22/03/2007, 00.00
ITALIA - AFGHANISTAN
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Caso Mastrogiacomo, gli afghani pretendono chiarezza

Da Roma e Kabul testimonianze della comunità afghana, “felice” per la salvezza del giornalista, ma “preoccupata” per la sorte dei due connazionali implicati nella vicenda e le “possibili vendette” contro l’Italia. Notizie contraddittorie sul cadavere dell’autista, forse ancora non recuperato dalla famiglia, come annunciato; mentre l’interprete, visto libero dal reporter italiano, potrebbe essere in custodia dell’intelligence nazionale o ancora in mano ai talebani.
Roma (AsiaNews) – “Due pesi, due misure”, è questo il principio che, agli occhi degli afghani in Italia e in patria, è stato usato nella gestione del sequestro del giornalista Daniele Mastrogiacomo “scambiato” dopo 15 giorni di prigionia con 5 comandanti talebani. Ora l’italiano è tornato a casa, ma sulla sorte dei suoi due collaboratori afghani è ancora mistero. “Come noi afghani in Italia ci siamo impegnati per la liberazione di Daniele Mastrogiacomo, così chiediamo alla comunità internazionale, non solo a Kabul, di impegnarsi per chiarire la sorte del nostro connazionale liberato insieme al giornalista e di cui non si ha notizia”. Così ad AsiaNews Qorbanali Esmaeli, presidente dell’Associazione afghani Italia, che l’8 marzo a Roma aveva lanciato un appello in pashtu per la salvezza del reporter.
 
Insieme a Mastrogiacomo nella provincia di Helmand erano stati rapiti, il 5 marzo, il suo autista e l’interprete. Sulla sorte di entrambi ci sono ancora notizie contraddittorie. Di sicuro, il primo, Sayed Agha, 24 anni, è stato decapitato dagli uomini del mullah Dadullah, perché ritenuto una spia. Ma poi l’agenzia Pajhwok sostiene che il suo corpo, chiesto con insistenza dai familiari, sarebbe stato recuperato il 19 marzo. L’agenzia cita un cugino della vittima, secondo il quale il corpo è stato rinvenuto nell’area di Laki Spara da alcuni abitanti locali, che lo hanno seppellito. La famiglia lo avrebbe poi riesumato il giorno successivo per portarlo a casa. Ma l’Institute for War and Peace Reporting (Iwpr), citando fonti locali, sostiene invece che i tre parenti di Sayed che erano andati a recuperare il corpo mutilato del giovane sono stati fermati e catturati sulla via del ritorno dai talebani; al momento sarebbero in corso trattative tra gli studenti coranici e gli anziani della zona per il rilascio dei tre e la consegna del corpo. “I talebani li hanno arrestati perché non avevano il permesso di riprendere il cadavere di Sayed” spiega un altro cugino, Abdul Razzaq.
 
Il secondo collaboratore, Ajmal Naqshbandi - interprete e giornalista - è stato visto libero dallo stesso Mastrogiacomo, ma i suoi familiari non ne hanno ancora notizie. Con ogni probabilità è in custodia dell’intelligence afghana, che lo sta interrogando, ma ieri l’agenzia Pajhwok dava l’uomo ancora nelle mani dei talebani.
L’ambasciata italiana sostiene di essere impegnata nel chiarire la vicenda, mentre organizzazioni per la libertà di stampa hanno già lanciato appelli per la “liberazione” dell’afghano.
 
“Preoccupazione” per la sorte di Ajmal è stata espressa anche dal presidente dell’Associazione degli afghani in Italia, che ha aggiunto: “Per ora nessuna condanna: aspettiamo solo chiarimenti, ma se l’uomo è stato lasciato davvero ai talebani sarebbe un fatto molto grave. Certo è che il suo caso è stato gestito in modo differente da Mastrogiacomo”. Qorbanali esprime comunque “grande gioia” per il ritorno de giornalista”, ma anche “timore perché il tipo di trattative condotte per liberare l’ostaggio, crea un precedente per altri episodi simili e rischia di viziare i terroristi”.
 
Stessa considerazione quella di diversi afghani in patria, che hanno chiesto l’anonimato. “Sentiamo che è stato usato un doppio standard per i due ostaggi e vogliamo chiarezza; per noi non è strano scambiare prigionieri, fa parte della nostra tradizione, è solo inaccettabile che del nostro connazionale vivo non si abbia traccia e che l’altro sia stato ucciso”. Le stesse fonti avvertono poi che “le conseguenze di questa vicenda per gli italiani presenti in Afghanistan potrebbero essere gravi: ormai c’è la fama che gli italiani pagano e bene, e inoltre il rischio di vendette contro obiettivi italiani o le sedi di Emergency (l’Ong che mediato il rilascio, ndr) è molto alto”. (MA)
 
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