28/01/2011, 00.00
ISLAM – EGITTO
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Egitto, la rivolta non è solo politica, ma anche spirituale e islamica

di Samir Khalil Samir
Intellettuali e teologi islamici disegnano le prospettive per un cambiamento anche dell’islam: valore della donna e mescolanza fra sessi; rifiuto del salafismo integralista; ricerca di una religiosità del cuore e della libertà, contro il formalismo del velo, della barba e delle pratiche rituali astruse. E soprattutto danno il benvenuto alla laicità, alla separazione dell’islam dalla politica.
Roma (AsiaNews) - Il “documento sul rinnovamento dell’Islam” diffuso dalla rivista “Il settimo giorno” (v. 26/01/2011 Imam e intellettuali egiziani: Rinnovare l’Islam verso la modernità ) sta suscitando molto interesse su internet. In un giorno esso è stato pubblicato da almeno 12400 siti arabi. Ognuno di questi siti ha avuto numerosi commenti dal pubblico.
 
Dobbiamo precisare una cosa di cui oggi abbiamo la conferma: ieri abbiamo attribuito direttamente il documento a 23 personaggi del mondo islamico. In realtà i 23 personaggi non sono veri e propri firmatari: il documento è stato redatto dalla rivista in base alle indicazioni ricevute da oltre 23 personaggi intervistati. Per ognuno dei 22 punti elencati vi sono pure commenti e spiegazioni che lo rendono più chiaro e più profondo.
 
L’importanza del documento rimane anzitutto perché i temi sono stati indicati dai 23 saggi e poi perché il tentativo della rivista è lanciare un interessante progetto di riforma del discorso islamico.
 
Certo, è preoccupante vedere che l’88% sono contrari al documento; circa il 12% sono favorevoli. Ad ogni modo fra coloro che sono contrari, vi sono quelli contrari solo a uno o due punti.
 
Un altro aspetto interessante è che questo progetto di riforma dell’islam è stato pubblicato il 24 gennaio, un giorno prima dello scoppio delle manifestazioni in Egitto. Tali manifestazioni hanno motivi economici e politici. Ciò significa che oltre alla corrente politica, c’è una corrente intellettuale che è stufa dell’islam diffuso negli ultimi 30 anni nel Paese, un islam “esteriorizzato”, che mette l’accento sulle cose esterne (il vestire, la barba, il velo, ecc..). Questo mostra che in Egitto vi è un movimento globale – insieme spirituale e politico – che vorrebbe trasformare il Paese. E siccome esso è un Paese leader nel mondo mediorientale, si può pensare che le trasformazioni che si progettano al Cairo si diffonderanno in tutta la regione. Forse le stesse manifestazioni che avvengono nelle strade della capitale potranno avere influenza anche su questo islam “esteriorizzato”.
Veniamo ora ai nostri commenti su qualche punto saliente.
 
Mescolanza fra sessi
 
C’è ad esempio il punto 3 che parla della mescolanza fra sessi. Il loro commento dice che gli ulema dovrebbero tener conto delle circostanze in cui questo avviene e accordarlo con la sharia. Se c’è bisogno della mescolanza fra i sessi per necessità, allora non c’è problema. Se invece non vi è necessità, allora è un male. Citano un esempio: in università vi sono studenti maschi e femmine. Essendo questa una necessità dello studio, non vi è problema a che studenti maschi e femmine si mescolano. Lo stesso vale per il lavoro. Ciò che è assolutamente peccato è trovarsi soli fra un uomo e una donna, toccarsi, abbracciarsi.
 
Al contrario, gli intransigenti rifiutano qualunque mescolanza. In Arabia saudita gli studenti universitari maschi stanno davanti al professore; le ragazze stanno in un’altra aula, con una televisione via cavo.
Le dichiarazioni riformiste sottolineano che comunque l’islam non vieta il rapporto fra uomo e donna. Tale rapporto in Egitto sta diventando un problema perché lo stile “puritano” si diffonde sempre di più. Ha fatto molto scalpore, tempo fa, la fatwa di un dottore di diritto coranico (faqih). In un programma televisivo, una donna spiegava che per esigenze di lavoro doveva stare nello stesso ufficio con un uomo. Ma questo era proibito dalla sharia; la donna non poteva licenziarsi e ha chiesto un aiuto. L’ulema ha offerto la soluzione: la donna avrebbe dovuto allattare il suo collega. Allo scandalo espresso dal pubblico lì presente, l’ulema ha spiegato che in tal modo il collega sarebbe divenuto “come un figlio” per la ragazza e così avrebbero potuto stare insieme in ufficio, senza possibili rapporti sessuali (data la nuova “parentela”). Davanti alla gente sbigottita, l’ulema si è difeso dicendo che “non bisogna giudicare col sentimento, ma col diritto”. Questa fatwa ha suscitato moltissime reazioni nel mondo islamico, tanto che l’ulema ha rischiato di perdere il lavoro.
 
Il jihad
 
Il sesto punto tratta del jihad (la guerra santa). Secondo i riformatori  del documento, il jihad nell’islam è indirizzato contro gli occupanti nei Paesi musulmani “Uccidete sulla via di Dio quelli che vi combattono, ma non prendete l’iniziativa dell’aggressione” (Corano 2,190). Nei commenti a questo versetto, si precisa che è vietato uccidere la gente disarmata, i bambini, i vecchi, le donne, i preti, i monaci, le case di preghiera. E aggiungono: tale visione – così moderna – è presente nell’islam da 1400 anni.
 
Nella puntualizzazione di questi riformisti, il jihad può essere solo difensivo e solo su terra musulmana. Il problema si pone quando i musulmani fanno jihad nei tempi e nei luoghi sbagliati (s’intende ovviamente che è sbagliato aggredire la gente in Europa per esempio, che non è “terra islamica”).
Quando farla, chi può farla, dove si può fare: la risposta a queste domande rende il jihad corretto dal punto di vista islamico. In questo modo i riformisti condannano tutto il terrorismo islamico, gli attacchi alla chiesa di Alessandria e di Baghdad. Va detto che questa interpretazione del jihad è classica, ma purtroppo vi sono interpretazioni molto contrarie, che giustificano il terrorismo.
 
La religiosità esteriore
 
Il punto 7 spiega la necessità di “bloccare le aggressioni sulla religiosità esteriore e gli usi stranieri che ci giungono dagli Stati vicini”. Chi combatte questo islam esteriorizzato, dice che questo è un fenomeno nuovo, vecchio di soli 30 anni. Ciò è dovuto al fatto che tanti egiziani sono andati a lavorare nella penisola arabica e sono tornati con usanze non locali. La rivista spiega che anche l’Egitto ha suoi costumi e modi di vestire per alcune cariche nell’islam. Ma – si dice – “negli ultimi tempi abbiamo iniziato a imitare nel vestire le nazioni vicine [in pratica l’Arabia saudita – ndr] con la barba fluente fino al petto, la tonaca lunga (jilbab), il velo…. Poi si è giunti all’obbligo per le donne di usare il niqab, il velo integrale come espressione di modestia”. E citano il Corano 24,30: “Di ai credenti di abbassare i loro sguardo e di essere casti” .
 
Il documento afferma che “l’importante è la modestia dello sguardo”. Si ricorda che nell’ultimo anno vi sono state migliaia di aggressioni contro le donne che non vestivano alla maniera islamica. “L’esteriore – spiegano gli esperti riformatori – è diventato oggi la vera religione. Il modello del credente è divenuto in Egitto l’apparenza della religiosità, senza andare a vedere la purezza del cuore e la castità dell’occhio, che il niqab non può nascondere”.
 
Queste sottolineature sono fondamentali e molto vicine al Vangelo. È un nuovo afflato mistico che avverte: non riuscirete a salvare la purità del rapporto fra uomini e donne solo con l’uso di abiti.
 
E aggiungono: questa gente – che ha portato modi di vestire dall’esterno – ha diviso le famiglie, mettendo gli uni contro gli altri, perché i maschi vogliono imporre il velo e le ragazze lo rifiutano. “Siamo diventati – conclude il commento - una nazione che si preoccupa dell’esterno e ha il vuoto all’interno”.
 
Separazione fra religione e Stato, laicità
 
Il punto 8 penso sia il più importante e tratta della divisione fra religione e Stato. Il documento usa la parola ‘almaniyyah, laicità. Al Sinodo sul Medio Oriente abbiamo temuto di usare questa parola perché essa viene comunemente intesa come “ateismo”, indicando così solo una laicità nemica della religione e per questo da rifiutare.
 
Invece il documento usa proprio questa parola. E spiega che essa è basata sull’idea della separazione fra religione e Stato. La laicità – essi dicono – non va considerata come l’opposto della religione, ma occorre vedere in essa una salvaguardia contro l’uso politico o commerciale della religione. “In questo contesto – si afferma – la laicità è in armonia con l’islam e perciò la laicità è giuridicamente accettabile. Lo stesso va detto sul controllo delle attività (islamiche) dallo Stato”.
 
Allo stesso tempo si dice: “Quanto allontana la religione dalla vita comune è inaccettabile”. E spiegano che è necessario affermare “i diritti di Dio” e “i diritti del servo di Dio”, cioè i diritti umani.
 
La laicità atea invece guarda alla religione come una catena e perciò pretende la libertà assoluta. Questa laicità è opposta all’islam che mette certi limiti. Chi vuole scegliere la fede deve farlo per convinzione e dunque accettare le norme della religione, e non può giocare con esse.
 
Si dice dunque che vi è una laicità estremista e una buona. Su internet, questo punto sulla laicità attira molte critiche. Ad esempio, il sito “I guardiani del dogma” pubblica una critica. “Tutti devono sapere che la laicità significa non religiosità, e che la non religiosità è il cammino veloce che conduce all’ateismo. L’islam deve combatterlo perché nella laicità vi è il seme di tutti i mali, ecc..”.
 
Questo punto, sebbene molto dibattuto, mostra il fatto che in Egitto sta nascendo il concetto di società civile, non immediatamente coincidente con la comunità islamica.
 
Attitudine di fronte al salafismo
 
Anche il punto 9 è interessante. Esso domanda di “purificare il patrimonio dei ‘primi secoli dell’islam’ (salafismo), eliminando i miti (khurâfât) e le aggressioni contro la religione”.
 
Il documento afferma che “libertà, uguaglianza, conoscenza, giustizia e scienza sono i valori più importanti che il Corano ha portato a noi quando è stato rivelato 14 secoli fa. Essi sono gli stessi valori su cui è fondata la società costituita dal Profeta a Medina. Essi sono valori chiari su cui non c’è contrasto. Non è permesso minimizzare questi valori. Noi abbiamo un grande bisogno di questi grandi valori, più ancora che nel passato”. E aggiunge: “I Paesi non si sviluppano se non in base a questi valori e non avranno alcun rinascimento (nahda) se non con l’abolizione di questo patrimonio salafita che va considerato un freno sulla società islamica, con ciò che esso comporta di miti (= invenzioni umane), o invenzioni di rattoppo, o aggressioni della religione”.
 
Queste affermazioni prendono di petto le pratiche dell’integralismo soffocante (il vestire, il puro e l’impuro, le leggi, ecc…) che vuole riprodurre la società dell’epoca del Profeta. Per un salafita, ad esempio, è vietato sedersi sulla sedia perché il profeta era seduto a terra; non si devono usare gli stuzzicadenti comuni, ma si devono pulire i denti con un bastoncino preso da una pianta dell’Arabia saudita (miswak)! Con queste critiche, il documento tende a riformare l’islam spingendolo verso uno slancio religioso più spirituale.
 
Riflessione finale
 
A giudicare dai commenti trovati su internet, si vede che la grande maggioranza, contraria al documento, è preda dell’islam esteriore, tradizionale, formale, farisaico. Ma vi sono comunque molti intellettuali e religiosi che pensano in modo moderno; essi però non hanno l’appoggio delle istituzioni.
 
Davanti alle rivolte sociali e le spinte al cambiamento che stanno avvenendo in diversi Paesi del Medio Oriente e dell’Africa del nord, bisogna dire che il salafismo in qualche modo è una specie di “oppio del popolo”; esso focalizza l’attenzione della gente su pratiche religiose esteriori e secondarie, senza preoccuparsi della società, dello sviluppo, del benessere. Da parte loro, i poteri politici lasciano fare, purché essi non si interessano di politica.
 
In Egitto il potere politico non è una dittatura pura, ma per continuare si allea o fa concessioni sempre più grandi al salafismo. Il potere politico si mostra “islamico” così da non cadere nella critica del salafismo, o dei Fratelli musulmani. Ma ogni concessione rinforza quest’islam esteriore e conduce a nuove concessioni.
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