09/10/2006, 00.00
MYANMAR
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Rischia di chiudere la sinagoga di Yangon

Nel Paese vi sono solo 25 ebrei, dopo un grande esodo diversi anni fa. La comunità necessita di fondi. Unica speranza è un incremento del turismo, specie di altri ebrei.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Nella capitale Yangon sorge da oltre un secolo una piccola sinagoga. Ma i 25 ebrei del Paese non riescono a pagarne le spese e sperano nel turismo e nelle donazioni estere per tenerla aperta.

La sinagoga Musmeah Yeshua sta tra negozi di abbigliamento indiani e commercianti islamici, in una piccola via vicino al centro città. Per molti anni è sopravvissuta grazie alle visite e alle offerte dei turisti, soprattutto ebrei.  Moses Samuels, amministratore della sinagoga ricorda che "venivano ebrei da Israele, Stati Uniti, Canada, Francia, Inghilterra. Facevano donazioni. Ma ora viene sempre meno gente", specie per "le sanzioni americane e gli ammonimenti contro i viaggi in Myanmar".

E' stata costruita nel 1896, quando molti ebrei sono venuti nell'allora Birmania durante la dominazione britannica, specie dal Medio Oriente e dall'India. La comunità ebrea è giunta ad avere fino a 2.500 persone, impegnate negli affari e nel commercio di cotone e riso. Ma quasi tutti sono fuggiti durante l'invasione giapponese nella seconda guerra mondiale o per la presa di potere della giunta militare nel 1962, e ora rimangono solo 8 famiglie.

"Sono convinto – prosegue Samuels – che la gente possa venire in Myanmar, perché la giunta non è certo finanziata dalle modeste entrate per il turismo". Samules e il figlio Sammy hanno creato un'azienda turistica, che inizierà a operare in novembre e sperano di incrementare il turismo specie di altri ebrei e di chi è nato qui ma poi è emigrato, offrendo pacchetti in occasione delle maggiori festività.

Una meta turistica è anche un vecchio cimitero ebraico a Yangon, ora in rovina, con i cani che dormono tra le lapidi e i bambini che giocano sulle tombe. Ruth Cernea, statunitense studiosa della storia di questa comunità, dice che rischia di essere presto distrutto dallo sviluppo della città. (PB)

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