16/07/2014, 00.00
ISRAELE-PALESTINA
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Dopo il no di Hamas alla tregua tornano le bombe e Israele ordina a 100mila civili di lasciare le loro case

di Joshua Lapide
Il bilancio delle vittime salito a 205 morti e oltre 1.500 feriti. Agenzia Onu: finora distrutte 560 case. Croce rossa internazionale: i bombardamenti hanno danneggiato "il fragile sistema idrico" di Gaza. Netanyahu di fronte al dilemma invasione terrestre. Hamas in crisi e divisa di fronte alla possibilità di porre fine al conflitto.

Gerusalemme (AsiaNews) - Sono ripresi stamattina i bombardamenti israeliani su Gaza, sospesi ieri per sei ore dopo l'accoglimento da parte di Gerusalemme della proposta di tregua avanzata dall'Egitto, ma rifiutata da Hamas, che non ha mai sospeso il lancio di missili contro Israele. Che per la prima volta hanno provocato una vittima, un uomo di 38 anni  è stato ucciso da un colpo di mortaio sparato da Gaza, vicino al confine settentrionale con Israele.

La ripresa dei bombardamenti è stata accompagnata, stamattina, da un avviso rivolto telefonicamente dall'esercito israeliano agli abitanti della parte nordorientale di Gaza, (100mila persone) di lasciare la zona prima delle 8 (le 5 GMT) di oggi. L'annuncio appare la prima esecuzione delle parole dette ieri dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di fronte al no di Hamas alla tregua: "Se non vi è alcun cessate il fuoco, la nostra risposta è il fuoco". Netanyahu ha aggiunto che Hamas ha scelto di continuare la guerra e "pagherà il prezzo per questa decisione".

Da parte loro, le Brigate Izz al-Din Qassam, braccio armato del Movimento, hanno affermato che lo scontro con Israele "crescerà in ferocia e intensità". E intento cresce il bilancio delle vittime, arrivato, oggi, a 205 morti e oltre 1.500 feriti. L'agenzia Onu per i rifugiati in Palestina (UNRWA), ha inoltre fatto sapere che finora sono state distrutte 560 case, da ultimo - e sembra l'indirizzo dei nuovi raid - quelle di alcuni esponenti di Hamas, come Zahar, Jamila Shanti, Fathi Hamas e Ismail Ashkar. E la Croce rossa internazionale ha fatto sapere che i bombardamenti hanno danneggiato "il fragile sistema idrico" di Gaza, lasciano senz'acqua centinaia di persone.

E c'è sempre la possibilità che Israele dia il via all'attacco terrestre. In proposito Netanyahu si trova di fronte a un dilemma. Ci sono gli esponenti di destra del governo  che la vogliono e lui non vuole apparire debole in politica interna. Ma lo scontro terrestre può provocare un gran numero di vittime, anche tra i soldati israeliani. Il premier sa che gli israeliani vorrebbero vedere Hamas indebolito e il lancio di razzi fermato con la campagna aerea. Ma se la guerra aerea non sarà decisiva, la pressione politica per l'invasione crescerà, con il rischio di uno scontro di lungo termine, che può anche alienare le simpatie degli alleati di Gerusalemme. Significativa in tal senso una dichiarazione del portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Jen Psaki, per il quale Israele ha il diritto di difendersi, ma "nessuno vuole una guerra di terra".

Da parte sua, Hamas, già in crisi di consenso nella Striscia, soprattutto per la crisi economica che la sta colpendo, è stato gravemente danneggiato dalle conseguenze della Primavera araba. Sostenuto in passato, anche economicamente, oltre che dall'Egitto di Morsi, da Iran e Siria, il Movimento, in quanto ramo della sunnita Fratellanza musulmana, si è schierato con i ribelli che in Siria combattano contro Bashar al-Assad. L'Iran ha risposto chiudendo i rubinetti finanziari, mentre il nuovo governo egiziano di al-Sisi ritiene la Fratellanza Musulmana un'organizzazione terroristica e non solo non dà più alcun aiuto, ma ha anche chiuso le gallerie attraverso le quali Hamas riusciva ad avere armi e beni di ogni tipo e anche cospicui guadagni.

E' in questo quadro che il Movimento ha accettato un accordo con i tradizionali, acerrimi nemici di Fatah, per dar vita a un governo di unità nazionale. Ma questa linea rafforza i gruppi degli islamisti più duri, in particolare la Jihad Islamica, che conta circa cinquemila uomini contro i 20mila di Hamas ma ben armati anche grazie all'Iran.

Ora Hamas ha bisogno di un "colpo" che gli permetta di cantare vittoria sul piano della propaganda e soprattutto di ottenere un alleggerimento del blocco imposto dall'Egitto sul piano economico. Al suo interno, il dialogo per la tregua non si è interrotto ed è ora in corso in tre sedi: la leadership di Gaza, guidato da Ismail Haniyeh, la leadership all'estero, guidata da Khaled Mashal e un alto funzionario attualmente in Egitto, Mousa Abu Marzook, che fa da tramite. La leadership di Gaza è incline a porre fine alla situazione attuale, mentre Mashal è per una linea più radicale al fine di ottenere condizioni migliori.

La partita è del tutto aperta, mentre a Gaza si continua a morire.

 

 

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