19/09/2007, 00.00
INDONESIA
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La Chiesa denuncia: “quotidiano” traffico di esseri umani, complici le autorità

di Mathias Hariyadi
Tra le zone più colpite Batam e Nunukan, dove donne vengono ridotte alla schiavitù o costrette a cambiare identità e partire per i mercati della prostituzione in Malaysia e Singapore. La Chiesa chiede alla polizia impegno deciso.
Jakarta (AsiaNews) – Donne migranti “rapite” da bande criminali, imbottite di droga e poi immesse nel giro della prostituzione con nuove identità, spesso con la complicità di funzionari locali e agenti di polizia corrotti. È solo un aspetto del “quotidiano” commercio di esseri umani che avviene in Indonesia, per la cui soluzione la Chiesa chiede alle autorità un impegno deciso.
 
Il confronto tra Conferenza episcopale indonesiana (KWI) e polizia nazionale su questo annoso problema sociale è avvenuto durante un workshop svoltosi dal 10 al 15 settembre a Batam, provincia di Riau, Sumatra, una delle zone più colpite. Ai lavori hanno partecipato centinaia di delegati da 22 diocesi di tutto il Paese e alcuni vescovi. Con l’occasione la Commissione della KWI per i migranti e i nomadi ha diffuso un comunicato ufficiale sul commercio di esseri umani. “In oltre 20 anni - si legge - questa piccola isola è diventata un rifugio sicuro per i cittadini di Singapore che vengono a trascorrere una notte di divertimenti con le donne indonesiane”. Sempre qui vengono reclutate migranti poi trasferite sui mercati della prostituzione nella stessa Singapore o in Malaysia.
Suor Ferdinanda, di una delle parrocchie di Batam, racconta che numerose donne vengono “rapite” in varie parti dell’arcipelago e poi tenute qui come “schiave in rifugi temporanei sotto il controllo di bande criminali”.
 
La situazione è drammatica anche a Nunukan, East Kalimantan, come riferisce p. Swijo Isworo, presente al workshop. Nunukan è al confine con la Malaysia e vi arrivano numerosi lavoratori migranti da Sud Sulawesi, Java e Sumatra del nord, intenzionati a cercare un impiego oltre frontiera. Purtroppo – racconta il sacerdote – queste persone, per lo più donne, vengono sfruttate con le stesse modalità: Costrette a bere cocktail di droghe che le rendono più docili e facilmente controllabili, firmano poi documenti per richiedere i permessi necessari a lavorare all’estero e viene data loro una nuova identità con la complicità delle autorità locali. Una volta fuori vengono sfruttate per ogni sorta di lavoro.
 
La conferenza episcopale, apprezzando l’impegno mostrato finora dalla polizia, chiede di continuare in modo deciso nella lotta contro “questo commercio immorale”.
 
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