26/09/2011, 00.00
RUSSIA
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Putin si candida a presidente. A Medvedev forse darà il premierato

di Nina Achmatova
Il potente premier potrebbe governare fino al 2024, battendo i record per la leadership più longeva della Russia. A rischio la ‘democrazia del tandem”: zar Vlad prevede tempi duri per il Paese e non ha più fiducia nell’ex delfino. Proposto come possibile nuovo premier, Medvedev ha già trovato l’opposizione del ministro delle Finanze e lo scetticismo degli analisti.
Mosca (AsiaNews) – Anche se attesa e pronostica da molti, la ricandidatura di Vladimir Putin al Cremlino ha provocato scompiglio e agitazione in Russia. La notizia - alla quale oggi si attende una reazione negativa dei mercati - avrebbe colto impreparati anche gli stessi vertici del partito Russia Unita - da sempre guidato dal potente premier – e che lo scorso 24 settembre hanno acclamato l’annuncio, rimanendo però sorpresi dalla contestuale nomina dell’attuale presidente Dmitri Medvedev a capolista per le parlamentari del prossimo 4 dicembre.

Gli analisti già prevedono che zar Vlad - dopo la vittoria scontata ai seggi a marzo 2012 - rimarrà sulla poltrona più alta del Paese almeno fino al 2024. Già presidente dal 2000 al 2008, Putin aveva lasciato il posto a Dmitri Medvedev per l’impossibilità di ricandidarsi a un terzo mandato consecutivo come previsto dalla Costituzione, rimanendo però di fatto alla guida del Paese.

Dopo illazioni, sospetti e falsi allarmi, al congresso di Russia Unita dello scorso sabato, il tandem ha fatto di più: ha rivelato, secondo gli analisti, quale sarà il meccanismo scelto per assicurare lunga vita al cosiddetto ‘putinismo’. La proposta è quella di un vero e proprio scambio di ruoli: l’uomo forte di Russia torna al Cremlino e propone all’ex delfino il ruolo di premier, che occupava fino all’elezione del 2008.

Oltre a indicare una rara, ma preoccupante, stabilità politica nella Federazione, dietro il patto d’acciaio tra i due membri del tandem si cela la prospettiva di una sorta di dittatura ereditaria che trasformerebbe l’ex agente del Kgb, nel leader più longevo della storia russa. Secondo l'analista politico Vyacheslav Nikonov, il tandem Putin-Medvedev potrebbe rimanere in sella fino addirittura al 2036. Putin potrebbe infatti candidarsi anche nel 2018 per un secondo mandato sino all'età di 72 anni, e Medvedev, con l’ennesima staffetta, potrebbe succedergli nel 2024 per altri 12 anni, grazie alla norma costituzionale cambiata pochi anni fa per un allungamento da 4 a 6 anni della carica presidenziale.

Fine della ‘tandem-democrazia

Per altri osservatori, invece, il ritorno di zar Vlad alla presidenza sancirà proprio l’opposto: la fine della ‘democrazia del tandem’. Alla convention di Russia Unita, Medvedev e Putin hanno spiegato all’auditorio che la decisione sulla candidatura alle presidenziali del 2012 era stata già presa nel 2007 e che il mistero tenuto su chi dei due avrebbe ricoperto di nuovo il ruolo di capo di Stato era solo un “espediente politico”. L’annuncio - scrive il sito di informazione Newsru.ru - conferma così che la presidenza Medvedev, che aveva sollevato speranze in cambiamenti liberali sia in economia che in politica, “non è stata altro che una sciarada”. È d’accordo Gleb Pavlovsky, di recente licenziato da consigliere politico del Cremlino: “Si tratta della capitolazione del presidente, volontaria o involontaria che sia”. E che attacca: “Rimane un fatto unico che il posto di capo di Stato di una potenza nucleare passi da una mano all’altra in base a un accordo privato” e non a libere elezioni, ha detto il politologo al sito Gazeta.ru.

Per il presidente liberale fautore del reset con gli Stati Uniti e di una politica tesa ad alleggerire la presenza dello Stato nell’economia, si tratta comunque di un fallimento. Analisti e persone vicine all’amministrazione presidenziale, citate dall’autorevole Vedomosti, raccontano che fino a metà agosto la decisione su chi sarebbe stato il candidato forte tra i due non era stata ancora presa a causa della forte competizione che si era creata tra le due fazioni che appoggiavano i rispettivi leader. Le stesse fonti si dicono scettiche sulla possibilità che Medvedev possa tornare a fare il premier e indicano nel ministro delle Finanze Aleksei Kudrin, un fedelissimo di Putin, il nuovo possibile premier. All’attuale capo di Stato potrebbe essere concesso al massimo il posto di presidente di Russia Unita e lo scenario pare concreto se si pensa alle reazioni da una parte del primo consigliere economico di Medvedev, Arkady Dvorkovich, che su Twitter ha scritto “Non c’è nulla di cui gioire” e dall’altra dello stesso Kudrin, dichiaratosi subito “non disposto” a lavorare in un governo guidato dall’ex delfino dello zar, e ora diventato troppo indipendente.

Stando a Dmitry Oreshkin, analista indipendente basato a Mosca, la mossa di Putin è il segnale che “l’attuale premier si aspetta problemi economici e sociali seri nel Paese e che non può contare su una relazione di fiducia all’interno del tandem”. Secondo Oreshkin, “Putin ha deciso che sei anni di presidenza davanti erano troppi per restare in secondo piano”.

E le preoccupazioni per forti tensioni sociali serpeggiano sia tra l’opposizione che tra i difensori dei diritti umani. Fomentate dalla grave crisi economica e dalla frustrazione per un sistema autoritario e corrotto che perpetua se stesso all’infinito, le masse – avverte il deputato di Russia Giusta Gennady Gudkov – potrebbero sollevarsi in una rivoluzione nel giro di tre anni. E come ricordano alcuni storici, i cambiamenti politici in Russia sono sempre avvenuti in modo violento.
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