25/02/2008, 00.00
MYANMAR
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Non fermate il turismo, ci nutriamo delle sue “briciole”

Dal Myanmar l’appello di una piccola parte della popolazione che basa la sua sussistenza sul flusso di turisti, accusati però di finanziare il regime militare. Una petizione online chiede alla Lonely Planet di ritirare dal mercato la sua guida sulla Birmania.
Yangon (AsiaNews) - La gente in Myanmar chiede ai turisti di tornare a visitare il loro Paese, per continuare a poter contare, “almeno sulle briciole" dei proventi del settore. Dopo il lancio della petizione online di TUC, per il ritiro della guida Lonely Planet - “non etica” - sul Myanmar, ad AsiaNews arriva l’appello di alcuni cittadini, che stanno risentendo del forte calo del turismo.
 
Da anni, gruppi per i diritti umani e la stessa leader democratica, Aung San Suu Kyi, chiedono di boicottare il settore fino a che non vi sia democrazia. Il 99 per cento delle entrate dell’industria turistica vanno a rimpinguare le casse della giunta militare, che controlla ogni settore della società e dell’economia birmana. Il 40 per cento degli investimenti di denaro pubblico va poi al potenziamento di esercito e armamenti. I turisti sono obbligati ad alloggiare in hotel e resort, spesso costruiti dopo la “deportazione” di interi villaggi e sfruttando il lavoro forzato. Molti alberghi sono di proprietà di signori della droga, che li usano per riciclare denaro sporco.
 
La settimana scorsa il Trades Union Congress, il più grande gruppo di lavori in Gran Bretagna, insieme a Tourism Concern, Burma Campaign UK e New Internationalist, ha chiesto di togliere dal mercato il volume sulla Birmania della famosa collana di guide. “Le vacanze in Myanmar sono tra i viaggi meno etici che si possa fare a causa della brutalità dell’attuale regime”, spiega Chris Braizer del New Internationalist. La Lonely Planet, però, non ha intenzione di cedere alle richieste e si difende spiegando che il volume contiene una serie di pro e contro da considerare “con cautela”, prima di decidere di acquistare un biglietto per il Myanmar e la scelta spetta al singolo turista.
 
I birmani che beneficiano del turismo sono una piccola percentuale sui 48 milioni di abitanti del Paese. Ma questa fetta della popolazione sta soffrendo molto. “Sono briciole - raccontano da Yangon – ma sono vitali per la nostra sopravvivenza”. Si tratta soprattutto di piccoli commercianti al dettaglio o autisti di risciò e taxi, che basano la loro sussistenza e quella delle loro famiglie sul denaro portato dagli stranieri.
Alcuni critici dell’iniziativa si chiedono perché i promotori della petizione contro la Lonely Planet Myanmar non facciano lo stesso anche per le pubblicazioni della stessa collana, che riguardano Paesi come la Cina o l’Arabia Saudita, tra i maggiori violatori di diritti umani.
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