13/12/2019, 10.57
INDIA
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India, le prime vittime della legge anti-musulmani

Il presidente dell’Unione ha firmato la nuova norma sulla cittadinanza. Imposto il coprifuoco nella città di Guwahati, dopo le proteste di ieri. Attivista cattolico: “La norma assicura il terrore tra i musulmani a livello nazionale”. Leader musulmano: “Continueremo a protestare con la disobbedienza civile”.

New Delhi (AsiaNews) – Due giovani di circa 20 anni: sono le prime vittime della nuova legge indiana sulla cittadinanza che esclude i migranti musulmani provenienti da Pakistan, Bangladesh e Afghanistan. I due ragazzi sono stati uccisi dalla polizia di Guwahati durante le manifestazioni di ieri che hanno coinvolto migliaia di persone nella capitale dell’Assam e milioni in tutto il Paese. Intanto il presidente dell’Unione indiana, Ram Nath Kovind, ha firmato in tarda serata la legge, tra le più “divisive” della storia dell'India.

Oggi le strade dell’Assam e del Tripura sono tornate alla normalità grazie al coprifuoco imposto dalle autorità di Delhi. Ieri durante gli scontri gli agenti hanno sparato proiettili contro i riottosi, che manifestavano il proprio dissenso tramite sit-in, marce, incendiando fantocci di politici del partito nazionalista indù Bharatiya Janata Party (tra cui quello del premier Narendra Modi).

L’Assam è uno degli Stati indiani che hanno risposto in maniera più violenta all’approvazione del Citizenship Amendment Bill (Cab), la norma che facilita la richiesta di cittadinanza da parte delle minoranze perseguitate in Pakistan, Bangladesh e Afghanistan, ma esclude i musulmani. Infatti i migranti di fede islamica che vivono nel territorio di confine già sono sottoposti a discriminazione a causa del Registro nazionale stilato di recente che ha tolto a due milioni di persone il diritto di vivere in India.

Ad AsiaNews John Dayal, segretario generale dell’All India Christian Council e presidente dell’All India Catholic Union, dichiara che con questa legge “il governo di Modi ha aggirato la moralità della Costituzione nel suo zelo di aumentare il proprio potere e raggio politico e per attuare l’agenda del Sangh Parivar [la famiglia dei nazionalisti indù]. Il registro in Assam ha messo a rischio la vita di quasi due milioni di persone. Centinaia si sono suicidati perché i documenti erano incompleti. Migliaia sono in carcere perché ‘sospetti stranieri’. Tanti hanno perso i diritti in patria. L’attuale legge ha intenzione di estendere l’esclusione dall’Assam a tutto il Paese. Il Cab assicura il terrore a livello nazionale”.

L’attivista cattolico nota una contraddizione di fondo che permea la legge sulla cittadinanza: “Il ministro dell’Interno Amit Shah ha assicurato che indù, sikh e cristiani saranno accolti, ma questo ha provocato un colpo psicologico per la popolazione musulmana dell’India, la terza al mondo in quanto a numero. Il governo infatti non ha detto che aprirà le frontiere anche agli ahmadi, agli sciiti e ai gruppi indigeni che subiscono la dittatura della maggioranza e la persecuzione di Stato da parte dei nostri Paesi vicini”.

Nadeem Khan, leader musulmano di United Against Hate (Uah), afferma: “La legge è illegale e la sfideremo davanti alla Corte suprema”. Ieri anche l’Indian Union Muslim League ha presentato una petizione per abrogarla. L’attivista denuncia: “Sappiamo da tempo che il governo porta avanti una politica di odio settario. La nuova legge, oltre a essere contro lo spirito della Costituzione, rappresenta il tentativo di polarizzare ancora di più le comunità. Alle ultime elezioni, il governo ha guadagnato il potere puntando su una strategia di divisione della società e la sta mettendo in pratica”.

il leader ringrazia la popolazione che “si è schierata con noi. Abbiamo ricevuto la solidarietà di tante comunità”. Poi promette: “Noi continueremo a protestare anche con la disobbedienza civile”. Infatti diversi funzionari dello Stato si stanno dimettendo dai propri incarichi in gesto di denuncia contro la legge che “nega il pluralismo religioso”. Tra i primi ad aderire è stato Abdur Rahman, un poliziotto di Mumbai. Khan sottolinea in conclusione: “Non è una lotta solo dei musulmani, ma di tutte le comunità che si riconoscono nel valore dell’uguaglianza”. (A.C.F.)

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