03/06/2010, 00.00
MYANMAR – CINA – INDIA
Invia ad un amico

Wen Jiabao in Myanmar: Cina e occidente fanno scomparire i problemi dei diritti umani

di Tint Swe
È la prima visita ufficiale di un premier cinese nella ex-Birmania in 16 anni. Ministro del governo birmano in esilio: Stati Uniti e Cina interessati alle ricchezze del Paese, la democrazia relegata ai margini dei colloqui. L’ambigua posizione di Washington verso il regime militare.
New Delhi (AsiaNews) – Oggi il Primo Ministro cinese Wen Jiabao ha sottoscritto una serie di accordi bilaterali con il Myanmar, nel secondo giorno di visita ufficiale. Egli è il primo premier cinese a varcare i confini birmani negli ultimi 16 anni e ha intrattenuto colloqui diretti con il generalissimo Than Shwe e altri funzionari di primo piano del regime. La visita cade nell’anno in cui il governo ha indetto le prime elezioni, dopo due decenni di ferra dittatura militare.
 
Alla vigilia del vertice diplomatico e commerciale fra Pechino e Naypyidaw, AsiaNews ha raccolto il parere di Tint Swe, membro del consiglio dei ministri del National Coalition Government of the Union of Burma (NCGUB), costituito da rifugiati del Myanmar dopo le elezioni del 1990 vinte dalla Lega Nazionale per la Democrazia e mai riconosciuto dalla giunta militare. Fuggito in India nel 1990, dal 21 dicembre del 1991 vive a New Delhi. Da allora fa parte del NCGUB dove ricopre l’incarico di responsabile dell’informazione per l’Asia del Sud e Timor Est.
 
Per il Myanmar, i vicini Cina, India e il blocco Asean – Associazione che unisce 10 Paesi del Sud-est Asiatico – sono tanto importanti quanto gli Stati Uniti e le nazioni dell’Unione europea. Di conseguenza, alla metà del 2010 tutti i Paesi e i gruppi hanno promosso azioni o si sono pronunciati in merito alle vicende birmane. Ma resta da vedere come e per quale motivo!
 
La risoluzione del 20 maggio 2010 del Parlamento europeo sulla situazione in Myanmar è stata accolta con entusiasmo dall’opposizione democratica interna. Essa afferma ancora una volta un impegno equilibrato verso il popolo birmano. Ed è la stessa condotta degli attivisti birmani che, in ogni incontro politico, rendono omaggio all’Unione del Myanmar ma non alla bandiera. La risoluzione del Parlamento europeo condanna lo svolgimento delle elezioni in base a condizioni che contrastano le regole base della democrazia e in accordo a leggi che sono un chiaro tentativo di escludere l’intera opposizione dal voto del 2010.
 
Tuttavia, la dichiarazione congiunta di Unione europea e Asean del 26 maggio scorso è stata giustamente condannata da Burma Campaign UK come “patetica” e “irresponsabile” perché travisa la realtà ed equivale quasi a una difesa della dittatura militare. Il gruppo attivista ha fornito tutte le prove di come il regime militare ha ignorato gli sforzi della comunità internazionale verso il Myanmar, fra cui il divieto costante di ingresso nel Paese agli inviati delle Nazioni Unite e dell’Unione europea. Il comunicato aggiunge anche che “entrambi i blocchi si comportano come struzzi con la testa infilata nella sabbia, quando si tratta di giudicare quanto avviene in Birmania”.
 
U Win Tin, leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld) ha scritto un articolo pubblicato sul Jakarta Post, in occasione del ventennale dalle elezioni del 1990. Mentre Aung San Suu Kyi non ha diritto di voto o di parola, l’articolo di U Win Tin è un messaggio a nome non solo della Nld, ma di tutto il popolo birmano. Egli ha scritto che l’Asean deve riconoscere che ciò che accade in Myanmar si ripercuoterà sull’intera regione. Surin Pitsuwan, segretario generale Asean, ha giustificato l’immobilità dell’associazione affermando che l’Asean “non è una bacchetta magica che può fare miracoli ad ogni occasione”. U Win Tin ha obiettato che l’Asean potrà non essere una “bacchetta magica”, ma è certo potente al punto da poter esercitare una maggiore influenza strategica a livello regionale, sul comportamento del suo membro più indisciplinato.
 
Alla richiesta di sostegno internazionale da parte dei movimenti democratici birmani, ogni nazione ed esperto politico ha pronta una diversa giustificazione a livello diplomatico. Ad esempio, l’Asean risponde di non poter interferire negli affari interni del Paese, anche se patisce gli effetti nocivi dei tumulti in Myanmar. L’India risponderebbe di non poter esportare la democrazia, ma vende in gran segreto armi e munizioni. Questo perché Cina, India, Russia e altri esitano a stracciare accordi energetici e per la vendita di armi, che sono basati essenzialmente sul sistema del baratto.
 
Kurt Campbell, vice-segretario di Stato Usa con delega all’Asia dell’est e al Pacifico, ha visitato il Myanmar nell’aprile 2009 ed è ritornato nel maggio 2010. Egli ha di nuovo incontrato i vertici della dittatura militare e i leader della Nld, tra cui Aung San Suu Kyi, quindi è volato in Cina. Questa volta gli Stati Uniti hanno manifestato preoccupazione in merito all’accordo nucleare tra il leader nord-coreano Kim Jong-il e il dittatore birmano Than Shwe.
 
Il 28 maggio 2010 il comitato a 7 delle Nazioni Unite ha affermato che la Corea del Nord esportava tecnologia nucleare e missili balistici, utilizzando intermediari, prestanome e reti criminali oltremare per eludere le sanzioni Onu. Le ricerche hanno mostrato come Pyongyang sia coinvolta nelle attività nucleari e balistiche proibite di Iran, Siria e Myanmar.
 
L’approccio americano verso la giunta è problematico, anche se il senatore Jim Webb ha incontrato, di tanto in tanto, i leader militari e diversi funzionari. Il suo primo viaggio in Myanmar si è rivelato utile per gli Stati Uniti, che hanno rimpatriato il “nuotatore americano” John Yettaw. Egli ha fornito alla giunta birmana il pretesto per prolungare la detenzione di Aung San Suu Kyi. Che fosse casuale o meno, la vicenda e la visita del senatore hanno fornito al generalissimo Than Shwe l’occasione per cogliere due piccioni con una fava. Il regime ha potuto aggiungere una clausola alla legge elettorale, annunciata l’8 marzo 2010, che impedisce ad Aung San Suu Kyi e a più di 2mila prigionieri politici di partecipare alle prossime elezioni.
 
Non è frutto del caso la diffusione di un comunicato del senatore Jim Webb, emesso il 27 maggio scorso, riguardante la moratoria del presidente Obama sulle trivellazioni in mare aperto, giunta a pochi giorni dalla sua seconda visita in Birmania. Il comunicato sottolinea che “al fine di rafforzare l’indipendenza energetica degli Usa e soddisfare i bisogni energetici, dobbiamo continuare a perseguire politiche energetiche robuste che…”. Forse gli Stati Uniti sono divisi al loro interno e il Dipartimento di Stato e la Commissione del Senato per gli Affari esteri si esprimono su piani diversi. Non è un elemento positivo per il raggiungimento di un obiettivo comune. L’opposizione birmana guarda con sospetto ai contatti di Jim Webb con la giunta.
 
Poco prima della visita del senatore Usa, in Myanmar arriva il premier cinese Wen Jiabao. Il 4 aprile scorso il popolo birmano ha ascoltato l’auspicio del governo cinese, che si augura le elezioni in programma nel 2010 siano occasione di riconciliazione nazionale. E ancora il 27 marzo, quando la Cina si è unita a Stati Uniti e Australia nel chiedere alla giunta di liberare tutti i prigionieri politici, inclusa Aung San Suu Kyi, e permettere loro di partecipare al voto.
 
Sfortunatamente, la visita del leader cinese è stata posticipata a causa del terremoto che ha colpito la regione tibetana del Qinghai a metà aprile, quando si sono registrati quasi in contemporanea una serie di attacchi bomba in tutto il Myanmar; un fatto senza precedenti e senza una spiegazione precisa. In via ufficiale è noto l’incontro fra il Primo Ministro Wen Jiabao e i vertici della giunta, per discutere e siglare una serie di documenti che attestano la cooperazione fra i due Paesi in diversi ambiti fra cui economia, commercio, finanza, energia, scienza e tecnologia.
 
Si sa anche che – sebbene Pechino non parli mai in modo aperto della politica birmana – i funzionari governativi hanno manifestato in via informale il loro disappunto per la legge elettorale, che mette al bando i dissidenti fra i quali la leader del movimento democratico Aung San Suu Kyi e il movimento 88 Generation Students dalle elezioni. È stato l’ambasciatore cinese a congratularsi – primo fra tutti – all’indomani della vittoria della Nld alle elezioni del 1990. Come è stato l’ambasciatore cinese Ye Dabo ad incontrarsi con la Commissione elettorale il 19 maggio 2010. Nessun altro ambasciatore di altri Paesi del vicinato ha mostrato interessi sull’argomento.
 
L’India mantiene la bocca chiusa e ha le mani legate. La “Ledo Raod” è conosciuta come la strada birmana, costruita dal generale Usa V J Stilwell agli inizi del 1945. Tuttavia, essa è stata realizzata su suggerimento del cinese Chiang Kai-shek: nasce in India, attraversa il Myanmar e arriva sino in Cina.
 
Oggi sembra conclusa l’era di “Ledo” ed emerge la “Strategia dei due Oceani”. L’Oceano Indiano sarà facilmente accessibile con una rete strategica di strade, ferrovie e trasporti aerei, così come il gasdotto che parte dalla Baia del Bengala e arriva alla provincia cinese dello Yanan. Da questo si capisce perché Cina e Stati Uniti sono interessati al Myanmar. Faccia a faccia sui temi della democrazia sono possibili, ma relegati ai margini dei colloqui.
TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
La giunta birmana cancella il voto nelle aree dominate da minoranze etniche
18/09/2010
Ban Ki-moon in Myanmar, per il rilascio di Aung San Suu Kyi
03/07/2009
Elezioni birmane: la mossa di Than Shwe per garantirsi “funerali con onore”
20/09/2010
Dissiente birmano: poche speranze dal vertice Stati Uniti – Myanmar
07/11/2009
Pechino offre 4 miliardi di dollari al Myanmar per rafforzare la sua presenza
22/09/2010


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”