19/02/2008, 00.00
ARABIA SAUDITA
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La polizia religiosa saudita difende l'arresto della donna al bar con un collega

La notizia dell’arresto di Yara, donna d’affari americana, avvenuto agli inizi di febbraio ha fatto il giro del mondo e anche i quotidiani sauditi hanno sorprendentemente criticato la polizia. Ma la Commissione per la promozione della virtù e prevenzione del vizio sostiene con forza le ragioni che hanno portato alla sua incarcerazione.
Riyadh (AsiaNews/Agenzie) – Sono granitiche le posizioni della Commissione per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio, nome ufficiale della muttawa, la polizia religiosa saudita, che sembra non sentire le accuse mosse da organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani e persino da giornalisti di testate saudite ed anzi, difende il suo operato e contrattacca.
Yara, figlia di genitori giordani e cresciuta a Salt Lake City negli Stai Uniti, è madre di tre figli e moglie di un importante imprenditore con cui vivono e lavorano a Jeddah da otto anni. Il giorno dell’arresto, la donna era in visita di routine a Riyadh dove la compagnia finanziaria per cui lavora ha aperto un nuovo ufficio. Un blackout elettrico ha fatto sì che il personale si trasferisse temporaneamente al vicino internet caffé, uno Starbucks, dove Yara si è premunita per una questione di ‘buoncostume’ di sedersi con il collega nell’area riservata alle famiglie, l’unico posto in cui uomini e donne possono condividere lo spazio.
 
Precauzione inutile dato che alcuni uomini della muttawa si sono avvicinati e l’hanno accusata di commettere un grave peccato a sedere con un collega non suo parente, e dopo averle confiscato il cellulare l’hanno arrestata e portata nella prigione di Malaz a Riyadh.
Con metodi brutali la polizia l’ha perquisita e le ha strappato confessioni di colpevolezza. “Mi hanno portato in un bagno sudicio. Mi hanno fatto togliere i vestiti e rannicchiare a terra. Dopo averli gettati nella melma me li hanno fatti indossare di nuovo” ha dichiarato Yara in un’intervista riportata sul Times online.
La polizia le ha negato il diritto di informare il marito Hatim dell’accaduto, ma è proprio grazie a lui e ad alcuni politici influenti che Yara è stata rilasciata.
L’Associazione nazionale per i diritti umani ha garantito di prendere il caso in seria considerazione e di chiarire la posizione della Commissione e riguardo.
Sotto attacco per la vicenda, ieri un portavoce della commissione ha dichiarato: “Il Ministro del lavoro non approva che uomini e donne abbiano contatti nei luoghi di lavoro. È una violazione sia delle leggi del Paese che della Shar’ia”.  La Commisione inoltre minaccia azioni legali, con l’accusa di sostenere posizioni anti-islamiche e illegali, contro gli opinionisti Al-Alami del Al-Watan e Abdullah Abou Alsamh dell’Okaz che hanno aspramente criticato l’arresto di Yara.
Sono molte le donne arrestate in Arabia Saudita e purtroppo le loro storie non ottengono sempre la stessa copertura che i media hanno conferito a Yara. Ben poche hanno la possibilità di essere ascoltate e liberate e per chi rimane in carcere l’incubo continua.
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