01/06/2015, 00.00
KYRGYZSTAN
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Lotta al terrorismo: Bishkek sottopone gli imam al test sull’islam

Secondo le autorità del Kyrgyzstan, il 70% degli imam del Paese non conosce in modo approfondito la legge islamica. Quelli mal istruiti rischierebbero di diffondere l’estremismo. Gli imam denunciano una politica restrittiva del governo, con chiari obiettivi politici. I capi religiosi non legati al presidente vengono rimossi. Il 90% della popolazione è musulmana. Nel Paese esistono 2.362 moschee e 75 madrasse.

Bishkek (AsiaNews) - Le autorità del Kyrgyzstan hanno deciso di sottoporre gli imam del Paese a dei test sulla religione islamica per verificare la loro reale conoscenza della sharia. La motivazione ufficiale è che i capi religiosi musulmani mal istruiti potrebbero diffondere idee radicali o non riuscire a contrastarne la proliferazione tra i giovani. Gli imam invece denunciano la natura politica dell’iniziativa governativa, volta a sostituire i vecchi capi con la nuova leadership leale al presidente Almazbek Atambayev.

Dall’ottobre 2014 l’Associazione dei mufti, un’agenzia semigovernativa conosciuta anche con il nome di “Consiglio spirituale islamico”, ha imposto a tutti gli imam di verificare la loro conoscenza della legge islamica. I test sono effettuati da una commissione speciale composta da rappresentanti dell’Associazione, funzionari dell’Agenzia statale sugli affari religiosi e da membri del Consiglio di sicurezza del Kyrgyzstan, presieduto dal presidente. L’obiettivo è quello di rimuovere gli imam con scarse competenze religiose, dal momento che nel 2014 l’Agenzia statale sui affari religiosi ha verificato che il 70% dei 59 imam sottoposti a verifica non possiede un’adeguata educazione.

Secondo il governo, i test consentono di comprendere con miglior efficacia il funzionamento delle moschee. Le autorità infatti temono che una scarsa comprensione dell’islam da parte delle massime autorità musulmane possa facilitare la diffusione di idee radicali, come testimonia il reclutamento di numerosi giovani centro-asiatici da parte degli estremisti dello Stato islamico negli ultimi mesi. Alla minaccia del terrorismo di matrice islamica tutti i governi dell’Asia centrale stanno reagendo con fermezza, per esempio con il divieto di indossare il velo e di portare la barba lunga, o di recarsi in pellegrinaggio alla Mecca per i giovani al di sotto dei 35 anni, o sorvegliando le aree di frontiera con Paesi a rischio come l’Afghanistan.

D’altra parte, i musulmani denunciano sospetti di lunga data nei loro confronti da parte degli esponenti dello Stato, che richiedono anche di firmare delle dichiarazioni in cui si attesta la non appartenenza a gruppi radicali. Un imam di un piccolo villaggio nei dintorni della capitale kyrgyza - anonimo per ragioni di sicurezza - lamenta che gli esami hanno un chiaro intento politico: “Anche in passato dovevamo sottoporci ai test. L’unica differenza è che oggi i test hanno obiettivi di politica interna. L’attuale leadership dell’Associazione dei mufti sta cercando di inserire delle sue file gli imam leali [al governo] a discapito degli imam vicini ai precedenti leader. Quelli che hanno legami con il governo passano; quelli che non li hanno vengono rimossi”. Sotto osservazione anche i musulmani che studiano nelle madrasse [le scuole islamiche - ndr] in Turchia o negli Stati del Golfo.

Le autorità attribuiscono una decisiva importanza agli imam, in un Paese che conta circa il 90% degli abitanti di religione musulmana (su una popolazione di 5,6 milioni). In Kyrgyzstan esistono 2.362 moschee (nel 2011 erano circa 1.700) e 75 madrasse.

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