19/12/2011, 00.00
INDIA
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Calcutta, il Natale tra i malati di Hiv/Aids nella casa di Madre Teresa

di M.C. Yesudas
Il Natale come dono di Dio. L’umiliazione dei malati di Aids, rifiutati e picchiati dalle loro stesse famiglie. La fame di amore e di vita dei bambini. La gioia di una moglie nell’accudire il marito. La testimonianza di fratel Yesudas, Missionario della Carità impegnato con i malati dell’ostello Shanti Bhavan a Calcutta.
Calcutta (AsiaNews) – Cari amici, ci sono molte cose da raccontare sulle esperienze dell’ultimo anno. Dal gennaio 2011, ho potuto passare più tempo qui allo Shanti Bhavan per lavorare con i malati di Hiv/Aids dell’ostello. Abbiamo aggiunto un piccolo reparto per i bambini affetti dal virus ed esteso le nostre cure e il nostro sostegno a 50 pazienti. Quest’anno abbiamo accettato 77 nuovi casi all’ultimo stadio dell’infezione, per nutrirli, curarli e assisterli. Qualcuno di loro è morto e altri sono ritornati alle loro famiglie e al loro lavoro.

A causa della malattia, questi uomini hanno perso lavoro, sicurezza, indipendenza, dignità, stima in se stessi, e affrontano grandi umiliazioni. La nostra vera lotta è capire come dare loro un significato e uno scopo ad aspirazioni, sogni, motivazioni, speranza, sopportazione e appagamento. Avere a che fare con l’Hiv significa anzitutto aiutarli a scendere a patti con la perdita del futuro che credevano di avere. Poi, cercare di dare alla loro vita un senso e uno scopo, in assenza di quel futuro. Terzo, aiutarli a essere in contatto con la loro umiliazione, per chiamarli a essere più vicini al proprio essere e a Dio. Se sono aiutati a immergersi nell’amore, con la vita e con il Divino, nulla può umiliarli.

Con noi ci sono Amit e Bapi, che dopo aver scoperto di essere sieropositivi hanno subito l’ostilità e il rifiuto di familiari e amici. Abbiamo Sujoydas, che è stato picchiato dai suoi vicini di casa e non riusciva più a camminare. Dopo molte cure e trattamenti, adesso è in grado di alzarsi e sedersi. Speriamo migliori presto e possa tornare a camminare.

Incontriamo tanti giovani malati, la cui salute peggiora in rapido e sviluppano malattie che li portano alla morte, come l’encefalopatia da Hiv (Aids dementia complex) o la cachessia (Hiv wasting syndrome). Il nostro lavoro è proprio nel mezzo della disperazione per la malattia, dove la morte trova il suo significato solo nella fede. Non ci sono risposte alle molte cose che dobbiamo affrontare, così viviamo con il silenzio, l’ignoto, e facciamo il possibile lungo il percorso.

Con la gente che soffre, ho scoperto una profonda gioia nel mezzo di questo cammino. L’amore umano e la cura sono qualcosa che dà speranza e gioia alle persone malate e disperate. Ho osservato Sujitra Samatho per tre mesi. Suo marito era sieropositivo affetto da un sarcoma di kaposi ai polmoni. In maniera progressiva, stava perdendo peso, massa muscolare, grasso sottocutaneo e soffriva per una grave spossatezza. Faceva sempre fatica a respirare. Sujitra non ha mai abbandonato suo marito. È sempre rimasta al suo fianco. Era molto attenta, solidale, tutto quello che un marito potrebbe desiderare da una moglie. Ogni volta che facevo loro visita, la vedevo seduta accanto al marito massaggiargli le braccia e i piedi, cercando di alleviare almeno parte delle sue sofferenze. Lei sedeva il più vicino possibile e lo guardava dritto negli occhi. Durante una delle mie visite, Sujitra mi disse: “La mia gioia è servirlo finché vivrà. Quando era in buona salute, mi ha dato tutto quello di cui avevo bisogno, e adesso non posso semplicemente abbandonarlo”. In Sujitra tutto l’egoismo ha lasciato il posto alla gioia di servire suo marito e ho visto fiorire il Natale.

Atul Bala è stato con noi negli ultimi due anni. Infezioni sistematiche da Hiv hanno compromesso la sua capacità di parlare e muoversi. Eppure, egli ha un sorriso immenso per tutti. È un piccolo sole nello Shanti Bhavan e la sua semplicità ci dice il Natale è una realtà.

Ogni giorno Bapi e Amit passeggiano nel giardino, per dare l’acqua alle piante e vedere i fiori sbocciare. Osservano i fiori con tale soddisfazione, che sui loro volti vedo la freschezza della gioia del Natale.

Abbiamo cinque figli pieni di vita: Om Prakash, esperto nel far volare aquiloni; Abinash, uno che impara in fretta; Martin, dal sorriso vivace; Philip, iperattivo e furbo; Kausjik, gentile ed educato. Questi sono i nostri preziosi piccoli, che portano la vita a ogni ospite dello Shanti Bhavan. Hanno fame di essere amati, di appartenere a qualcuno. E nella loro fame, ci amano e desiderano appartenere a noi. A nostra volta, li facciamo sentire speciali per come ci occupiamo di loro e parliamo con loro. La loro presenza ci riempie di affetto, amore, amicizia, creatività, compassione e gioia. Il loro valore è un Natale per noi – è, semplicemente, dare vita e benedirla.

Il Natale è una festa del donare. Celebriamo il dono che Dio ci ha fatto del suo Figlio. Il cristianesimo è una religione del dare. Il Signore donando suo Figlio, il Figlio donandosi a noi e chiamandoci a donare noi stessi agli altri.

Per il prossimo anno, il mio augurio è che questo Natale aiuti tutti voi nel raccogliervi intorno a un tavolo, circondati dalle vostre famiglie o dalla comunità, ridendo, sostenendo e condividendo la vita gli uni con gli altri.
 
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