23/01/2013, 00.00
NEPAL
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Giovane madre nepalese si autoimmola dopo il parto della terza figlia femmina

di Kalpit Parajuli
La tragedia si è consumata ieri note nel distretto di Nwalparasi (Regione di Lumbini, Nepal meridionale). Kisun Naue aveva solo 26 anni. La giovane avrebbe compiuto il gesto per timore dei familiari e del giudizio della popolazione locale.

Kathmandu (AsiaNews) - Una madre nepalese si dà fuoco dopo il parto della terza figlia femmina. La tragedia è avvenuta ieri notte nel distretto di Nwalparasi (Lumbini, Nepal meridionale). Kisun Naue, 26 anni, era caduta in depressione dopo la nascita dell'ultima bambina, venuta alla luce in dicembre. Phul Kumari, madre del marito, racconta "che da settimane la ragazza era triste e si lamentava di non essere stata in grado di far nascere un figlio maschio, ma nessuno di noi immaginava una tale reazione". Dopo la cena, Kusun ha messo a letto le sue figlie e a atteso che il marito si addormentasse. Entrata in un'altra stanza si è versata addosso un'intera tanica di cherosene, dandosi fuoco con un fiammifero.  

Nepal Keshav Adhikari, portavoce della polizia locale spiega "che ogni anno  centinaia di donne si suicidano perché partoriscono femmine e non maschi". I casi sono concentrati soprattutto nelle regioni meridionali del Paese, dove le tradizioni culturali sono più forti.

"Dare alla luce una bambina - spiega - è per molte famiglie un potenziale danno economico. Una ragazza per sposarsi ha bisogno della dote, chi è povero vede come una condanna la nascita di una femmina". Un'altra ragione è l'onta sociale. In molti credono che chi mette al mondo solo figlie sia maladetto. Un terzo motivo è invece il rischio di violenze da parte dei familiari, primo fra tutti il marito. È capitato che alcuni, aiutati anche dai genitori uccidessero la consorte incapace di dare alla luce un maschio".

La disciminazione delle donne è una delle piaghe più gravi in India, Nepal e Bangladesh. I casi di violenza, suicidio, discriminazione sono migliaia. Il caso più recente risale al 13 dicembre quando una ragazza di soli 16 anni della regione del Terai (Nepal del sud) è stata arsa viva dal fratello per problemi legati alle dote.

Secondo il National Crime Records Bureau dell'India, nel 2010 il Paese ha avuto 8.391 casi di morti per dote e almeno 90mila casi di torture e abusi da parte di mariti e loro familiari. In Bangladesh, Paese a maggioranza musulmana, almeno 325 donne sono state torturate e uccise per ragioni legate alla dote, solo nel 2011. Anche il Nepal non fa eccezione. Per la polizia i casi di violenza domestica contro le donne da parte di famiglie e mariti insoddisfatti della somma erogata dalla moglie sono centinaia ogni anno. La tendenza è più alta nelle comunità musulmane e madeshi. 

 

 

 

 

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