03/06/2016, 10.52
VATICANO
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Papa: il cuore del sacerdote “conosce solo due direzioni: il Signore e la gente”

Francesco ha concelebrato con cinquemila sacerdoti la messa conclusiva del loro Giubileo. Il Buon pastore che si spende per il suo gregge senza “privatizzare i tempi e gli spazi”, si dedica alla missione con tutto se stesso, non esclude nessuno, è pieno di gioia, “trasformato dalla misericordia che gratuitamente dona”.

 

Città del Vaticano (AsiaNews) – Il cuore del sacerdote “conosce solo due direzioni: il Signore e la gente”. “Trafitto dall’amore del Signore” non guarda più a sé stesso, ma è rivolto a Dio e ai fratelli. “Non è più ‘un cuore ballerino’, che si lascia attrarre dalla suggestione del momento o che va di qua e di là in cerca di consensi e piccole soddisfazioni; è invece un cuore saldo nel Signore, avvinto dallo Spirito Santo, aperto e disponibile ai fratelli”. Papa Francesco ha centrato sul “cuore” del sacerdozio la sua omelia per la messa del Giubileo dei sacerdoti, celebrata in piazza san Pietro nella solennità del Sacro Cuore di Gesù.

Un Giubileo iniziato mercoledì, che ieri ha visto il Papa svolgere tre meditazioni sul tema della misericordia e che, alla messa conclusiva di oggi è stato concelebrato da Francesco con venti cardinali, 50 vescovi e oltre cinquemila sacerdoti giunti a Roma da tutto il mondo. A loro Francesco è tornato a proporre il modello del Buon pastore che si spende per il suo gregge senza “privatizzare i tempi e gli spazi”, si dedica alla missione con tutto se stesso, non esclude nessuno, è pieno di gioia, “trasformato dalla misericordia che gratuitamente dona”.

“Davanti al Cuore di Gesù – ha detto il Papa - nasce l’interrogativo fondamentale della nostra vita sacerdotale: dove è orientato il mio cuore? Domanda che noi sacerdoti dobbiamo farci tante volte: ogni giorno, ogni settimana … Ma dove è orientato il mio cuore? Il ministero è spesso pieno di molteplici iniziative, che lo espongono su tanti fronti: dalla catechesi alla liturgia, alla carità, agli impegni pastorali e anche amministrativi. In mezzo a tante attività permane la domanda: ma dove è fisso il mio cuore? Mi viene alla memoria quella preghiera tanto bella della Liturgia … Dove punta, qual è il tesoro che cerca? Perché – dice Gesù – «dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore» (Mt 6,21). Ma ci sono debolezze in tutti noi, anche peccati. Ma andiamo al profondo, alla radice. Dove è la radice delle nostre debolezze, dei nostri peccati, cioè dov’è proprio quel ‘tesoro’ che ci allontana dal Signore?”.

“Per aiutare il nostro cuore ad ardere della carità di Gesù Buon Pastore, possiamo allenarci a fare nostre tre azioni, che le Letture di oggi ci suggeriscono: cercare, includere e gioire”.

“Cercare. Il profeta Ezechiele ci ha ricordato che Dio stesso cerca le sue pecore (34,11.16). Egli, dice il Vangelo, «va in cerca di quella perduta» (Lc 15,4), senza farsi spaventare dai rischi; senza remore si avventura fuori dei luoghi del pascolo e fuori degli orari di lavoro. E non si fa pagare gli straordinari. Non rimanda la ricerca, non pensa ‘oggi ho già fatto il mio dovere, e forse me ne occuperò domani’, ma si mette subito all’opera; il suo cuore è inquieto finché non ritrova quell’unica pecora smarrita. Trovatala, dimentica la fatica e se la carica sulle spalle tutto contento. Una volta deve uscire a cercarla, a parlare, persuadere; altre volte deve rimanere davanti al tabernacolo, lottando con il Signore per quella pecora. Ecco il cuore che cerca: è un cuore che non privatizza i tempi e gli spazi. Guai ai pastori che privatizzano il loro ministero! Non è geloso della sua legittima tranquillità: legittima, dico: neppure di quella; e mai pretende di non essere disturbato. Il pastore secondo il cuore di Dio non difende le proprie comodità, non è preoccupato di tutelare il proprio buon nome: ma sarà calunniato, come Gesù!  Senza temere le critiche, è disposto a rischiare!, rischiare, pur di imitare il suo Signore. Beati sarete quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e così via …”.

“Il pastore secondo Gesù ha il cuore libero per lasciare le sue cose, non vive rendicontando quello che ha e le ore di servizio: non è un ragioniere dello spirito, ma un buon Samaritano in cerca di chi ha bisogno. È un pastore, non un ispettore del gregge, e si dedica alla missione non al cinquanta o al sessanta per cento, ma con tutto sé stesso. Andando in cerca trova, e trova perché rischia. Se il pastore non rischia, non trova, eh? Non si ferma dopo le delusioni e nelle fatiche non si arrende; è infatti ostinato nel bene, unto della divina ostinazione che nessuno si smarrisca. Per questo non solo tiene aperte le porte, ma esce in cerca di chi per la porta non vuole più entrare. E come ogni buon cristiano, e come esempio per ogni cristiano, è sempre in uscita da sé. L’epicentro del suo cuore si trova fuori di lui: è un decentrato da se stesso, soltanto centrato in Gesù; non è attirato dal suo io, ma dal Tu di Dio e dal noi degli uomini”.

“Seconda parola: includere. Cristo ama e conosce le sue pecore, per loro dà la vita e nessuna gli è estranea (cfr Gv 10,11-14). Il suo gregge è la sua famiglia e la sua vita. Non è un capo temuto dalle pecore, ma il Pastore che cammina con loro e le chiama per nome (cfr Gv 10,3-4). E desidera radunare le pecore che ancora non dimorano con Lui (cfr Gv 10,16). Così anche il sacerdote di Cristo: egli è unto per il popolo, non per scegliere i propri progetti, ma per essere vicino alla gente concreta che Dio, per mezzo della Chiesa, gli ha affidato. Nessuno è escluso dal suo cuore, dalla sua preghiera e dal suo sorriso. Con sguardo amorevole e cuore di padre accoglie, include e, quando deve correggere, è sempre per avvicinare; nessuno disprezza, ma per tutti è pronto a sporcarsi le mani. Il Buon Pastore non conosce i guanti. Ministro della comunione che celebra e che vive, non si aspetta i saluti e i complimenti degli altri, ma per primo offre la mano, rigettando i pettegolezzi, i giudizi e i veleni. Con pazienza ascolta i problemi e accompagna i passi delle persone, elargendo il perdono divino con generosa compassione. Non sgrida chi lascia o smarrisce la strada, ma è sempre pronto a reinserire e a comporre le liti. E’ un uomo che sa includere”.

“Gioire. Dio è «pieno di gioia» (Lc 15,5): la sua gioia nasce dal perdono, dalla vita che risorge, dal figlio che respira di nuovo l’aria di casa. La gioia di Gesù Buon Pastore non è una gioia per sé, ma è una gioia per gli altri e con gli altri, la gioia vera dell’amore. Questa è anche la gioia del sacerdote. Egli viene trasformato dalla misericordia che gratuitamente dona. Gratuitamente dona. Nella preghiera scopre la consolazione di Dio e sperimenta che nulla è più forte del suo amore. Per questo è sereno interiormente, ed è felice di essere un canale di misericordia, di avvicinare l’uomo al Cuore di Dio. La tristezza per lui non è normale, ma solo passeggera; la durezza gli è estranea, perché è pastore secondo il Cuore mite di Dio”.

“Cari sacerdoti – ha concluso Francesco - nella Celebrazione eucaristica ritroviamo ogni giorno questa nostra identità di pastori. Ogni volta possiamo fare veramente nostre le sue parole: «Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi». È il senso della nostra vita, sono le parole con cui, in un certo modo, possiamo rinnovare quotidianamente le promesse della nostra Ordinazione. Vi ringrazio per il vostro ‘sì’ e per tanti ‘sì’ nascosti di tutti i giorni, che solo il Signore conosce; vi ringrazio per il vostro ‘sì’ a donare la vita uniti a Gesù: sta qui la sorgente pura della nostra gioia”.

 

Riportiamo qui sotto i link alle tre meditazioni dettate da papa Francesco per il Giubileo dei sacerdoti:

Prima meditazione

Seconda meditazione

Terza meditazione

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