15/11/2005, 00.00
Thailandia - Taiwan
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I "migranti" thailandesi, nuovi schiavi di Taiwan

di Weena Kowitwanij

Ad un convegno organizzato dalla Conferenza episcopale thailandese operai, attivisti per i diritti umani e missionari denunciano la situazione dei thailandesi all'estero. "Per pochi soldi subiscono ogni giorno fame, violenze e abusi".

Bangkok (AsiaNews) – La condizione dei lavoratori thailandesi a Taiwan "è terribile. Sembrano più schiavi che operai". P. Jerry Martinson, missionario responsabile delle comunicazioni sociali a Taipei, ha partecipato ad un incontro a Bangkok su "Difficoltà e sofferenze dei lavoratori tailandesi nei Paesi stranieri" organizzato dal Centro assistenza per i lavoratori thailandesi – organismo della Conferenza episcopale del Paese – e dal Centro assistenza "Speranza" di Jonglee, a Taipei.

"La mia casa a Taipei – dice . Martinson ad AsiaNews - è molto vicina ad una fabbrica in cui lavorano molti thailandesi. Io dico loro ogni mattina Sawaddee Krab [buongiorno in thai ndr] e loro sorridono sempre, nonostante lavorino come animali sotto il caldo". "Non conoscono inglese né cinese – continua - e non possono comunicare con nessuno. I loro nomi sono lunghi e difficili da pronunciare, quindi i capi delle fabbriche gli assegnano un numero invece di chiamarli per nome. A me sembrano più prigionieri che lavoratori". "I loro luoghi di lavoro sono sporchi – denuncia - e lavorano tutto il giorno: spesso le donne sono vittime di abusi sessuali. I capi, al loro arrivo, gli "sequestrano" i passaporti per non farli andare via: se poi i dirigenti hanno problemi finanziari, semplicemente non li pagano". "Il problema – conclude - è anche di tipo sociale perché, se gli operai tornano in Thailandia dopo un anno di lavoro e non hanno abbastanza soldi spesso vengono abbandonati da mogli e famiglie".

Akraporn Banchongsil, rappresentante per oltre 18 mesi del Centro assistenza "Speranza" ha spiegato le problematiche relative alle proteste dei lavoratori thailandesi a Kowjon, Taipei, del 21 agosto scorso, quando circa 300 lavoratori hanno dato fuoco ad alcuni edifici di Kangshan durante una protesta notturna legata alle loro condizioni di vita. Dopo la protesta Chen Chu, ministro taiwanese del Lavoro, si è dimessa.

"Il problema principale –spiega Banchongsil - è relativo agli stipendi ed alle condizioni di vita degli impiegati, a volte costretti a dormire in 220 in uno stanzone senza adeguati servizi igienici. Il cibo non è mai abbastanza per tutti e gli operai devono spendere parte della paga per mangiare. Non possono usare il telefono e chi lo fa deve pagare una multa fino a 3 mila dollari di Taiwan [circa 77 euro ndr]". Le regole dei  padroni sono fatte rispettare da agenti di sicurezza che "nelle fabbriche e nei dormitori usano manganelli elettrici con chi protesta". "In alcuni casi – continua - i responsabili delle aziende mandano a casa i lavoratori che hanno problemi. Il giorno di paga viene spesso rimandato e i salari non sono consegnati mai ai dipendenti, ma ai loro "agenti", che "concedono" massimo 1000 dollari di Taiwan al mese".

Questi lavoratori – circa 140 mila in tutta Taiwan - lavorano fra le 100 e le 160 ore, ma la paga corrisposta "ne conta solo 46: non esistono gli straordinari". "Se accadono incidenti in fabbrica – denuncia - chi rimane coinvolto viene mandato via senza paga. Negli ultimi 10 mesi ho visto almeno 100 lavoratori mandati via".

Term Laiyarat, lavoratore della provincia di Umnardcharoen, dice: "Per lavorare ho dovuto pagare 4.500 dollari americani invece dei 1.500 previsti dal governo" e Ornatda  Toh-nak, dipendente che viene da Chonburi, aggiunge: "Avevo della terra coltivata a riso che ho dato in garanzia alla banca per ottenere un prestito di 3.250 dollari americani, per poter partire. Vorrei avvertire tutti coloro che pensano di trovare un filone d'oro di pensarci 2 volte prima di farlo perché si affrontano cose impensabili ed inaspettate".

Samarn Duongsithong, della provincia di Sakonnakorn, conclude: "Sono stato mandato via dopo un incidente in fabbrica che mi ha reso disabile e non mi hanno dato un penny come rimborso. Prima di partire, state attenti: fare il contadino in Thailandia non è così male".

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