04/10/2007, 00.00
SRI LANKA - MYANMAR
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La solidarietà della società e dei religiosi per la protesta birmana

di Melani Manel Perera
Parlamentari, attivisti per i diritti e religiosi hanno protestato ieri davanti all’ambasciata del Myanmar. Nei giorni scorsi ci sono state marce e petizioni di protesta di monaci buddisti e di altre persone. La protesta formale del vescovo anglicano di Colombo.

Colombo (AsiaNews) – Si è svolta ieri sera a Colombo una manifestazione di protesta a sostegno dei monaci buddisti del Myanmar contro la dittatura militare, indetta da The Human Rights in Conflict program of the Law and Society Trust (Lst) e dai Friends of the Third World (Ftw). Davanti all’ambasciata del Myanmar, per oltre un’ora oltre 200 persone, tra cui sacerdoti e suore cattolici, leader di partiti politici di sinistra, attivisti per i diritti umani, insieme a circa 40 monaci buddisti birmani, hanno mostrato in silenzio cartelli e striscioni chiedendo, tra l’altro, di “Liberate i prigionieri politici”, “Ascoltate il popolo”, “Fermare le uccisioni”, “Libertà per i giornalisti”, “Rilasciare Aung San Suu Kyi”.

Ruki Fernando, coordinatore di Lst, ha espresso ad AsiaNews “la più ferma condanna contro questa brutale repressione” e “il pieno sostegno al popolo birmano”. Si è detto “colpito” per la notizia che la leader democratica e premio nobel Aung San Suu Kyi, da oltre 15 anni agli arresti domiciliari, sia stata ora portata nel carcere di massima sicurezza di Insein, in  spregio della richieste internazionali di rilasciarla subito.

L’ex parlamentare Baddegama Samith Thero ha osservato che “non è possibile andare in Myanmar per dimostrare. Per cui manifestiamo qui la nostra solidarietà ai monaci e alla popolazione birmana. Noi sentiamo che la loro battaglia è anche la nostra”.

Il monaco buddista Pandit Madampagama Assaji Thero, segretario della Fondazione Dharma Sahkhti, ha spiegato ad AsiaNews “la piena solidarietà e il massimo sostegno per i monaci e la popolazione del Myanmar”, anche a nome del suo gruppo. Peraltro pochi monaci buddisti cingalesi hanno partecipato alla dimostrazione.

Non è stato possibile consegnare una “lettera aperta” che chiede di “Fermare la repressione del dissenso pacifico in Myanmar”, perché l’ambasciata si è “rifiutata di accettarla”. “L’ambasciatore – commenta Ruki Fernando – non ha voluto essere una via di comunicazione tra il popolo dello Sri Lanka e il governo del Myanmar. Non è sufficiente che tenga i contatti solo tra i governi dei due Paesi”. “La lettera aperta è stata inviata per e-mail e per fax all’ambasciata e speriamo che sia presa in considerazione. L’abbiamo anche consegnata ai media”.

Il monaco buddista birmano Ukkmsa, nel Paese per studiare al Sri Praggananda Pirivena a Maharagama, ha espresso “gratitudine verso i gruppi e le persone che hanno organizzato questa protesta pacifica”, ma anche “dispiacere e ira” per il rifiuto della sua ambasciata.

Già il 27 settembre c’è stata una marcia di protesta di un gruppo di monaci birmani, insieme a monaci di Sri Lanka e Bangladesh, dal tempio Tilakarathnarama a Borella, vicino a Colombo, fino all’ambasciata del Myanmar in piazzale Rosemead per consegnare una petizione contro la violenza della giunta. Un’altra petizione contro la giunta e la repressione è stata consegnata il 1° ottobre da un gruppo di monaci buddisti all’ufficio locale delle Nazioni Unite.

Anche Duleep de Chimera, vescovo anglicano di Colombo, ha espresso “solidarietà con la protesta dei monaci in Myanmar”. In una lettera aperta all’ambasciatore birmano esprime “solidarietà per la lodevole guida dei monaci buddisti del Myanmar nella protesta di massa”. “Eccellenza – conclude – La prego di esprimere al Suo governo la mia profonda preoccupazione per la brutale repressione di proteste legittime”.

 

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