08/04/2015, 00.00
THAILANDIA - MYANMAR - ASIA
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Cardinale birmano: La Chiesa dell'Asia sia fonte di pace e riconciliazione fra le nazioni

di Francis Khoo Thwe
L’arcivescovo di Yangon è intervenuto alla conferenza in corso in questi giorni a Bangkok, alla presenza di 43 delegati in rappresentanza di 14 nazioni. Razza, religione e politica sono alla base di “molte sfide” del continente. Egli auspica rispetto reciproco e unità nella diversità, per archiviare decenni di conflitti. Istruzione e libertà religiosa le basi della convivenza.

Bangkok (AsiaNews) - “La missione della Chiesa” è quella di essere fonte “di riconciliazione” e “costruttrice di pace nel mondo di oggi”. Un compito ancor più significativo in Asia, il continente che ospita il 60% della popolazione mondiale (4,5 miliardi di persone) e in cui è più forte “la bellezza della diversità, del dinamismo economico, la vitalità delle diverse culture”. Una terra in cui “le religioni contano e hanno un ruolo”, dove “islam, buddismo, induismo, confucianesimo e cristianesimo si incontrano l’uno con l’altro”; ma dove è evidente al contempo la “fragilità della libertà” e più forti sono “i confitti, l’intolleranza, gli scontri e l’instabilità”. È quanto ha sottolineato il card Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon (Myanmar), partecipando alla conferenza internazionale su “Pace e riconciliazione nel contesto dell’Asia”; all’evento, in programma dal 7 all’11 aprile al centro pastorale dei Camilliani a Bangkok (Thailandia), sono presenti 43 delegati, in rappresentanza di 14 diversi Paesi.

Intervenendo alla conferenza, il primo porporato della storia del cattolicesimo birmano ricorda che “razza, religione e politica, da soli o combinati fra loro come un cocktail letale, sono alla base di molte delle sfide” che deve affrontare oggi il continente asiatico. Per questo, avverte “noi come Chiesa dobbiamo affrontare queste sfide del nostro tempo e lavorare per risolvere i conflitti che minacciano di mandare in frantumi le nostre società”. “Pace e riconciliazione - aggiunge - sono il cuore del Vangelo. La Chiesa fa molto, ma vi è solo una cosa al centro della sua missione, ed è essere fonte di riconciliazione” con Dio, con gli altri e per l’umanità con se stessa. 

Pace e riconciliazione, assieme alla solidarietà per i cristiani perseguitati in Medio oriente, sono stati del resto i temi centrali del messaggio della Pasqua del card Bo, rilanciati con rinnovato vigore in occasione del suo intervento alla conferenza in terra thai. “Il nostro messaggio deve essere chiaro: violenza, discriminazioni e odio non sono soluzioni. L’estremismo è porta ulteriore estremismo” afferma il porporato, secondo cui “il modo migliore per prevenire violenze e conflitti è combattere” alla radice “l’intolleranza. Il modo migliore per ciascuno di noi per condividere la nostra fede è attraverso la nostra vita, anche se pure il dialogo è altrettanto essenziale”. 

L’arcivescovo di Yangon ricorda le molte - e diverse - anime che compongono l’Asia: dalla penisola coreana al Pakistan, dall’India al Bangladesh, dalla Cina al Vietnam passando per il Laos, il Myanmar, la Malaysia e molti altri Paesi ancora. Per questo è ancora più importante il concetto di “rispetto reciproco e unità nella diversità”, perché solo in questo modo è possibile “mettersi alle spalle decenni di conflitti e guerre” sanguinose. Un compito, questo, che spetta prima di tutti ai cattolici quali elementi di “riconciliazione e di pace”. 

In tema di pace, il porporato - mutuando l’esempio del Myanmar - ricorda che essa non è solo “assenza di guerre”, perché nonostante gli accordi di pace e le trattative per il cessate il fuoco, focolai di violenze e tensioni continuano a rinnovarsi. “La vera pace - avverte - può essere raggiunta solo attraverso un dialogo politico sincero, che porti a un accordo che sia rispettoso dei diritti umani di tutti”. La pace si fonda “sulla verità, non sulla menzogna” o sulla “falsa propaganda”. E si fonda al contempo sulla giustizia, che “non è vendetta” ma “responsabilizzazione per i crimini commessi e riconoscimento delle colpe” unita al “tentativo di fare ammenda”. 

Per il porporato birmano è altrettanto importante che siano rispettate le libertà di base, fra cui la libertà di pensiero, di parola, di coscienza e - ancor più importante - la libertà religiosa che “è forse la più preziosa” di tutte queste. “Nessuna società - ricorda - può davvero considerarsi democratica, libera e pacifica se non rispetta - e onora - le diversità politiche, religiose e di razza, oltre che proteggere i diritti umani di base di tutti, senza distinzioni di razza, religione o di genere”. 

Il card Bo cita quale esempio di convivenza e dialogo un evento che si è tenuto di recente in Indonesia e promosso da Christian Solidarity Worldwide (Csw), che ha riunito personalità di fedi diverse. Buddisti, cristiani, ahmadi, musulmani si sono incontrati e hanno discusso, pregato e visitato i luoghi di culto delle altre fedi, promosso momenti di conoscenza reciproca e scambio culturale. Di particolare interesse il colloquio con un ex leader estremista islamico, che ha abbandonato la lotta fondamentalista mostrando ai delegati di Indonesia e Myanmar che “un cambiamento di vita è possibile”. Perché il dialogo da solo non basta, “se non è accompagnato da azioni concrete”. 

Tuttavia, riferisce il porporato, questo sforzo verso la pace e la riconciliazione è nullo se non è accompagnato da un percorso educativo che si viene a formare negli istituti. Esso deve rispettare “le diversità etniche e religiose” che “devono essere inserite nel curriculum scolastico”. “Pace e riconciliazione - conclude il card Bo - necessitano dello Stato di diritto e del rispetto della legge. Le leggi che limitano le conversioni religiose o i matrimoni interreligiosi, le leggi che impediscono la costruzione di luoghi di culto, le leggi che criminalizzano la blasfemia, queste sono le leggi che ostacolano la vera pace e la riconciliazione e seminano conflitti, divisioni, risentimento”.

(Ha collaborato Shafique Khokhar)

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