28/08/2007, 00.00
INDIA
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Guerra contro i supermercati: distruggono l’economia dei poveri

di Nirmala Carvalho
Nel West Bengal e nell’Uttar Pradesh scontri violenti all’inaugurazione dei nuovi supermercati Reliance Retail, che minano le basi della microeconomia indiana. Costretti alla chiusura temporanea, pianificano un veloce rientro nel mercato. Analista spiega ad AsiaNews: se il governo non si muove a difesa della popolazione, distruggerà la nostra economia.
Kolkata (AsiaNews) – Violente proteste, scontri con la polizia, appelli ai governi locali: è iniziata così l’inaugurazione di decine di nuovi centri commerciali della Reliance Retail, costretti a chiudere dopo poche ore nel West Bengal e nell’Uttar Pradesh a causa delle proteste della popolazione locale, che teme che questo tipo di negozi possa distruggere nel giro di un anno l’economia agricola interna e la piccola distribuzione.
 
Raghu Pillai, dirigente della multinazionale, spiega: “Abbiamo pianificato un investimento pari a 500 milioni di dollari solo nel West Bengal: lo scopo è quello di aprire 100 supermercati, 5 punti di distribuzione per grossisti e 14 centri commerciali sparsi per lo Stato. Purtroppo dobbiamo garantire come prima cosa la sicurezza dei nostri dipendenti e le nostre proprietà, e quindi siamo costretti a rimanere chiusi”.
 
L’apertura dei nuovi centri di commercio aveva ricevuto la benedizione del Partito comunista bengalese, ma si è dovuta scontrare con la protesta popolare riunita nel Blocco Avanti, organizzazione politica creata proprio per frenare l’avanzata di questi centri. Ashok Ghosh, leader del Blocco, spiega: “La chiusura dei Reliance è una vittoria della classe lavoratrice. Oltre centomila bengalesi vivono di agricoltura e piccolo commercio, e questi centri minacciano la loro sopravvivenza”.
 
La protesta è stata ancora più dura nell’Uttar Pradesh. La scorsa settimana, il governo ha ordinato la chiusura di 30 centri Reliance “per motivi di ordine pubblico”, ed ha fermato l’inaugurazione di altri 20 centri a Varanasi. Secondo l’Associazione industriali dello Stato, i produttori “non permetteranno mai l’apertura di questi centri, che colpiscono in maniera diretta l’economia di oltre 40 milioni di persone”.
 
Lenin Raghuvanshi, direttore della Commissione popolare di vigilanza sui diritti umani e vincitore nel 2007 del prestigioso premio Gwangju per il suo impegno sociale, spiega ad AsiaNews: “Negli Stati in cui sono stati aperti i centri, la popolazione vive di agricoltura e piccolo commercio. Questi giganti commerciali colpiscono direttamente la vita e la dignità dell’uomo comune”.
 
Infatti, “queste multinazionali riducono ai minimi termini il costo dei prodotti agricoli, perché hanno enormi risorse economiche e possono permettersi di decidere il prezzo d’acquisto. In questo modo, si creerà un monopolio del mercato e del flusso dei prezzi, che schiaccerà il piccolo produttore”.
 
Questo “porterà a due conseguenze: l’eliminazione dal circuito dei piccoli venditori e dei piccoli produttori, ma anche la perdita del potere d’acquisto dei compratori, che saranno sottomessi ai voleri del venditore, monopolista del mercato e dei suoi prezzi”.
 
La microeconomia che attualmente caratterizza il circuito indiano “è il mercato del popolo, dove il popolo è al centro e chi vende è in periferia. Quella dei grandi magazzini è invece un’economia anti-popolare, che distrugge lo stile di vita di migliaia di persone e non tiene conto di necessità e cambiamenti della società esterna, che dirige invece di servire”.
 
Il giro d’affari dei supermercati vedrà raddoppiare il suo valore entro il 2015, ed al momento grandi industriali – indiani e stranieri – premono per entrarvi. Al momento attuale, il 3 percento dell’economia nazionale ruota intorno a questo fenomeno, una percentuale ancora piccola in confronto ad altri Paesi. L’accesso al settore è limitato da alcune leggi abbastanza restrittive – che colpiscono colossi come Wal Mart, Mark & Spencer, Tesco e Carrefour – ma gli analisti prevedono un veloce superamento di questo scoglio.
 
Il problema – conclude il dott. Raghuvanshi – sta “nella gestione politica della questione. Ora assistiamo allo scontro di due volontà, con il governo che guarda da un lato e si schiera con il più forte. A lungo andare, questo creerà la distruzione del mercato interno, ma nessuno se ne preoccupa. A vederla così, sembra che a nessuno interessi la salvaguardia dei diritti della popolazione indiana”.
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