29/09/2007, 00.00
MYANMAR
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L’inviato Onu a Yangon sotto controllo militare

I manifestanti promettono nuove dimostrazioni, sfidando le misure di sicurezza. Dopo una giornata di black-out i collegamenti internet sembrano ripristinati. Manifestazioni in tutto il mondo contro la giunta.

Yangon (AsiaNews) – Ibrahim Gambari, l’inviato speciale Onu, sta per giungere nel Myanmar mentre gruppi di studenti pro-democrazia si apprestano a scendere nelle strade sfidando i divieti della giunta militare. I collegamenti internet sembrano ripristinati.

Qusta mattina Gambari, che aveva pernottato a Singapore, ha dichiarato che egli spera in una “visita fruttuosa”, dove spera di incontrare “tutte le parti”, compreso il generalissimo Than Shwe, autorità buddiste e la leader democratica Aung San Suu Kyi.

Gambari ha detto di portare con sé un messaggio di Ban Ki-moon, segretario Onu, stilato su ispirazione del Consiglio di Sicurezza e dell’Asean (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico).

Intanto i membri della protesta assicurano che anche oggi scenderanno per le strade, nonostante la violenta repressione delle forze di sicurezza che nei giorni scori ha fatto almeno 13 vittime. Secondo diplomatici occidentali e fonti locali il bilancio è senz’altro molto più alto.

A Yangon sono aumentati i posti di blocco e i militari. Alle due divisioni della città si è aggiunta un’altra divisione proveniente dalla zona di Pago, a nord-est di Yangon. Le due principali pagode Shewdagong e Sule, punto di partenza e d’arrivo delle manifestazioni, sono accerchiate da camion di soldati. Almeno 10 monasteri sono sotto il controllo dell’esercito per evitare che i monaci buddisti partecipino alle manifestazioni. Ieri la presenza massiccia delle forze di sicurezza e la crudeltà della risposta militare ha ridotto l’intensità delle dimostrazioni. Solo una diecina di migliaia di persone vi ha partecipato. A Mandalay migliaia di giovani in motocicletta hanno sfidato un posto di blocco, mentre i soldati li colpivano con proiettili di gomma.

In tutto il mondo vi sono intanto manifestazioni che chiedono la caduta della giunta, la liberazione di Aung San Suu Kyi e la democrazia per il Mynamar. In Thailandia, Singapore, Seoul, Delhi, Hong Kong, Manila vi sono state veglie con cartelli, slogan e preghiere. Il rev. Sik Kok Kwong, capo dei buddisti di Hong Kong ha condannato la giunta militare per aver ucciso alcuni monaci buddisti impegnati nel difendere la democrazia e migliori condizioni di vita per la popolazione birmana. “Essi hanno sparso il sangue del Buddha. Per questo saranno precipitati nell’inferno più profondo”, ha detto.

I contatti internet sembrano oggi ripristinati. Ieri le connessioni erano state tagliate, riducendo la possibilità per giovani, impiegati e studenti di inviare all’estero notizie, video e foto della repressione in atto nel Paese.

 

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