15/07/2010, 00.00
MYANMAR
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Crollo del 70% negli investimenti esteri in Myanmar

Nell’ultimo anno fiscale si è passati da 985 milioni di dollari a 315. Sono mancati i finanziamenti cinesi, che nel 2008-9 hanno costituito l’87% del totale. Esperti internazionali invitano a prendere con cautela i dati forniti dal regime. Le esportazioni aumentano del 12% e toccano quota 7,6 miliardi.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Gli investimenti esteri in Myanmar sono calati di oltre i due terzi nell’ultimo anno fiscale, a causa della crisi economica mondiale e per il rafforzamento delle sanzioni contro il regime militare birmano. Ad aggravare il quadro vi sarebbe un ritiro graduale della Cina, meno disposta a elargire denaro al vicino, pur restando uno dei partner privilegiati. Aumentano del 12% le esportazioni, che toccano quota 7,6 miliardi di dollari.
 
Le cifre emergono da un compendio statistico elaborato dal Ministero nazionale birmano per la pianificazione e lo sviluppo. Esso indica che negli ultimi 12 mesi – fino al marzo 2010 – gli investimenti esteri nel Paese segnano un meno 68%, passando da 985 milioni di dollari agli attuali 315 milioni di dollari. Il crollo verticale è in gran parte dovuto agli investimenti massicci operati dalla Cina fra il 2008 e il 2009: quasi 860 milioni di dollari nel settore minerario, pari all’87% del totale degli investimenti esteri in Myanmar. Un dato che non è stato ripetuto nell’ultimo anno.
 
Ottenere informazioni aggiornate e affidabili sull’economia birmana non è semplice. Spesso, inoltre, i dati forniti dal governo non sono giudicati attendibili. Burma Economic Watch, associazione australiana esperta di economia birmana, rivela che “sebbene sia un importante esportatore di gas, i proventi non vengono quasi mai registrati nei bilanci del governo” e questo indica che “i soldi sono deviati verso progetti sostenuti dalla leadership militare”. 
 
Nell’ultimo anno fiscale il Myanmar ha registrato sette nuovi investimenti esteri, quattro dei quali nei settori del petrolio e del gas. Tre compagnie della Malaysia e una degli Emirati Arabi Uniti hanno fruttato 278,6 milioni di dollari, che corrispondono a più dell’88% degli investimenti totali. La Thailandia ha speso 15,25 milioni di dollari negli alberghi e nel turismo, la Cina ha versato 15 milioni nel settore minerario, infine Hong Kong con sei milioni nell’industria manifatturiera.
 
Stati Uniti e Unione europea, invece, perseguono ufficialmente una politica di sanzioni economiche verso il Myanmar, per costringere il regime birmano a migliorare il livello dei diritti umani e liberare la leader dell’opposizione e premio Nobel Aung San Suu Kyi.
 
Crescono a doppia cifra le esportazioni, che toccano quota 7,6 miliardi di dollari e registrano un aumento del 12% al mese di marzo (nel 2009 erano 6,78 miliardi). Le importazioni sono calate dell’8%, passando da 4,54% miliardi a 4,18. Analisti internazionali invitano però a considerare il numero di progetti in cantiere, che nei prossimi anni riverserà miliardi di dollari nelle casse [della giunta] del Myanmar. A partire dal 2012, lo Shwe dual-pipeline Project – che trasporterà petrolio e gas dalle coste occidentali birmane al sud della Cina – dovrebbe garantire volumi d’affari pari a 30 miliardi di dollari per i prossimi 30 anni.
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