08/05/2010, 00.00
RUSSIA
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La Russia divisa su Stalin ricorda la vittoria nel conflitto mondiale

di Nina Achmatova
Battaglia tra Cremlino, amministrazioni locali e nostalgici sull’esposizione di immagini del dittatore in occasione del 65°anniversario della fine della II Guerra mondiale. Mentre la Chiesa ortodossa è contro ogni riesumazione anche simbolica in Ucraina si inaugura il primo monumento al dittatore dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

Mosca (AsiaNews) –  Il presidente cinese Hu Jintao sarà tra i numerosi leader mondiali a partecipare a Mosca domani alle celebrazioni del 65° anniversario della fine della II Guerra Mondiale in Europa, nel V-Day, giorno della vittoria. Nel cielo sfrecceranno i cosiddetti aerei spaccanuvole, almeno una decina, per evitare che piova. Grandi mezzi sono stati messi in campo per la tradizionale parata: le autorità  hanno speso in tutto 3 milioni di euro, in un momento in cui la morsa della crisi attanaglia il Paese. La festa della vittoria rappresenta tuttora la  festa laica più importante e sentita in Russia, anche per l'enorme tributo di vittime immolate contro il nazismo dall’allora Unione Sovietica: circa 27 milioni, di cui un terzo militari.

Sull’eredità di Stalin segnali contrastanti

Proprio per questo motivo nel Paese infuriano le polemiche sull’opportunità di affiggere, in occasione dell’anniversario, le immagini di Stalin nelle principali città russe. Dell’uomo, cioè, che  fermò sì Hitler, ma con un sacrificio umano spropositato. Senza contare gli enormi crimini contro l’umanità commessi dal suo regime. Su Stalin da settimane si combatte una vera e propria battaglia tra Cremlino, amministrazioni locali e gruppi di veterani nostalgici, che conferma come il Paese non riesca ancora a fare i conti con il suo triste passato.

Recenti sondaggi mostrano che i cittadini sono divisi sulle rappresentazioni dell’ex dittatore in pubblico durante il V-Day. E così pare anche la leadership del Paese, che continua a mandare segnali contrastanti. A Pietroburgo da alcuni giorni già circolano gli “stalinobus”,  autobus di linea che portano in giro per il centro l’immagine del “piccolo padre” su iniziativa del locale Partito comunista. Allo stesso tempo, però, il governatore di Pietroburgo, Valentina Matvienko, ha vietato che nei night club la sera del 9 maggio si svolgano spettacoli “ad ambientazione sovietica”. Nel frattempo a Mosca poster inneggianti a Joseph Stalin sono apparsi in 15 musei e sale espositive e il comune ha fatto appendere piccoli ritratti fuori la città, nonostante il divieto arrivato dal Cremlino. Preoccupato di possibili defezioni sulla piazza Rossa da parte di leader come la tedesca Angela Merkel, il governo centrale aveva vietato effigi del “magnifico georgiano” per le strade della capitale temendo di imbarazzare, se non irritare, i politici occidentali. Oggi, dalle colonne del quotidiano “Izvestja” il presidente russo Dmitri Medvedev ha chiarito: “A vincere la Guerra non è stato Stalin, ma il popolo russo”.

Chi si oppone e chi non demorde

Il Patriarcato russo-ortodosso si è apertamente schierato contro ogni riesumazione anche solo simbolica. Il regime di Stalin “era basato sul terrore, la violenza, la soppressione della personalità, la menzogna”, spiega Padre Philipp (Ryabykh), vice capo del Dipartimento relazioni esterne del Patriarcato di Mosca. Contro ogni possibile riabilitazione di Stalin si è espressa anche Memorial, la Ong  per la difesa dei diritti umani in Russia,  e l’ex presidente sovietico Michail Gorbachev.

Ma nonostante l’indignazione dei difensori dei diritti umani e le resistenze delle autorità, c’è chi non demorde. I veterani della Guerra patriottica (come si chiama in Russia la II Guerra mondiale, ndr) nella regione orientale della Yakutia sono agguerritissimi. Per il 9 maggio pretendono di inaugurare addirittura due busti di Stalin, nonostante l'amministrazione comunale di Yakutsk non sia troppo d’accordo.

Ancor più preoccupanti i segnali dall’Ucraina. L’ex Stato satellite dell’Urss, che per Stalin subì un genocidio ancora non riconosciuto, come l’Holodomor (la carestia del 1932-’33), inaugura il primo monumento al dittatore dopo il crollo dell’Unione sovietica. La statua sarà eretta a Zaporizhya, cittadina nell’est del, dove la maggioranza della popolazione è di origini russe.

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