19/10/2015, 00.00
INDIA
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Chhattisgarh, l’Alta Corte annulla il bando sulle attività missionarie non indù

di Nirmala Carvalho
Il decreto “viola il diritto fondamentale a esercitare e diffondere la propria religione”. Fedeli cristiani potranno pregare, riunirsi in assemblea e fare propaganda. Attivista cristiano: “La comunità cristiana è vulnerabile e soggetta ad aggressioni, violenze e boicottaggio economico e sociale”. Membro del partito nazionalista indù “riconverte” 35 cristiani.

Raipur (AsiaNews) – L’Alta Corte dello Stato indiano del Chhattisgarh ha annullato il bando delle attività religiose missionarie non indù, imposto lo scorso anno nel distretto di Bastar, perché “viola il diritto fondamentale a esercitare e diffondere la propria religione”. Il giudice Manindra Mohan Shrivastava ha ordinato la rimozione del bando dopo aver valutato le petizioni del Chhattisgarh Christian Forum e di altre associazioni cristiane. Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), commenta ad AsiaNews: “Il Gcic accoglie con favore la decisione dell’Alta corte. Il diritto alla libertà religiosa è garantito dalla Costituzione a tutti i cittadini dell’India. Ma tale diritto viene negato in modo sistematico alla vulnerabile comunità cristiana”.

Nel luglio 2014 il consiglio locale (gram sabha) del villaggio di Sirisguda ha approvato una risoluzione con cui metteva al bando riti, culti e pratiche diverse da quelle indù. Un provvedimento, si legge nel comunicato, adottato per “fermare le conversioni forzate perpetrate da alcuni attivisti stranieri”, i quali userebbero un “linguaggio diffamatorio nei confronti delle divinità e delle tradizioni indù”. Per questo motivo, il consiglio proibiva, in base alla Sezione 129 (G) del Chhattisgarh Panchayat Raj Act, “ogni attività religiosa come la preghiera, le assemblee e la propaganda”.

Attivisti e associazioni cristiane hanno però contestato il principio secondo cui la legge statale prevale sulle norme contenute nella Costituzione indiana. Essi hanno inoltre condotto un’azione legale per negligenza contro i funzionari che hanno adottato la risoluzione, in quanto incompatibile con le leggi in vigore.

Lo Stato tra l’altro presenta già da tempo nel suo ordinamento una cosiddetta “legge anticonversione” (Chhattisgarh Religion Freedom Act 2006); il provvedimento richiede a chi vuole cambiare religione di informare con un mese di anticipo il magistrato distrettuale, a cui spetta la facoltà di conferire o meno il permesso di convertirsi.

A tal riguardo, Sajan K George commenta: “Il Gcic è molto preoccupato per questa ondata di aggressioni nella comunità tribale del Chhattisgarh da parte dei fondamentalisti che sostengono l’ideologia Hindutva. I cristiani sono soggetti a boicottaggio economico e sociale, vengono discriminati e persino aggrediti nelle loro case durante le preghiere private. Spesso gli viene negato l’accesso al cibo e alle fonti idriche”.

L’attivista ricorda infine che lo scorso anno Dinesh Kashyap, un membro del Bjp (Bharatiya Janata Party, partito nazionalista indù), ha visitato il villaggio di Madota (nel distretto di Bastar) e ha guidato una cerimonia di riconversione all’induismo di 35 cristiani da poco convertiti. “I 35 neo-cristiani hanno annunciato il loro ritorno all’induismo. Questi episodi di Ghar wapsi (ritorno a casa, ndr) vengono condotti con impunità”.

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