18/06/2012, 00.00
GIAPPONE - NEPAL
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Dopo 15 anni di carcere, riconosciuto innocente un nepalese a Tokyo

di Pino Cazzaniga
Il 7 giugno il tribunale di Tokyo ha deciso di rifare il processo di un uomo condannato all'ergastolo per l'omicidio di una donna di 39 anni a scopo di rapina. Ora verrà espulso perchè è scaduto il permesso di soggiorno. I giornali chiedono che abbia un risarcimento.

Tokyo (AsiaNews) - E' stato scarcerato dopo aver trasorso in carcere 15 anni, accusato di un delitto che ora l'Alto tribunale di Tokyo dice essere stato commesso da qualcun altro. La vicenda del nepalese Govinda Prasad  Mainali (44 anni) (nella foto: l'incontro con la famiglia) ha inizio il 19 marzo 1997, quando in un appartamento vuoto a Shibuya (Tokyo) è stata trovata morta un'impiegata (39 anni) della TEPCO (Tokyo Electric Power Co.). Quattro giorni dopo viene arrestato Prasad Mainali, sulla base del fatto che egli aveva la chiave dell'appartamento della vittima  e che il DNA del seme trovato in un condom lasciato nella toilette dell'appartamento corrispondeva al suo.

Il Mainali ha costantemente negato le accuse.

Nell'aprile del 2000 il tribunale distrettuale di Tokyo lo aveva dichiarato innocente. Non era chiaro, disse,  se il condom era stato usato al tempo del delitto; inoltre fili di capelli trovati sul corpo della vittima appartengono a un'altra persona.  Ma nel dicembre dello stesso anno l'Alto tribunale (high court) di Tokyo lo ha nuovamente ritenuto colpevole sulla base del fatto che sul taccuino su cui la donna conservava meticolosamente  informazioni sugli uomini che avevano avuto relazioni sessuali con lei, non c'è alcun riferimento al condom in questione. È stato condannato all'ergastolo.

 Il 7 giugno di quest'anno, l'Alto tribunale di Tokyo ha deciso di riaprire il caso poichè nuove prove indicano che il delitto è stato compiuto da persona diversa. Il Mainali è stato scarcerato.

 "Ho perso 15 anni del mia vita e ora voglio vivere bene quelli che mi restano" ha detto al suo avvocato nell'ufficio di immigrazione dopo essere stato informato che il tribunale aveva sospeso l'esecuzione della sentenza. Era stato condannato il 20 maggio 1997

 Consegnato alle autorità dell'ufficio di immigrazione per essere rimpatriato, ad attenderlo c'erano la moglie Radha (42) e le figlie Mithila (20) e Alisha (18), arrivate due giorni prima dal Nepal. Mithila, che aveva 2 anni quando vide il padre per l'ultima volta, disse di essere "agitata per la gioia".

 Scarcerato perchè il delitto non è stato commesso ma anche espulso dal Giappone per esservi rimasto oltre il periodo garantito dal visto di ingresso. Il ministro della giustizia Makoto Taki  ha detto che la decisione del supremo tribunale di Tokyo indica che l'indagine è stata inadeguata. Una inadeguatezza che al Mainali è costata 15 anni di carcere!

 Magnanimità verso il Giappone.

In una lettera indirizzata al suo avvocato giapponese Shunichi Katagawa, prima della decisione di scarcerazione da parte della corte, il Mainali aveva scritto "Poichè sono ottimista penso di (poter) ritornare nel Nepal  con Radha, Mitha e Alisha" e concludeva dicendo che si sentiva "sopraffatta dalla gratitudine". Ed è non sentirsi sopraffatti di ammirazione per la sua magnanimità verso la nazione che lo ha fatto soffrire.

 Il Nepal in festa

 La notizia della scarcerazione di Govinda Prasad Mainali è stata accolta con giubilo a Katmandu, la capitale del Nepal. I principali quotidiani l'hanno messa in prima pagina.

"Trovato innocente dopo 15 anni" era il titolo a grandi lettere del Kantipur, il piu' diffuso quotidiano del Nepal e un quotidiano giapponese ha scritto che "i cittadini nepalesi che vivono in Giappone sono felici per il rilascio del Mainali e esprimono gratitudine al gruppo degli avvocati giapponesi che instancabilmente hanno combattuto per far riconoscere la sua innocenza".

 Non senza severità l'Anup Shakya  ha detto che è tempo che i nepalesi all'unisono chiedano una compensazione per Mainali  per l'ingiustizia di cui è stato vittima negli ultimi 15 anni.  Un articolo del Katmandu Post, scrivendo della sua famiglia,  non si è trattenuto dal sottolineare il fatto che essa è stata disprezzata anche dai suoi compatrioti dopo l'arresto e la condanna del suo parente.

 Rispondendo a una  intervista, Indra, il fratello maggiore del Mainali ha detto:  "Noi sapevamo fin da principio che mio fratello non era il vero colpevole. Ma la gente non ci ha creduto. Per loro, una nazione come il Giappone non avrebbe mai potuto compiere un errore".

 

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