio, il progressivo innalzamento dell’età pensionabile minima per ottenere il pieno trattamento pensionistico è stato approvato nel 1983, ma non ha iniziato ad avere effetti fino al 2003 e la riforma non sarà completata fino al 2027, dando così ai futuri pensionati tempo sufficiente per adeguare i loro piani di lavoro, risparmio e pensione”.

[xiv] “Tra tutta l’incertezza che circonda le prospettive economiche a lungo termine e di bilancio, una certezza è che sia entrambi i rami del Parlamento (Camera dei Rappresentanti e Senato) attuali e futuri che l’attuale ed i futuri presidenti dovranno prendere alcune decisioni molto difficili per mettere il bilancio di nuovo su di una traiettoria sostenibile. Possono queste decisioni essere rese più semplici per i nostri leader eletti? In diversi momenti, alcuni Parlamenti degli Stati Uniti ed alcuni governi stranieri hanno adottato regolamenti in materia di legislazione fiscale  tali da contribuire a ristrutturare il processo di approvazione del bilancio [N.d.R.: ad esempio in Italia la finanziaria triennale “blindata” voluta nel luglio 2008 dal ministro Tremonti che negli anni successivi non consente al Parlamento di stabilire che minime variazioni]. Le norme di bilancio sono accordi legislativi destinati a promuovere la responsabilità fiscale vincolando le decisioni sulla spesa e sulle tasse. Per esempio, le norme fiscali possono imporre vincoli sui risultati-chiave di bilancio, come la spesa pubblica complessiva, il deficit o il debito. Nel resto del mio intervento discuterò dell’utilizzo delle norme fiscali per affrontare i problemi di bilancio a lungo termine, a cominciare da un’analisi degli Stati Uniti e dell’esperienza estera”.

[xv] “Molti altri Paesi hanno fatto esperienza o sperimentato regolamenti in materia di legislazione fiscale. L’Unione Europea, mediante trattati, ha adottato  regole di vincoli alla legislazione fiscale già nei primi anni del 1990, con l’obiettivo di garantire che tutti i membri mantenessero politiche fiscali sostenibili. Le regole specificavano che i Paesi avrebbero dovuto mantenere i loro deficit pubblici pari o inferiori al 3% del loro prodotto interno lordo (Pil), e che il debito pubblico non deve superare il 60% del Pil. [N. d. R il riferimento è al Patto di Stabilità europeo, PdS, stipulato nel 1997 ed entrato in vigore nel gennaio 1999 che pone agli stati membri dei vincoli di bilancio, i cosiddetti “parametri di Maastricht”. Il PdS mette sotto tutela della Commissione Europea i deficit ed i debiti pubblici degli Stati membri mediante un particolare tipo di procedura di infrazione, la Procedura per Deficit Eccessivo, PDE, adottata dal Consiglio dei Ministri della UE, un organo politico, su proposta della Commissione Europea, un organo burocratico non eletto] Già prima della recente crisi finanziaria e della recessione, tuttavia, i meccanismi di applicazione di queste regole non hanno impedito che tali obiettivi venissero violati, e i problemi fiscali in molti Paesi della zona euro sono stati recentemente una fonte di stress economico e finanziario. I leader europei stanno lavorando per rafforzare i propri strumenti per far rispettare la disciplina fiscale” [N. d. r. il riferimento è al Nuovo Patto di Stabilità europeo, proposto dalla Commissione Europea a metà maggio del 2010 in seguito alla crisi del debito greco e di altri paesi minori, che prevede maggiori sanzioni a carico degli Stati membri inadempienti. La maggiore differenza è però che la decisione finale non sarà presa dal Consiglio dei Ministri della UE, ma sarà imposta automaticamente dalla Commissione Europea ai governi ed ai parlamenti eletti degli Stati membri sulla base di procedure burocratiche pre-definite].

  

 

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