02/05/2017, 09.11
ISRAELE - PALESTINA
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La nuova Carta di Hamas più vicina a Fatah e meno guerriera verso gli ebrei

Presentata a Doha da Khaled Meeshal, la Carta rappresenta una posizione più moderata e moderna del movimento islamista. Si riconoscono i confini del 1967, anche se non la legittimità dello Stato israeliano. Per la prima volta, si separa sionismo e ebraismo.

Gaza (AsiaNews/Agenzie) – Ieri 1 maggio è stata presentata una nuova Carta dell’organizzazione islamista di Hamas. La presentazione è stata tenuta dal leader in esilio, Khaled Meeshal, nell’hotel Sheraton di Doha, capitale del Qatar, a due giorni dalla visita del presidente dell’Autorità palestinese, Mohammad Abbas, a Washington. La nuova carta, seppur non riconosca l’esistenza dello Stato ebraico, rappresenta sotto molti aspetti un ammorbidimento delle posizioni di Hamas, sia verso Israele che Fatah.

Il documento, prodotto di un lavoro di quattro anni, è composto da 11 capitoli e 41 articoli. Per quanto riguarda il suo status, c’è un dibattito interno in corso, i funzionari lo definiscono ora come un “punto di riferimento” che tuttavia non sostituisce del tutto la Carta fondante del 1988.

Non chiede la distruzione di Israele, e per la prima volta fa una separazione fra sionismo ed ebraismo: “Hamas afferma che il suo conflitto è con il progetto sionista e non con gli ebrei per via della loro religione”. In precedenza, Hamas faceva appello a una guerra contro tutti gli ebrei.

In secondo luogo, la Carta riconosce l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) come “cornice nazionale” del popolo palestinese, di cui però richiede la ricostruzione su “fondamenta democratiche a salvaguardia dei diritti dei palestinesi”. Questo riconoscimento officiale dell’Olp rappresenta un radicale cambiamento alla costituzione originale, in cui Hamas rappresentava un’alternativa.

Inoltre, Hamas riconosce il ruolo dell’Autorità palestinese per “servire il popolo palestinese e salvaguardare la loro sicurezza, i loro diritti e il loro progetto nazionale”.

Storica è anche l’accettazione, per la prima volta, di uno Stato palestinese all’interno dei confini del 4 giugno 1967. Tuttavia, questo riconoscimento non comprende l’accettazione formale della soluzione dei due Stati e di Israele. Rifiutati, inoltre, gli Accordi di Oslo e quelli ad essi collegati. La Carta ammette il riconoscimento dei confini del 1967, con Gerusalemme come capitale e il ritorno dei palestinesi fuggiti nel corso degli anni sin dal 1948, come una “formula di consenso nazionale”. Per quanto riguarda i profughi, il documento specifica il rifiuto a tutti i tentativi di privarli del diritto al ritorno, inclusi quelli di integrazione all’interno di altri Paesi, e il loro diritto a un risarcimento.

Il documento si allontana da quello del 1988 sotto altri aspetti che tentano di modernizzare la visione politica di Hamas e i suoi obiettivi: esso non fa riferimento ai Fratelli Musulmani, con cui c’era invece esplicita connessione nella precedente, ma si definisce semplicemente come movimento nazionale “con riferimento islamico”; menziona i palestinesi cristiani e i luoghi sacri; ed è più chiaro sul ruolo dei bambini e delle donne, che giocano “un ruolo cardine nel progetto di resistenza, liberazione e nella costruzione del sistema politico”; si parla di resistenza non-violenta, per cui “diversificare i mezzi e metodi [della resistenza] è parte integrante del processo di gestione del conflitto”.

Nel rilevare il documento, Meshaal ha dichiarato che il suo intento è di rendere “cristallina” la posizione di Hamas, movimento “sostenibile, rinnovabile e in sviluppo sia sulla propria consapevolezza ideologica che attività politica”: “Non vogliamo diluire i nostri principi, ma essere aperti. Speriamo che questo [documento] segni un cambiamento degli Stati europei verso di noi”.

Questo documento è considerato l’ultimo atto di Meshaal, che dovrebbe fare un passo indietro come leader dell’ufficio politico di Hamas.

Israele ha rigettato il documento, affermando che è una finzione per far credere Hamas moderata. Per il Primo ministro Benjamin Netanyahu uno “schermo di fumo”, mentre Hamas continua a prepararsi alla guerra contro Israele.

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